LA VOCE DI KAYFA

Giovani e comunicazione


Ieri mentre correvamo sul lungomare di Pozzuoli avvolti nelle penombra del primo mattino, il mio amico Gennaro ed io come al solito, discutendo del più e del meno, ci ritrovammo a parlare dei figli. In particolare dei problemi adolescenziali legati alle rivoluzioni ormonali che dai quattordici ai diciotto anni fanno di un maschietto una vera e propria bomba ad orologeria difficile da controllare, e della tendenza ossimorica dei giovani d’oggi a vivere sempre più in proiezione del branco e nello stesso tempo a isolarsi tra le mura di casa davanti alla play station, a chattare su messanger o a guardare programmi televisivi tipo il Grande Fratello da cui molti di loro traggono l’esempio distorto su cui strutturare il proprio domani. Entrambi ipotizzavamo che la presunta deriva dell'odierna gioventù fosse da imputarsi non solo ai mass media che diffondono messaggi alquanto discutibili asserviti come sono al mercato per far presa sui ragazzi quali potenziali acquirenti, ma anche di una cattiva comunicazione familiare. Se entrambi i genitori lavorano e i ragazzi sono costretti a trascorre tanto tempo da soli in casa, questo non significa che quando la sera ci si ritrova tutti a tavola per la cena si debba solo mangiare rivolgendosi la parola unicamente per passarsi l’acqua o il pane. Per quanto un genitore possa stare molto tempo lontano dai figli, ciò non giustufica il fatto che quando ha modo di stare con loro non si interessi di quel che hanno fatto durante la giornata, non voglia sapere e visionare se hanno fatto i compiti in modo che si sentano controllati e responsabilizzati, se sono usciti o cosa hanno fatto dopo studiati perché, come accade per tutte le cose, non è la quantità a valorizzare il tempo che si trascorre con loro ma la qualità in cui lo si trascorre! Mentre macinavamo chilometri argomentando la questione, ad un certo punto il mio amico fece una considerazione che personalmente reputo l’essenza del discorso: Gennaro mi fece notare che siamo tra le poche coppie di persone che quando corrono conversano, - a volte non solo di donne… -, anziché isolarsi ognuno per conto suo con le cuffiette nelle orecchie per ascoltare musica. “A che serve correre insieme se poi ognuno ascolta musica per conto proprio? Se si decide di correre insieme non lo si fa solo per farsi reciprocamente la scorta ma perché è un valido pretesto per ritrovarsi con un amico con cui condividere stati d’animo, pensieri, sensazioni, avere un consiglio, sfogarsi, ascoltarlo, apprezzare semplicemente il piacere della sua compagnia. Decidere di correre insieme e poi estraniarsi all'altro con la musica nelle orecchie la considero la tacita dimostrazione di come nella nostra società la comunicazione tra la gente sta scomparendo sempre di più. E la gioventù d’oggi con i suoi infiniti problemi di comunicabilità è il riflesso di questo male!”