LA VOCE DI KAYFA

SCALFARI Dà DEL CAIMANO A GRILLO MA TACE SULLE RESPONSABILITà DEL PD


 Com'era prevedibile, ora che il giocattolo Italia si è definitivamente rotto per la disperazione di Silvio Berlusconi che, pur di evitare la decadenza da senatore, e dunque il conseguente probabile arresto da parte di una delle tre procure che indagano su di lui - compravendita di parlamentari per far cadere il secondo governo prodi (Napoli), induzione a falsa testimonianza nell'inchiesta sulle escort a Bari (Bari), concussione e prostituzione minorile (Milano) – ieri ha ordinato di dimettersi ai suoi ministri che presiedono il governo Letta. Un gesto che segue le dimissione postdatate dei parlamentari del PDL i quali le hanno firmate, quasi, in blocco, e congelate in vista del 4 ottobre, data in cui si riunirà la giunta del Senato per sancire la decadenza di senatore del cavaliere pregiudicato per frode fiscale. Al cospetto di questa logica autoritaria, spregiudicata e lesionista del muoia Sansone con tutti i filistei, che non può che ripercuotersi negativamente anche sul PD - fino a ieri, nel bene e nel male, alleato di governo del PDL, mettendo in evidenza le macroscopiche contraddizioni di un partito capace di perdere delle elezioni praticamente già vinte, di sparare fuoco amico sui propri candidati al Quirinale, di farsi dettare l'agenda di governo da Berlusconi e dai suoi uomini - era prevedibile che gli autorevoli sostenitori mediatici del partito di Epifani mischiassero le carte cercando di alimentare nella mente dei loro lettori/spettatori/ascoltatori lo spettro che in Italia ci sono due caimani, (caimano è uno dei soprannomi con cui da tempo la sinistra si riferisce a Berlusconi, prendendo spunto da film di Moretti Il Caimano in cui si racconta l'ascesa e il tramonto politico di un industriale senza scrupoli che portò il paese allo sfascio, riferimento neppure tanto velato a Berlusconi). È il caso di Eugenio Scalfari che quest'oggi su Repubblica in un editoriale dal titolo DUE CAIMANI E DUE BANDE DI CAMERIERI lancia l'allarme che in Italia di caimani ce ne sarebbero addirittura due, uno è Berlusconi l'altro sarebbe Grillo. Assimilando a servi del padrone i parlamentari del PDL e quelli del M5S perché, a suo dire, in parte giustamente, semplici esecutori della volontà del padrone. Nemmeno per un istante dall'alto della propria autorevolezza Scalfari stigmatizza la politica contraddittoria e suicida del PD, nonché l'atteggiamento monarchico del Presidente Napolitano fautore del governo delle grandi intese nonostante fosse evidente anche ai più sprovveduti che fidarsi di un pluriindagato, condannato in primo e secondo grado per reati vari, in forte odore di mafia – le motivazioni della sentenza Dell'Utri condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa affermano che il senatore siciliano mediò tra la mafia e il cavaliere affinché Berlsuconi ricevesse protezione da cosa nostra in cambio di ingenti somme di denaro costituendo la genesi del rapporto sinallagmatico che ha legato l'imprenditore Berluconi e Cosa nostra con la mediazione costante e attiva dell'imputato" Dell'Utri. "In virtù di tale patto - sostengono i magistrati palermitani - i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall'altra) e il mediatore contrattiale (Marcello Dell'Utri), legati tra loro da rapporti personali, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale dell'imprenditore mediante l'esborso di somme di denaro che quest'ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Marcello Dell'Utri che, mediando i termini dell'accordo, ha consentito che l'associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere sul territorio mediante l'ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro. Da ciò non risulta conseguenziale che se Dell'Utri mediava perché Berlusconi e cosa nostra fossero in “affari” anche Berlusconi dovrebbe essere accusato di concorso esterno in associazione mafiosa? In questa logica sarebbe il caso ricordare le affermazioni di Bossi il quale in passato, in più di un'occasione, senza se e senza ma, ha dato del mafioso a Berlusconi. Sono anni che Grillo, prima dal suo blog e poi dalle piazze, va ripetendo che Berlusconi è un pericolo per la democrazia; che è da stolti fidarsi di uno come lui che si è arricchito in maniera poco chiara, che guarda unicamente ai propri interessi fregandosene della legge, delle istituzioni e dello Stato. Purtroppo sono anni che Grillo grida al vento. Ora che le sue parole trovano tragica conferma nelle dimissioni imposte da Berlusconi ai parlamentari e ai ministri del PDL, Scalfari lo paragona a Berlusconi dimenticando, o forse tacendo? che a questo sfacelo ci hanno condotto la sincera ingenuità di Napolitano e l'assoluta incapacità del PD!