LA VOCE DI KAYFA

RUNNER, ANCORA UNA TRAGEDIA IN GARA


Ieri, durante il trail Ieranto/Punta Campanella, è improvvisamente mancato causa infarto Andrea Russo, atleta e dirigente dell'Atellana Runner's.Ogniqualvolta apprendo della morte in gara di un podista o di qualsiasi sportivo, una ridda di idee e di dubbi si affacciano alla mente. A scacciarli è il richiamo alle memoria di quanto mi disse diversi anni fa un medico parlando dell'infarto che coglie all'improvviso chiunque, anche se si tratta di un atleta ben allenato e che fa regolari controlli medici : “l'infarto è subdolo. Non ti avverte né fa distinzioni di età, di professione e di classe sociale. Viene e basta, non si sa perché!”Per quanto riguarda il povero Andrea potremmo presumere infinite le cause che avrebbero indotto il male che lo ha stroncato. Se lo facessimo non faremmo altro che arrovellarci la mente senza ricavarne un tubo.In questi momenti è d'obbligo il silenzio. Magari accompagnandolo dalla opportuna riflessione, prescindendo dalla tragedia di ieri, che, per quanto si possa essere iper-allenati, non bisogna mai sfidare il proprio corpo giungendo a rasentare i limiti della fatica.Nessuno, pur convito di conoscere bene il proprio fisico, può esattamente sapere dove inizia e finisce la propria soglia di sopportazione alla fatica. Meglio sarebbe fermarsi un “gradino” dietro, seppure ciò significherebbe compromettere il risultato agonistico; tenendo presente che, per quanto concerne noi amatori, il vincitore, al di là della medaglia e di un ricco pacco gara, null'altro porta a casa se non la soddisfazione di aver terminato la gara prima degli altri e di essere salito sul podio levando al cielo la coppa.Pur essendo questa per molti una valida motivazione per dare il massimo in gara, bisogna chiedersi se vale la pena sforzarsi oltre il dovuto per ottenere un attimo di gloria sportiva, rischiando inconsapevolmente la propria vita.È vero, quanto è successo ieri a Andrea non è il primo caso di un atleta che muore in gara né, purtroppo, sarà l'ultimo. Una disgrazia simile può succedere a ogni sportivo in qualunque momento della giornata, non solo in gara.Il fatto che la tragedia si sia consumata durante una competizione impone a tutti noi sportivi l'ennesima riflessione sul valore reale della vita e dello sport. Ma soprattutto essa si impone a quanti vivono lo sport non soltanto come un momento di aggregazione con gli amici e di divertimento bensì come una vera e propria sfida contro se stessi e, soprattutto, contro gli altri.Per dimostrare poi cosa? Non si sa!