LA VOCE DI KAYFA

Botte da orbi nel nome di Dio


Presumendo che il Vangelo sia unico, un Testo Sacro di cui non esistono distinte versioni a seconda si tratti della chiesa cattolica, di quella armena o di quella greco–ortodossa, le botte da orbi che sono volate la scorsa domenica nel Santo Sepolcro a Gerusalemme tra i monaci di queste due ultime confessioni durante una celebrazione sono la conferma che non basta professare lo stesso messaggio d’amore, qual è appunto il Vangelo, per essere  rispettosi e tolleranti gli uni con gli altri.Le immagini della rissa, trasmesse in tutto il mondo, hanno evidenziato un accanimento e una tale violenza, insospettabili in uomini di spirito, che viene spontaneo chiedersi con quale diritto costoro occupano un luogo sacro se poi con le loro intemperanze, pare reiterate da secoli, non fanno altro che sconfessarne la sacralità? Che senso ha interdire in questi luoghi l’accesso a chi non indossa “abiti adeguati” per non offendere Dio se poi ad offenderlo sono stesso coloro che ne predicano la parola con atti rissosi? Che senso ha condannare a priori la violenza, in qualunque forma, se poi di quella stessa violenza ci si serve al momento opportuno per rivalersi contro chi la pensa in maniera diversa da noi nonostante ad accomunarci vi sia lo stesso credo d’Amore? Che senso ha condannare il fondamentalismo religioso con la sua indiscriminata violenza se per primi “noi” siamo dei fondamentalisti che non accettano le ragioni del prossimo?