Ieri sera, con apprensione, telefonai ad un carissimo amico, professore di educazione fisica in pensione, per conoscere l’esito delle analisi che sta facendo causa una pressione sulla vescica che la settimana scorsa lo costrinse al ricovero in ospedale per effettuare una cistoscopia. Mi rispose la moglie la quale, con voce rotta dall’emozione, mi disse che la scintigrafia era risultata negativa e che ora aspettavano tornasse il figlio per conoscere l’esito della TAC. Poiché il professore non era in casa, dissi che avrei ritelefonato. Ho richiamato questa mattina. Allorché mi ha risposto e salutato, la signora mi ha subito passato il professore il quale, con voce allegra, mi ha riferito che dalla TAC risultava “solo una sofferenza alla vescica, molto probabilmente dovuta alla prostata, ma nulla di più! Devo semplicemente abituarmi all’idea di andare in bagno ogni due/tre ore!” Confesso che ascoltandolo mi sono rincuorato. Malgrado abbia settantadue anni, quasi il doppio dei miei anni, tra di noi esiste una profonda amicizia a conferma che l’anagrafe è un fatto del tutto secondario quando tra due persone c’è sintonia! Spesso, prima che il problema alla vescica si manifestasse, la sera, dopo cena, avevo l’abitudine di recarmi da lui per fare quattro chiacchiere, bevendo un paio di bicchierini di whisky. Quello che di quest’uomo mi ha sorpreso di più è stata l’apparente serenità con cui ha affrontato il problema, dal primo istante che si è manifestato. Ora che tutto sta volgendo per il meglio, posso confessare che sono stato il primo cui il professore confidò il presentarsi del risentimento, facendomi giurare di non parlarne con nessuno, cosa che feci. Ricordo che una sera, commentando l’acuirsi delle sofferenze, affermò, “L’idea di avere il cancro non mi spaventa più di tanto. Ormai ho una certa età, e ammetto che la vita me la sono goduta! Sono riuscito a realizzare, se non tutte, quasi tutte le mie aspirazioni. Ho sposato la donna che amavo; insieme abbiamo costruito una bella famiglia. Ho una bella casa; non ho mai sofferto economicamente; i miei figli si sono entrambi sistemati; ho avuto il piacere di diventare nonno. Come si conviene a un uomo, di tanto in tanto ho insaporito la vita concedendomi qualche "peccatuccio", senza però mai mettere in discussione gli equilibri familiari...Che altro potrei desiderare di più alla mia età? Oddio, con questo non voglio dire che l’idea di avere il cancro mi faccia piacere, ma devo essere realista. La morte ormai è l’unica certezza della vita che resta all’uomo visto che, grazie all’impianto e all’espianto di un embrione da un grembo di una donna in quello di un’altra, non siamo più in grado di poter dire con sicurezza nemmeno più chi sia la nostra vera madre! Perché, se davvero fossi affetto dal tumore, dovrei disperarmi? Se tutto va male, sottoponendomi alle terapie del caso, quanto potrei vivere ancora alla mia età? Dieci anni, forse qualcosa in meno? E che diavolo, dieci anni o giù di lì sono più che sufficienti per uno come me che dalla vita ha già avuto tanto!” Queste parole, non le dimenticherò più. Non vedo l’ora di tornare ad incontrarmi col professore per bere un bicchierino e ascoltare la sua allegra, sana saggezza. Prometto che quanto prima tornerò a raccontarvi di lui!
UN UOMO SAGGIO
Ieri sera, con apprensione, telefonai ad un carissimo amico, professore di educazione fisica in pensione, per conoscere l’esito delle analisi che sta facendo causa una pressione sulla vescica che la settimana scorsa lo costrinse al ricovero in ospedale per effettuare una cistoscopia. Mi rispose la moglie la quale, con voce rotta dall’emozione, mi disse che la scintigrafia era risultata negativa e che ora aspettavano tornasse il figlio per conoscere l’esito della TAC. Poiché il professore non era in casa, dissi che avrei ritelefonato. Ho richiamato questa mattina. Allorché mi ha risposto e salutato, la signora mi ha subito passato il professore il quale, con voce allegra, mi ha riferito che dalla TAC risultava “solo una sofferenza alla vescica, molto probabilmente dovuta alla prostata, ma nulla di più! Devo semplicemente abituarmi all’idea di andare in bagno ogni due/tre ore!” Confesso che ascoltandolo mi sono rincuorato. Malgrado abbia settantadue anni, quasi il doppio dei miei anni, tra di noi esiste una profonda amicizia a conferma che l’anagrafe è un fatto del tutto secondario quando tra due persone c’è sintonia! Spesso, prima che il problema alla vescica si manifestasse, la sera, dopo cena, avevo l’abitudine di recarmi da lui per fare quattro chiacchiere, bevendo un paio di bicchierini di whisky. Quello che di quest’uomo mi ha sorpreso di più è stata l’apparente serenità con cui ha affrontato il problema, dal primo istante che si è manifestato. Ora che tutto sta volgendo per il meglio, posso confessare che sono stato il primo cui il professore confidò il presentarsi del risentimento, facendomi giurare di non parlarne con nessuno, cosa che feci. Ricordo che una sera, commentando l’acuirsi delle sofferenze, affermò, “L’idea di avere il cancro non mi spaventa più di tanto. Ormai ho una certa età, e ammetto che la vita me la sono goduta! Sono riuscito a realizzare, se non tutte, quasi tutte le mie aspirazioni. Ho sposato la donna che amavo; insieme abbiamo costruito una bella famiglia. Ho una bella casa; non ho mai sofferto economicamente; i miei figli si sono entrambi sistemati; ho avuto il piacere di diventare nonno. Come si conviene a un uomo, di tanto in tanto ho insaporito la vita concedendomi qualche "peccatuccio", senza però mai mettere in discussione gli equilibri familiari...Che altro potrei desiderare di più alla mia età? Oddio, con questo non voglio dire che l’idea di avere il cancro mi faccia piacere, ma devo essere realista. La morte ormai è l’unica certezza della vita che resta all’uomo visto che, grazie all’impianto e all’espianto di un embrione da un grembo di una donna in quello di un’altra, non siamo più in grado di poter dire con sicurezza nemmeno più chi sia la nostra vera madre! Perché, se davvero fossi affetto dal tumore, dovrei disperarmi? Se tutto va male, sottoponendomi alle terapie del caso, quanto potrei vivere ancora alla mia età? Dieci anni, forse qualcosa in meno? E che diavolo, dieci anni o giù di lì sono più che sufficienti per uno come me che dalla vita ha già avuto tanto!” Queste parole, non le dimenticherò più. Non vedo l’ora di tornare ad incontrarmi col professore per bere un bicchierino e ascoltare la sua allegra, sana saggezza. Prometto che quanto prima tornerò a raccontarvi di lui!