LA VOCE DI KAYFA

LE LACRIME DI ORFEO


                                                                       La tragica scomparsa della soprano Eleonora, morsa alla gola dal serpente, nascosto da un folle tra i fiori nel suo camerino, gettò nello sconforto assoluto Antonio, il compositore suo amante.Nel giro di pochi mesi, colui che il mondo intero considerava alla stregua di un dio per la bellezza delle musiche che sapeva creare, si trasformò in una larva umana, causa l’alcool in cui tentò di affogare il dolore per la morte della sua donna.Nonostante tutti i teatri del mondo riecheggiassero del genio di Antonio, gli impresari, per ovvi motivi, decisero di affidare la direzione delle loro orchestre al maestro Giuseppe, rivale in carriera di Antonio, il quale accettò purché le sue musiche si intervallassero a quelle dell’antagonista.In breve tempo gli appassionati di musica classica dimenticarono le armonie di Antonio, eleggendo Giuseppe loro idolo.Inconsapevole dell’indifferenza con cui il pubblico e la critica ripagavano le tante emozioni che aveva loro donato con la sua musica, Antonio si rifugiò nella villa in collina dove con Eleonora erano soliti riposarsi dalle fatiche della lirica, trascorrendovi momenti di tenera, intensa passione. La soffocante solitudine ristagnante nella casa, aumentava allorché il musicista si ritirava nello studio tappezzato di ricordi e fotografie dell’amata. Sprofondato in poltrona, gli occhi chiusi, tormentando nella mano il bicchiere colmo di liquore, affidava l’animo allo stereo, mimando con le labbra la melodiosa voce di Eleonora diffusa attraverso gli altoparlanti.Man mano che l’alcool sopiva la coscienza, il ricordo si materializzava in tutto il suo sorridente splendore.In quei momenti di opaca follia, Antonio conversava col fantasma di Eleonora, confessando quanto ancora l’amasse, promettendo che avrebbe fatto qualunque cosa pur di strapparla alle tenebre.Una sera, mentre la Tosca volgeva all’epilogo, fissando lo spettro danzare nel centro della sala, tremando, Antonio si alzò dalla poltrona. Con passo incerto, quasi camminasse su un filo sospeso nel vuoto, gli andò incontro. Si inginocchiò al cospetto della visione volteggiante sul pavimento come una piuma in balia del vento. Al pari di un peccatore genuflesso presso il confessionale in cerca di redenzione, Antonio ammise il proprio adulterio.“Quella fu l’unica volta che ho diviso il mio piacere con un’altra” mormorò piangendo mentre fissava il suolo. “Mi ero sempre ripromesso di rivelarti ciò, ma alla fine rinunciavo per timore di perderti. Mi spaventava l’idea che il passato ti strappasse da me. Perdonami…” Le note del melodramma si dissolsero nel vuoto. Per sempre anche lo spettro di Eleonora                                                         FINE