LA VOCE DI KAYFA

LO STATO, LA PAGLIUZZA/ULTRAS E LA TRAVE/MAFIA


 Premessa la presunzione di innocenza valida fino al sopraggiungere della sentenza definitiva, dopo l'eventuale rinvio a giudizio, l'odierno arresto per concorso esterno in associazione mafiosa dell'ex Ministro degli Interni nel 2001 Claudio Scajola è uno di quegli schiaffi alla democrazia che, comunque andranno le cose, lasciano il segno. Solo l'idea che un collaboratore della mafia possa in passato aver ricoperto un ruolo chiave per quanto concerne la tutela dello sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini nei confronti dalla criminalità organizzata dà i brividi peggio di un film dell'orrore. Intendiamoci non sarebbe la prima volta che un politico o un rappresentante del governo venga accusato d'essere un collaboratore della mafia o della camorra (a riguardo emblematici i casi di Dell'Utri e Nicola Cosentino). Ma l'idea che addirittura possa esserlo un ex Ministro degli Interni, con tutte le implicazioni che ne conseguirebbero in rapporto al suo ruolo chiave, è davvero l'ultimo atto di un tragico film cui non vorremmo mai assistere. E mentre le eminenze grigie dello Stato sono impegnatissime nel cercare l'ennesima soluzione per arginare la violenza negli stadi, negando ad alta voce che mai lo Stato ha trattato con gli ultras, (seppure le immagini e alcune dichiarazioni dei diretti interessati dimostrerebbero il contrario), per concordare se la finale di Coppa Italia si dovesse giocare oppure no dopo gli scontri di sabato sera all'esterno dell'Olimpico con il ferimento grave di un tifoso napoletano, ecco spuntare l'ennesimo caso in cui un politico è in odore di mafia. Che credibilità può avere agli occhi dei cittadini uno Stato che, anziché preoccuparsi della trave nel proprio occhio, si accanisce per levare la pagliuzza poggiata sulle palpebre degli altri?