LA VOCE DI KAYFA

Il valore della Vita tra scienza e fede


Consapevoli che, prima o dopo, tutti dobbiamo morire, non è il pensiero che della morte a terrorizzarci bensì immaginarci come ciò accadrà. Tutti speriamo che, quando toccherà a noi, trapasso avvenga in maniera naturale; magari durante il sonno, senza dover soffrire né arrecare sofferenze con la nostra agonia a chi amiamo e ci assisterà nei momenti precedenti la transazione. È immaginare le probabili sofferenze, conseguenza di una malattia o di un incidente, che potrebbero accompagnarci verso l’epilogo esistenziale a farci stare male non il pensare di dover un giorno morire. Tutto questo lo capisci quando, obbligato dalla vita a dover accudire una persona cara malata terminale, mentre ti adoperi al suo capezzale per pulirla, cambiarla, medicarle le piaghe da decubito che ogni giorno si allargano sempre di più, compiendo questi gesti sotto lo sguardo vigile e amorevole di colei con cui quella persona che è tuo padre ha vissuto gran parte della propria vita, ti rendi conto che, seppure il male di cui è affetta dovrebbe renderla incosciente, i medicinali che da anni quotidianamente, più volte al giorno, le vengono somministrati per rallentare il processo degenerativo delle cellule celebrali altro non fanno che prolungarne la sofferta agonia! È in queti momenti che ti domandi che senso abbiano le enfatiche dichiarazioni degli scienziati secondo cui oggi chi è affetto di Alzaimer vive mediamente dieci/quindici anni in più rispetto al passato grazie ai nuovi farmaci presenti sul mercato. Pensi anche alle parole del Papa per il quale la vita va comunque rispettata in tutte le sue forme, da quella embrionale a quella vegetale indotta da un coma irreversibile. Ti metti quindi a riflettere sia sull’entusiasmo della scienza sia sugli ammonimenti spirituali del Vaticano e ti sembra che in realtà entrambi, anziché tutelarla, umiliano la vita perché invece di preoccuparsi di migliorarne la qualità ne fanno un discorso squisitamente di quantità in termini di durata! Per un attimo vorresti che un rappresentante di entrambe le "confessioni" fosse al tuo posto mentre assisti l’ammalato per valutare concretamente il dramma che come famiglia state vivendo. Pur accettando le ragioni dello scienziato secondo cui la ricerca è la conquista del domani, non comprendi il perché di tanto accanimento a ritardare la fine di una persona inesorabilmente condannata in maniera degenerativa, prolungando non solo le sue sofferenze ma quelle di quanti la amano e soffrono nel vederla tormentarsi atrocemente senza poter fare nulla; struggersi l'anima osservando i suoi occhi riempirsi di lacrime mentre si lamenta, incapace di spiegare dove o cosa le fa male essendo tutta un male! Pur accettando le ragioni della chiesa secondo cui solo Dio ha il diritto di togliere la vita, che la sofferenza è il cammino naturale per accedere al Regno di Dio come ci ha insegnato Gesù, (anche se sei laico o ateo, in quei momenti ti attacchi a tutto talmente sei disperato), all’improvviso ti sorge il dubbio che esistano più di una vita in quanto quando un animale soffre o una pianta è rinsecchita li si sopprime per umanità mentre a un uomo che patisce le pene dell'inferno, condannato a morire, non è concesso donare questo sollievo, sospendendo le terapie che come arpie lo tengono ad ogni costo in vita rubandogli la propria dignità! Se la vita è unica e sola e va rispettata fino in fondo, lo stesso principio andrebbe applicato per tutte le forme di vita, non soltanto a quella umana, perché compiendo un distinguo tra vita e vita, a mio avviso,  si compie una selezione che mette in discussione l’unicità della Vita cui fanno riferimento sia la chiesa sia la scienza ognuna con modalità diverse per giustificare il proprio punto di vista nel tentativo di affermarsi l'una sull'altra in quella eterna lotta tra Vita e Morte di cui l'uomo, suo malgrado, è imprescindibile pedina!