LA VOCE DI KAYFA

Mastella alla resa


Non sempre nella vita le tragedie sconvolgono all’improvviso le vite degli uomini, a volte sono precedute da eventi forieri. Sta all’intelligenza e al buonsenso delle persone saperli decodificare adeguatamente, correndo ai ripari prima che la furia degli elementi distrugga ogni cosa si frapponga sul suo cammino.La resa di Clemente Mastella a non candidarsi alle prossime politiche perché, a suo dire, sconfitto da una costante e manipolata disinformazione, determinata da una scientifica operazione di linciaggio morale contro di me, costruita mediaticamente, politicamente e giudiziariamente che lo avrebbero fatto apparire agli occhi degli italiani come l’uomo nero della politica italiana è una giustificazione comprensibile da parte di chi per un’intera vita ha vissuto solo ed esclusivamente di politica ed ora si ritrova con un pugno di mosche tra le mani. Ma non convince né regge perché appunto tale disfatta fu preceduta da una serie di eventi che lasciavano presagire l’arrivo della tempesta. O quanto meno avvertivano che se non si poneva un freno a un modo di fare politica alquanto personalizzato, forse anche arrogante, alla lunga, ci si poteva far male! La prima avvisaglia, chiamiamola così, Clemente Mastella la ricevette quando, proposto l’indulto, una volta investito della carica di Ministro delle Giustizia, un mese dopo l’approvazione del provvedimento, agli inizi di settembre del 2006, durante i funerali di un giornalaio di Napoli ucciso da un balordo scarcerato proprio per l’indulto, ai parente della vittima che le chiedevano “perché?” il Sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino rispose stizzita “chiedetelo a Mastella”, alimentando una polemica con il Guardasigilli stemperata a fatica dai piani alti dell’Unione.Altra avvisaglia  non da poco fu un evento di cui si è persa memoria: durante una delle prime puntate di Anno Zero dedicate al trasferimento del giudice De Magistris dalla Procura di Catanzaro in altra sede, proposto dal Guardasigilli dopo che da una serie di ispezioni risultò che il giudice, titolare  dell’inchiesta WHY NOT tra i cui indagati vi erano anche il Presidente del Consiglio Prodi e lo stesso Mastella, aveva commesso delle irregolarità procedurali, un gruppo di rappresentanti calabresi dell’Udeur in diretta bruciò la tessera perché non si riconosceva nella linea politica adottata dal partito per quanto concerneva la giustizia. Anche in quel caso si sarebbe dovuto meditare su un gesto così eclatante, invece si preferì andare avanti quasi che la cosa non avesse importanza. Ma l’episodio che molto probabilmente ha contribuito a mettere al tappeto Mastella non furono tanto le inchieste dell’Espresso, da cui risultava che il Ministro si serviva di mezzi dello Stato per andarsene a spasso con la famiglia o approfittasse del suo ruolo per acquistare per “quattro soldi” appartamenti a Roma che se li avesse comprati invece un comune cittadino avrebbe speso fior di quattrini, o sfruttasse il proprio peso politico per avere benefici personali, quanto l’essersi prima dimesso da Ministro della Giustizia allorché  sua moglie fu messa agli arresti domiciliari per una vicenda di presunte concussioni nell’ambito delle nomine alle ASL, dando pubblicamente garanzie che avrebbe comunque sostenuto il governo pur standone fuori, e subito dopo ne provocò la caduta votando la sfiducia al Senato. Così come molto probabilmente fuori luogo saranno apparsi all’opinione pubblica gli applausi a scena aperta ricevuti dalla moglie Sandra da un gruppo di “sostenitrici” mentre si recava a riferire in Procura a Santa Maria Capua Vetere quasi fosse una star del cinema e non una persona sotto inchiesta! Per ultimo errato sarà stato rivelare in questi giorni della lettera inviatagli da Berlusconi a fine dicembre scorso in cui il leader del PDL gli garantiva 10 posti nella prossima legislatura se avesse fatto cadere il Governo, beccandosi del traditore da Prodi! È evidente che una sequela di eventi così discutibili alimentino nell’opinione pubblica perplessità nell’affidabilità di un uomo, per quanto onesto in coscienza egli sia, dirottando le proprie scelte politiche su altri orizzonti lontani da quelli da lui rappresentati. Ed è ovvio che nessuno, per quanto amico possa essergli o apparire, sia tanto ingenuo da accettare che a trainare il proprio carro vi sia anche un cavallo perdente!