LA VOCE DI KAYFA

SENTENZA DELL'UTRI, UN'AMBIGUITà TUTTA ITALIANA


 Stando ai rumor di Palazzo mancherebbero poche ore alla crisi di governo. Sembra infatti che Berlusconi, consapevole che il PD unitamente al M5S, voterà per la sua decadenza da senatore e visto che il Tribunale di Appello di Milano si riunirà il 18 ottobre per decidere la durata della sua interdizione dai pubblici uffici, sancendone in automatico la decadenza da senatore non appena la pena sarà calcolata, sia deciso a far cadere il governo al grido “muoia Sansone con tutti i filistei”. Fa niente se il Paese va a puttane! In questa logica perversa del tutto per tutto, c'è un aspetto che continua a non convincere milioni di cittadini ancora capaci di ragionare con la propria testa e ad individuare le tante contraddittorietà del Sistema, nonostante l'ultra ventennale bombardamento mediatico di scemenze cui è stato sottoposto il paese finalizzato a istupidire l'opinione pubblica rendendola incapace di sviluppare senso critico tornando a credere nelle favole e a Babbo Natale: la settimana scorsa sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza Dell'Utri con cui la terza sezione della corte di Appello di Palermo ha condannato a sette anni di carcere l'ex senatore amico di Berlusconi riconoscendolo reo di concorso esterno in associazione mafiosa. Nella relazione dei giudici si afferma che Marcello Dell'Utri è stato il "mediatore contrattuale" di un patto tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi, e in questo contesto tra il 1974 e il 1992 "non si è mai sottratto al ruolo di intermediario tra gli interessi dei protagonisti", e "ha mantenuto sempre vivi i rapporti con i mafiosi di riferimento" . Leggendo e rileggendo le conclusioni dei giudici - che proseguono affermando «In virtù di tale patto i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall'altra) e il mediatore contrattuale (Marcello Dell'Utri), hanno conseguito un risultato concreto e tangibile costituito dalla garanzia della protezione personale all'imprenditore tramite l'esborso di somme di denaro che quest'ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell'Utri, che mediando i termini dell'accordo, ha consentito che l'associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere» - il cittadino capace di ragionare con la propria testa non può non chiedersi, “se Dell'Utri è ritenuto colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa per aver mediato tra Berlusconi e cosa nostra, non lo dovrebbe essere altrettanto il cavaliere per aver stretto un patto con cosa nostra? A questo punto, colto dal dubbio, avendo il cittadino un amico avvocato, lo chiama e gli esterna le proprie perplessità. Sentendosi rispondere che effettivamente le cose starebbero come lui le immagina, ma trovandoci in Italia tutto è possibile, il cittadino si domanda in quale altro paese al mondo si consentirebbe a un pregiudicato per frode fiscale e presumibilmente reo di concorso esterno in associazione mafiosa di ricattare lo Stato cui ha rubato, minacciando la crisi di governo se non gli venisse garantita l'agibilità politica? In qualsiasi altro paese un personaggio simile non starebbe da tempo dietro le sbarre anziché su di un palco o in televisione a inveire contro i giudici che lo hanno condannato dichiarandosi vittima di un complotto giudiziario teso a farlo fuori dalla politica? In quale altro paese al mondo la classe politica lascerebbe che un simile personaggio assurga ai vertici dello Stato e ne cambi le regoli per favorire se stesso e i suoi amici? In quale altro paese al mondo a un criminale acclarato e in odore di mafia sarebbe consentito tutto ciò? Può definirsi Stato di Diritto uno Stato che permette tutto questo?