LA VOCE DI KAYFA

TRASFORMISTI ITALIANI


La caduta al senato del governo Prodi sul voto di fiducia relativo all’approvazione della politica estera dell’esecutivo, che ha aperto l’attuale crisi di governo da cui la maggioranza, checché ne dicano i vari esponenti dei partiti della coalizione di governo, ne esce con le ossa rotte, ufficialmente addebitata a due senatori dissidenti dell’estrema sinistra che hanno votato contro e al senatore a vita Giulio Andreotti che si è astenuto, ancora una volta ha evidenziato lo scarso valore in cui i leader dei partiti tengono conto dei loro elettori e dell’intera cittadinanza, presumendo che l’Italia sia un paese di allocchi, di gente che non pensa ma abbocca all’amo come il più sprovveduto dei pesci.Che il mandato di Governo a Prodi derivasse da una maggioranza risicata, che aveva vinto le elezione per una manciata di voti in più rispetto all’opposto schieramento, (“appena” venticinquemila e ancora si aspettano gli esiti del riconteggio delle schede bianche e nulle), era chiaro a tutti, prima di tutto allo stesso Prodi; che fosse evidente, in questo scenario di velata instabilità, quanto incidessero sull’economia del governo i voti a favore, soprattutto al senato, dei rappresentati dei partiti dell’estrema sinistra, richiamando in tal senso alla mente i foschi scenari della caduta del primo governo Prodi, quando a farlo cadere fu Fausto Bertinotti per una questione di coerenza con i propri elettori, era altrettanto chiaro a tutti, prima di tutto allo stesso Prodi; che l’eterogeneità della coalizione di governo, un misto tra partiti laici e cattolici, in cui spesso questi ultimi hanno fatto la voce grossa nei confronti dei primi, in special modo riguardo le coppie di fatto e la legge che le avrebbe dovuto regolamentare, non fosse per niente amalgamata tanto da risolversi, in qualunque momento, in una spina nel fianco dell’esecutivo, più volte lasciando presagire la crisi di governo, era a sua volta chiaro, prima di tutto allo stesso Prodi. Alla lunga tutte queste incertezze, se non proprio chiare a tutti, chiare almeno a quanti posseggono un minimo di buon senso e si sforzano di “leggere” autonomamente i fatti in maniera razionale, hanno trovato la giustificazione alla loro fondatezza proprio nei fatti. Ma quali fatti? Tralasciando i due senatori di sinistra che non hanno votato la fiducia, e l’astensione di  Andreotti, da sempre molto vicino agli interessi del Vaticano essendo un ex democristiano d.o.c., tutti e tre capri espiatori di una politica di governo incentrata dal primo momento sulla mancanza di chiarezza e litigiosa verbosità tra i vari partiti che lo compongono, ecco che allo scoppio dell’inevitabile crisi quei partiti e politici penalizzati dalle elezioni, che fino a un attimo prima avevano vegetato in quella sorta di purgatorio definito romanticamente centro, ma che ha tutto il sapore d’essere un bivio cui fermarsi per attendere da che parte sia meglio schierarsi per trarne i migliori benefici personali, hanno trovato il pretesto per veicolarsi con tutto il loro apparato verso la coalizione di governo, dichiarandosi pronti a sostenerla nonostante l’avessero precedentemente avversata a parole, non avendo i numeri per farlo fattivamente.
È il caso di Marco Follini che, costretto a dimettersi poco prima delle ultime elezioni dall’UDC e dalla CdL dopo le polemiche con Berlusconi riguardo un’eventuale messa in discussione della leadership del leader di Forza Italia nello schieramento di centro destra, ha fondato un proprio partito con l’indicativo nome di Italia di Mezzo, (nel senso che non sta né di qua né di là, ma dove spira il vento?) E, in tal senso, indicativo è l’atteggiamento di Follini il quale, fino a poche settimane fa, a chi gli chiedeva in che posizione si sarebbe schierato se si fosse aperta un’eventuale crisi di governo, rispondeva che, se si fosse presentata una simile eventualità, il suo partito non avrebbe appoggiato né Prodi, né Berlusconi, ma avrebbe lavorato per riformare il centro unitamente ad altre forze centriste già presenti nella coalizione di governo, (Mastella?). Contraddicendo se stesso, in queste ultime ore che precedono i voti di fiducia al governo alla camera e al senato, Follini ha apertamente dichiarato che appoggerà al senato il governo, garantendogli quei voti indispensabili per avere la fiducia. I maldicenti, in particolare i suoi ex compagni di partito e coalizione, vociferano che per il suo appoggio al senato Follini riceverebbe in cambio da Prodi un ministero, vedremo. Tuttavia, è inutile che i signori del centro destra si agitino a moralisti, denigrando Follini quale trasformista, imputandogli i futuri mali del paese che il governo Prodi, una volta ottenuta la fiducia, secondo loro arrecherà alla nazione. Anche nelle loro fila si è insediato ufficiosamente un transfuga del centro sinistra, il suo nome è Sergio De Gregorio, eletto senatore nelle fila di Italia dei Valori, partito di Antonio Di Pietro, nominato a sorpresa con i voti del centro destra Presidente della 4° Commissione permanente della difesa, fondatore di un proprio partito Italiani nel Mondo alla cui presentazioni alcuni mesi a fa a Napoli è intervenuto tra gli altri Gianfranco Fini.
Anche se il senatore De Gregorio in questi momenti convulsi che precedono il voto di fiducia al governo Prodi ha reiteratamente affermato che, pur uscendo dalla maggioranza e non votando al senato la fiducia a Prodi, non passerà nel centro destra, come può pretendere che gli si dia credito visto che, allorché presentò a Napoli il suo nuovo partito, era presenta sul palco tra gli altri il Presidente di Alleanza Nazionale e non Di Pietro, nelle cui lista De Gregorio era stato eletto o qualche altro esponete del centro sinistra? Sia Follini che De Gregorio sono la conferma che il trasformismo è radicato nel DNA di quanti, almeno in Italia, si danno alla politica, senza tenere minimamente conto del voto dei loro elettori, chiedendo loro, magari attraverso un sondaggio o via blog se condividono un cambio di rotta rispetto a quella che avevano appoggiata col voto.Uno va l’altro viene. Va dove ti porta il cuore? No, va dove ti conviene, Mastella insegna!
Poveri noi!