LA VOCE DI KAYFA

EUMETRIA


Chi non ha fatto studi umanistici, o non ha la passione per la filosofia e quindi non ama leggere testi o saggi relativi alla materia, difficilmente conosce o sa cosa significhi il termine eumetria, vocabolo che ho “incontrato” per la prima volta ieri terminando di leggere il saggio di Onfray, TEORIA DEL CORPO AMOROSO (per un'erotica solare). Del testo parlerò dettagliatamente in seguito. Per ora mi limiterò a spiegare, ovviamente secondo la visione del filosofo francese,  cosa il vocabolo indichi. Se non ho inteso male, il termine eumetria fu coniato da Epicuro e indicherebbe la giusta distanza cui ci si deve porre in un rapporto amoroso o di coppia nei confronti dell’altro per non perdere la propria autonomia, identità di persona giungendo ad identificare se stessi nell’altro e quindi impostare la propria esistenza in proiezione dell'altro, divenendone inconsapevolmente schiavi quasi fosse la stessa aria che si respira per vivere; dimenticando completamente se stessi e il proprio mondo, pretendendo che altrettanto faccia l'altro al punto da spingerlo, suo malgrado, ad allontanarsi da noi perché la nostra assillante presenza lo mette in conflitto con se stesso, con le sue reali necessità esistenziali. Vicino quel che basta per non trovarsi nella promiscuità – prestarsi qualche volta ma mai darsi. L’equilibrio si raggiunge in questo punto, da cui origina ogni proposizione etica. Troppo distante, è in agguato la misantropia; troppo vicino, minaccia la saturazione… L’altro va consumato con moderazione… Epicuro respingeva allo stesso modo quelli che non sanno darsi e quelli che si danno troppo e troppo velocemente. Da un lato la rigidità cadaverica, dall’altro la deliquescenza affettiva.Penso che queste parole faranno riflettere quanti, allorché si trovano a vivere una storia d’amore o d’intima amicizia, di riflesso hanno la tendenza a darsi in toto, pretendendo che altrettanto faccia l'altro. Restando stupiti e addolorati se alla fine costui si allontana, dimostrando chiaramente di non gradire o apprezzare la loro viscerale, ossessiva, assillante   propensione verso sé. Quanti vivono in proiezione dell'altro sono talmente accecati dalla paura derivante dal pensiero di non averlo più al loro fianco "semplicemente" perché in lui identificavano se stessi tanto da non rendersi conto se costui va via da loro che l'allontanamento è solo la naturale, logica reazione scaturente dal bisogno che tutti gli individui hanno di vivere la propria vita in maniera indipendente, autonoma, senza la vincolante presenza di chi toglie loro il respiro con la propria, pretendo che si viva solo in virtù di sé, tanto da rifuggire spesso chi comunque amano, o verso cui si sentono particolarmente attratti, perché l'atteggiamento apprensivo di costoro, oltre ad alimentare in sé angosce e paure per il vincolo di responsabilità che comporta, è la tacita, egoistica richiesta di anteporre se stessi a sé. In questa chiave il vero egoista non sarebbe dunque chi si rifiuta di sacrificare se stesso per la gioia dell'altro, bensì chi pretende che l'altro sacrifichi se stesso a sé.Imparando a praticare l'eumetria, secondo Onfray, e di riflesso Epicuro, l'individuo impara a relazionarsi nella maniera giusta verso l'altro: né troppo vicino, al punto di saturarlo costringendolo ad allontanarsi da sé; né tanto lontano, al punto da diventare un inguaribile misantropo.Vivi e lascia vivere, godere del piacere di esistere.