LA VOCE DI KAYFA

ITALIA, L'EUROPA È LONTANA


 Da quando circa tredici anni fa è entrato in vigore l’euro, i nostri politicanti – definirli politici sarebbe troppo, seppure tra di loro è probabile vi sia davvero qualcuno pronto a porsi al servizio della nazione e dei cittadini anziché pensare alla pagnotta, propria e di pochi amici – non hanno fatto altro che ripeterci come un mantra, con l’ausilio di media compiacenti, che l’euro era il primo grande passo verso la nascita della nazione Europa; giungendo perfino a contraffare i bilanci dello stato purché l’Italia entrasse a far parte a pieno titolo dell’Unione. A sentir loro, l’euro avrebbe rappresentato la panacea di tutti i mali italiani e degli italiani, ci avrebbe regalato un eterno sorriso sulle labbra. A distanza di tempo, checche ne dicano gli economisti e i politicanti – costoro sono abituati a ragionare con la testa e non con la pancia, come invece è avvezzo il popolo, avendo la pancia già bella piena – agli occhi di molti è sempre più evidente che sia in Italia che in altre nazione dell’unione, in primis la Grecia, l’avvento della moneta unica ha sancito la morte della classe media accrescendo a dismisura il gap tra le classi abbiente e quelle meno abbienti con aumento esponenziale della povertà. Tutto ciò era stato ampiamente previsto prima ancora che l’euro entrasse in vigore in quanto in molti dubitavano che la Germania avrebbe rinunciato per davvero al proprio ruolo di prima forza economica europea che si rifletteva nella forza sui mercati di cambio della sua moneta, il marco, per mettersi allo stesso livello di nazioni economicamente deboli o instabili quali quelle del sud Europa, Italia inclusa.  I nostri politicanti, con sorrisi smaglianti, ci ripetevano che adottare l’euro a scapito della lira significava compiere un grande passo verso la ripresa economica. Addirittura ci fu chi ebbe la spregiudicatezza di affermare che adottando l’euro economicamente sarebbe equivalso “lavorare un giorno in meno guadagnando come se lavorassimo un giorno in più” (Romano Prodi, Presidente della commissione europea, 1999). Come siano andate veramente le cose, lo vediamo quotidianamente: la crisi economica peggiora sempre di più, non solo in Italia ma in tutta Europa, tanto che sono sempre di più le voci illustri e competenti che ammettono il fallimento dell’euro teorizzando il ritorno alle monete nazionali per rilanciare l’economia continentale. Nonostante ciò, i nostri politicanti, con l'appoggio delle loro voci di sostegno – intellettuali, giornalisti, studiosi - continuano a volerci illudere che l'euro è la nostra unica speranza di salvezza, paventando un futuro disgraziato, peggio dell'attuale, se putacaso, dovessimo uscire dalla moneta unica. Tuttavia nessuno di loro mostra altrettanta solerzia nel cercare di equiparare l'Italia alle altre nazioni europee, al di là delle vicende unicamente economiche. Nessuno che si ponga il problema che l'Europa unita si fonda non solo sull'adozione della moneta unica da parte degli stati membri dell'unione ma da un atteggiamento complessivo che uniformi i vari stati anche a livello giuridico. A nessuno dei nostri politicanti passa per la mente di riproporre in Italia lo stesso comportamento adottato dagli altri stati membri dell'unione nei confronti dei politici coinvolti in inchieste o solo sospettati di aver potuto lontanamente commettere un qualsiasi reato, metterli nella condizione di dimettersi per salvaguardare l'immagine dello stato agli occhi dei propri cittadini e degli atri stati. Né a nessuno di loro passa per la mente di equiparare gli stipendi dei lavoratori italiani a quelli dei tedeschi che percepiscono non solo il doppio rispetto a un italiano, ma usufruiscono di ottimi servizi sociali commisurati alle tasse che pagano, pur essendo sottoposti a un carico inferiore rispetto agli italiani che, pur pagando in percentuale più tasse, ricevono in cambio servizi sociali pessimi! I reiterati sbarchi a Lampedusa di disgraziati in fuga da paesi in guerra o affamati da regimi dittatoriali è una piega di cui l'Europa, come giustamente invocano i nostri politicanti, dovrebbe farsi carico in quanto Lampedusa non è solo la punta estrema dell'Italia verso l'Africa e il medioriente ma dell'Europa. Il fatto che a parole l'Unione si dica pronta a aiutare l'Italia ad affrontare l'emergenza immigrati ma poi tergiversi all'atto in cui deve passare ai fatti non stupisce se si considera che l'atteggiamento italiano nei confronti dell'Unione è ambiguo nel senso che ci si ricorda di far parte dell'Europa solo quando dobbiamo affrontare dei problemi e da soli non siamo capaci, mentre quando l'Europa ci impone di adeguarci alle normative UE per quanto concerne la gestione dei rifiuti o di altre direttive, ci mostriamo sordi, tanto che al momento l'Italia è soggetta a ben 105 procedure d'infrazione da parte dell'UE. Come può dirsi europea una nazione incapace di ottemperare ai propri obblighi confederali, pretendendo che l'Unione si adoperi per risolverle i suoi di problemi? Fino a quando i nostri politicanti non si applicheranno seriamente per trasmutarsi in politici, l'Italia sarà condannata a essere il fanalino di coda dell'Europa con tutte le conseguenze che ne derivano, prima tra tutte la passività dell'Unione nell'affrontare il dramma immigrazione, lasciando i nostri politicanti a vedersela da soli. Magari, più che applicando la Bossi/Fini, facendo spazio nelle carceri applicando la convenzione di Strasburgo del 1983 sottoscritta dal nostro paese e inserita nel nostro ordinamento dal 1989, evitando amnistia e indulto che, più che soluzioni per fronteggiare il sovraffollamento nelle carceri, sanno tanti di salvacondotto per qualche politico inguaiato con la giustizia! Essere europei non è difficile, basta applicare le leggi. Purtroppo per i nostri politicanti danno l'impressione di sapere eludere le leggi, non applicarle!