LA VOCE DI KAYFA

Giornalisti non rubate ai terremotati la speranza


Secondo uno dei tanti luoghi comuni che ci ritraggono, noi italiani riusciamo a esprimere il meglio di noi stessi in situazioni critiche, quando ci troviamo con l’acqua alla gola. Forse si tratta solo di una delle tante estremizzazioni caratteriali tese ad esaltare lo spirito italico di per sé povero di aspetti esaltanti capaci di manifestarsi nella normale quotidianità. Tuttavia osservando il modo in cui molte persone si stanno adoperando fattivamente nell’affrontare il post terremoto in Abruzzo, si ha la sensazione che davvero nelle situazioni estreme noi italiani diamo il nostro meglio. E non mi riferisco certo ai tanti aquilani vittime del sisma cui non può andare che il nostro muto rispetto per la dignitosa compostezza e per il coraggio che stanno dimostrando nell’affrontare il dopo terremoto, seppure tra mille difficoltà e con la morte nel cuore per i gravi lutti patiti - emblematico è il caso di quella donna che, pur avendo perso due figli sotto le maceria, ieri mattina si aggirava tra le tende col campanellino per avvisare gli altri sfollati che stava per iniziare la messa di Pasqua. Alla giornalista che le chiedeva da dove traesse la forza per fare tutto ciò pur avendo la morte nel cuore, trattenendo a fatica le lacrime,  ha risposto d’essere una convinta credente e quindi di considerare il proprio dramma la prova impostale dalla Vita per misurarne la Fede! Mi riferisco in particolare al nostro Presidente del Consiglio del quale tutto si può dire ma non certo che in un momento così tragico non abbia saputo rimboccarsi le maniche  e mostrare i muscoli per affrontare di petto una situazione cui nessun Capo di governo vorrebbe mai fronteggiare. Sembra essere trascorso un secolo dalle polemiche suscitate dalle sue presunte gaffe al G20 di Londra e all’anniversario dei 60 anni della NATO a Strasburgo. E invece in meno di due settimane la figura del nostro Presidente del Consiglio è andata riaccreditandosi agli occhi dell’opinione pubblica, nazionale e internazionale, in maniera esponenziale. Dopo un attimo di esitazione a poche ore dal sisma, in cui era indeciso se rimandare oppure no il viaggio in Russia, delegando a terzi la presenza sui luoghi del terremoto in vece sua, preso atto della vastità della tragedia, Silvio Berlusconi si è recato in prima persona a L’Aquila e ha iniziato ad impartire disposizioni organizzative, coadiuvato dal Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, per fronteggiare l’emergenza, facendo sentire in maniera tangibile, anche grazie alla sua prorompente e discutibile personalità, la presenza dello Stato, meritandosi l’apprezzamento per il proprio operato finanche dall’opposizione solitamente restia a riconoscergli dei meriti!In un momento così drammatico per il paese, dove è quanto mai necessaria la comune solidarietà, sia in termini morali che materiali, per lenire, per quanto sia possibile, le sofferenze delle genti d’Abruzzo, contribuendovi anche con l’espressione delle proprie idee, ci sembra francamente fuori luogo l’atteggiamento di alcuni irriducibili rappresentanti della stampa che in maniera inossidabile continuano a irridere il Capo del Governo attribuendogli il soprannome di Sciamano, una sorta di ibrido tra sciacallo e caimano. Come esiste il tempo delle critiche e delle polemiche, esiste anche il tempo dei riconoscimenti. O del silenzio, se proprio non si riesce a dare a Cesare quel che è di Cesare.In questo momento sarebbe il caso che molti giornalisti antiberlusconi riponessero nel fodero le spade. Stringendo con forza le mani alle else per essere pronti ad estrarle non appena i fatti relativi alla ricostruzione e alle inchieste sui crolli lasciassero presagire che da parte del governo vi fosse una tendenza a non onorare gli impegni assunti pubblicamente all’indomani del sisma e ad affossare le indagini o quanto meno a ostacolarle burocraticamente. In quel caso tutti saranno autorizzati a mettere alla berlina Berlusconi e i suoi ministri; ad attaccarlo da ogni lato, magari coniando dei nuovi epiteti con cui deriderlo. E non stiamo a stigmatizzare in maniera pretestuosa sulle battute inerenti al camping o alla casa al mare, come ha fatto la stampa straniera, con cui il Premier si rivolgeva agli sfollati e ai loro figli cercando di risollevarli; di strappare loro un barlume di sorriso; di fargli intravedere la luce in quel buio profondo. Il personaggio è fatto così, lo conosciamo. Piuttosto sarei curioso di vedere - ma non lo auguro né a loro né ai loro cittadini -  come affronterebbero un simile dramma altri Premier stranieri; se la stampa di opposizione continuerebbero ad attaccarli mentre cercano di fronteggiare l’emergenza oppure tacerebbe in rispetto delle vittime? Ecco, questo a mio avviso è il punto nodale della vicenda: attaccare anche ora Berlusconi è una mancanza di rispetto nei confronti delle vittime e dei sopravvissuti per i quali il Governo è l’unica speranza che resta loro per andare avanti, come hanno dimostrato le calorose accoglienze riservate al Premier dagli sfollati. Se non riusciamo ad avere rispetto per l’avversario politico, cerchiamo di averne per chi soffre e confida nello Stato. Il tempo delle critiche e degli sfottò non mancherà!