LA VOCE DI KAYFA

LE MIE RAGAZZE


Da oggi le chiamerò semplicemente “le mie ragazze!”. Già perché dopo gli incontri tenuti nel centro di recupero minorile per impartire loro qualche nozione di scrittura creativa, non posso che considerarle tali. Ovviamente MIE va inteso non nel senso possessivo che comunemente si ritiene, bensì in riferimento all’anima. Nelle sei settimane che ci siamo incontrati, ognuna di loro, a modo suo, mi ha dato qualcosa. Ognuna di loro col suo sorriso, la sua tristezza, la sua voce, il suo silenzio mi ha aiutato a capire, anche se solo in minima parte, un mondo la cui esistenza era, fino a quando non conoscevo loro, legata a immagini stereotipate di bambini e ragazze ferme ai semafori che cercano di lavarti il vetro del parabrezza o di venderti un pacchetto di fazzolettini di carta vestiti in maniera sudicia e puzzolente; di gruppi di donne e bambini accovacciati per terra,che mangiano con le mani sudice cibi trovati nella spazzatura, la cui vista da lontano ti spinge ad attraversare la strada per non assistere a quello spettacolo disgustoso! Sembrerà strano ma Le Mie Ragazze mi hanno insegnato, non dico ad amare tutto ciò, (sarei un ipocrita se lo dicessi), a cercare di comprendere quest’esistenza vissuta senza pentimenti ai margini della società, paradossalmente cercata. In effetti essa è frutto di una cultura che riconosce nel vagabondaggio e nel reato nei confronti di quanti vivono onestamente l’unico mezzo di sostentamento,e nei bambini il veicolo per attuare tali principi perché essendo minori non sono perseguibili legalmente, almeno fino a una certa età. Le mie ragazze non avevano più di diciassette anni; alcune erano davvero belle, altre avevano un fascino irresistibile. Quando discutevamo la loro allegria era così contagiosa che a stento riuscivo a frenare l’ilarità per non dare di me un’immagine faceta, perdendo su di loro l’ascendente che avevo. Forse qualcuna ha iniziato anche a volermi bene, o a vedermi con occhi “diversi”. Quest’ultimo aspetto lo percepivo dall’intensità degli sguardi che a volte mi sorprendevo ad incrociare col mio. Confesso che in quei momenti mi sentivo imbarazzato, ma ho sempre ricacciato l’emozione che mi suscitavano perché era giusto fosse così!   Al momento che iniziai gli incontri, anche questa “possibilità” avevo messo in conto perché a quell’età comunemente si è donne a tutti gli effetti, figuriamoci loro che non sanno cosa significa l’infanzia; che non appena hanno le loro prime regole, vengono date in spose perché mettano al mondo dei figli; che per mesi se non anni sono costrette tra quelle mura senza alcuna possibilità d’incontrare, se non sotto stretta sorveglianza e in momenti particolari, i ragazzi anche loro “ospiti” del centro.Rientrando a casa, ripensando a quegli sguardi, e alle frasi allusive che spesso li accompagnavano, sorridevo lusingato. Ma la mia emozione si arrestava lì! Esistono limiti che finanche alla mente non è concesso di travalicare! Le mie ragazze erano belle! E ancor più belle erano sabato, quando abbiamo tenuto l’ultimo incontro. Dai lori volti traspariva speranza di libertà per via della discussione in parlamento sull’approvazione dell’indulto. Qualcuna già sognava di riabbracciare il marito e i figli, (sì, avete letto bene, “il marito e i figli”!); qualcun'altra sognava di cambiare finalmente vita; qualcun’altra ancora, in maniera più realistica, sperava di rientrare lì il più tardi possibile in quanto “rubare appartiene al mio DNA”, disse proprio così! E’ stato bello condividere con loro queste settimane, leggere sui lori volti e nei loro sguardi le continue mutazioni delle loro anime. E’ stato bello sapere che per un momento le loro menti hanno pensato in maniera diversa dal normale, meditando sugli errori commessi, (cosa che del resto già facevano prima, ma in maniera diversa, almeno così dicono…). E’ stato bello essere lì con loro, respirare i loro sorrisi, le loro lacrime, i loro pentimenti, la loro rabbia, la loro voglia di vivere, di amare, di sentirsi donne! E’ stato bello ricevere i loro baci sulle guance prima di andare via. E’ stato bello sentire, mentre da solo m’incamminavo per l’ultima volta lungo il corridoio che porta all’uscita, la voce di una di loro sussurrare, “Addio istruttore!”