LA VOCE DI KAYFA

LA CORRUZIONE ENTRA ALL'UNIVERSITA'


Prima l'inchiesta Mafia Capitale, poi quella Consip, quindi l'inchiesta “The Queen” - in quest'ultima a vario titolo, a Napoli e in Campania, sono finite agli arresti tra carcere e domiciliari circa 60 persone tra politici, funzionari pubblici e professori universitari – non fanno altro che confermare quanto la corruzione sia dilagante in questo nostro disastrato paese.Chi all'epoca di tangentopoli, circa venticinque anni fa, pensava che finalmente si fosse sulla strada giusta per porre un freno alla corruzione nell'ambito dell'amministrazione pubblica - al fine da far primeggiare nell'assegnazione degli appalti pubblici un sistema che garantisse che le gare di assegnazione si svolgessero senza alcun tipo di interferenze esterne garantendo che le realizzazioni dei lavori fossero assegnate alle aziende che con la propria offerta garantivano un miglior rapporto qualità/prezzo – nel corso del tempo s'è dovuto ricredere.Da allora ne è passata d'acqua sotto i ponti, soprattutto sotto quelli del Tevere a Roma, ma come purtroppo raccontano le cronache di questi anni, la corruzione nella pubblica amministrazione è un cancro le cui metastasi si sarebbero estese in ogni settore. Ultimo quello dell'università e dei beni culturali, come risulterebbe dall'inchiesta napoletana.Per spirito garantista il condizionale è d'obbligo. Al momento gli arresti sono preventivi. Per cui non è detto che tutti vengano confermati e che tutti gli inquisiti saranno poi rinviati a giudizio. E anche chi poi dovrà difendersi in tribunale, potenzialmente dovrà ritenersi innocente in quanto il nostro ordinamento giuridico prevede la presunzione d'innocenza fino a emissione della sentenza definitiva.È però fuori discussione che quest'ennesimo, per ora presunto, episodio di corruzione non alimenti ulteriormente il malanimo dell'opinione pubblica verso la politica e tutto l'indotto che le gira intorno.Che speranze ha un piccolo imprenditore di crescere come azienda sprovvisto di “agganci” che, se “oleati” in maniera giusta, gli garantiscano l'assegnazione di un appalto e dunque di lavorare?Che speranze avrebbe di lavorare un operaio impiegato presso un'azienda che tenta di fare affari con lo Stato se la propria azienda non conoscesse i giusti canali da cui ricevere le dritte sul come fare per vincere una gara?Oramai è più che una supposizione l'idea che in questo paese, se vuoi lavorare in ambito pubblico, devi avere le giuste conoscenze e la disponibilità economica per soddisfare le richieste di chi ti fa da spalla.Non a caso l'Italia è uno dei paesi più corrotti d'Europa.Del resto un paese che tra le sue istituzione ne ha una deputata a combattere la corruzione, l'Anac di Cantone, tacitamente sta ammettendo che la corruzione è una realtà radicata all'interno del proprio territorio. Al pari delle criminalità organizzate.La domanda è: cosa ha reso possibile il diffondersi in maniera esponenziale di queste metastasi sociali?