LA VOCE DI KAYFA

L'ITALIA TRA GRANDE BELLEZZA E GRANDE BRUTTEZZA


Come era purtroppo prevedibile, fresco di Oscar per miglior film straniero, La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino sta subendo una strumentalizzazione politica bipartisan. Cosa del tutto normalissima in un paese come il nostro dove la classe dirigente, tra le più incapaci e corrotte al mondo, ha il disperato bisogno di aggrapparsi a un salvagente per evitare di andare a fondo dopo aver affondato la nazione. Il paradosso è che sia la “destra” che la “sinistra”, comportandosi così, mostrano di non aver capito un tubo del film di Sorrentino, come giustamente ha fatto notare ieri Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano. Piaccia o meno, l’opera del regista Napoletano è un’esplicita denuncia della decadenza di una classe sociale e politica priva di radici ideologiche e morali (ecco perché la “santa”, per spiegare perché si nutre solo di radici, dichiara “perché le radici sono importanti”), che, impegnata in “feste eleganti” con giro di escort e cocaina, lascia le redini nelle mani della mafia insensibile alla corruzione che la circonda in quanto occupata a far andare avanti il paese (questo dovrebbe essere il senso della scena in cui si vede il mafioso, vicino di casa di Jep, uscire sul balcone di sera per ammirare il Colosseo mentre dietro di sé la sua donna si bacia appassionatamente con un sgherro senza che lui batta ciglio. Magari è stato lo stesso mafioso a offrirle quel “diversivo” passionale perché non lo distraesse con le sue pretese dal suo “lavoro”…). Indipendentemente dal giudizio personale che uno ne dà, il film di Sorrentino ha il grosso merito di suscitare la riflessione nello spettatore. Non vi è scena o dialogo del film che non obblighino il pubblico a pensare per cercare di capire il senso di quanto stanno vedendo e ascoltando. Altro momento di emblematica denuncia della decadenza italiana è quello dell’artista nuda con il pube colorato di rosso con su tracciati la falce e il martello, chiari simboli comunisti, che, dopo essersi bendata la testa, si lancia contro l’acquedotto romano e poi, con la fronte grondante sangue, declama versi di protesta sociale al pubblico seduto sul prato di fronte a lei applaudendola stancamente. Possibile che in questa scena e, soprattutto, nell’intervista che Jep cerca di farle, in cui l’artista vorrebbe raccontargli la propria sofferta esistenza, mentre a Jep interessa semplicemente sapere per lei cos’è una vibrazione, nessuno abbia colto la denuncia a un mondo dove si è perso il senso del bello anche in campo artistico? Se qualcuno può avere dei dubbi su questa personale interpretazione, a riguardo pochi ne lascia l’episodio della bambina pittrice che getta rabbiosamente sulla tela intonsa barattoli di colori per ricavarne poi un enorme scarabocchio colorato che tutti mostrano di apprezzare tanto che le sue “opere” valgono migliaia di euro?   In una società che ha perso il senso di bellezza perfino laddove la bellezza dovrebbe primeggiare, l’arte appunto, è normale che la prevalsa dell’indolenza e dell’ipocrisia ne determino la decadenza e la fine. Dietro La Grande Bellezza di Sorrentino si nasconde  la grande bruttezza delle anime che la compongono che l’hanno corrotta in maniera irreversibile. Sarebbe il caso che qualcuno lo spiegasse  a Renzi il quale ieri, incontrando i bambini delle scuole siciliane, ha esplicitamente affermato “è qui la grande bellezza”. Augurio peggiore a quei bambini e al paese intero il Premier non poteva fare!