LA VOCE DI KAYFA

LA RIVOLTA DEI GIOVANI ALGERINI E' UN MONITO PER L'ITALIA


Nell’attuale era della globalizzazione dove qualsiasi fenomeno interessi una nazione, sia nel bene che nel male, nel tempo riguarderà il mondo intero – esempio sintomatico di ciò è la crisi finanziaria americana che ha travolto l’intera economia mondiale con conseguenze tragiche per alcuni paesi quali Grecia, Irlanda, Portogallo -, la rivolta di piazza scoppiata in Algeria per l’aumento dei beni primari di consumo, in estensione a macchia d’olio ad altri paesi magrebini  quali la Tunisia, che vede come protagonisti i giovani disoccupati, dovrebbe preoccupare le nostre istituzione più dei mancati festeggiamenti per i centocinquanta anni dell’unità d’Italia da parte di una certa classe politica italiana al governo. Dati alla mano in Algeria il tasso di disoccupazione è dell’11%; la disoccupazione tra gli under 30 è del 75%; quella giovanile del 20%. In Italia a novembre il tasso di disoccupazione generale si è assestato all’8,7%; quello giovanile al 28, 9%. Comparando tra loro questi dati è evidente che la differenza in termini di disoccupazione tra i due paese è minima, quasi zero. Anche se quanto guadagna in un giorno un italiano che lavora è l’equivalente mensile di un lavoratore algerino per cui ecco spiegati i motivi per i quali molti giovani nordafricani tentano la fortuna nel nostro e in altri paesi europei, divenendo spesso manovalanza alle dipendenze delle organizzazioni criminali e terroristiche. Ritornando agli scontri in corso in Algeria, sbaglia chi guarda loro con sguardo disincantato, consdierandoli eventi avulsi all'Italia perché si svolgono fuori dai nostri confini, per giunta aldilà del mediterraneo; preoccupandosi solo dell'incolumità dei turisti in vacanza in quei luoghi. La protesta del 14 dicembre degli studenti italiani a Roma contro la legge scolastica ribattezzata Riforma Gelmini, che sfociò in violenti scontri con le forze dell’ordine, dovrebbe indurre a più miti consigli e a un bagno di umiltà chi governa questo paese. Non essendo la matematica un’opinione - lo sa bene Berlusconi che commissiona sondaggi su sondaggi per valutare la tenuta della propria popolarità nell'elettorato -, poiché i dati relativi al tasso di disoccupazione tra l’Algeria e l’Italia sono pressoché uguali, è evidente che laddove esiste un malessere sociale inerente la condiziona giovanile si alimentano focolai di rivolta che, prima o poi, sfociano in vere e proprie guerriglie urbane. Poiché i giovani sono il futuro di una nazione, come ha più volte evidenziato nel suo discorso di fine anno il Presidente della Repubblica Napolitano, è evidente che chi non tiene conto delle loro esigenze, rifiutandosi di ascoltarli arroccandosi nella propria magione dorata commette un errore madornale che, prima o poi, gli si ripercuoterà contro. Un sondaggio pubblicato da IL FATTO QUOTIDIANO rivela che sia il Pd che il Pdl non riscuotono consensi tra i giovani che invece guardano con sempre maggiore simpatia e interesse a Vendola, Di Pietro e Fini, ossia quei politici che rappresentano ai loro occhi un vero e proprio elemento di rottura con la vecchia politica del passato fatta di compromessi e promesse elettorali di stampo demagogico.La rivolta dei giovani algerini non è un fenomeno locale da osservare con occhi distratti. Per il nostro governo, e quello di altri paesi dove è crescente il tasso di disoccupazione giovanile, e dunque il malessere giovanile verso le istituzioni monta in maniera esponenziale, dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme, inducendo chi governa a non trascurare dalla propria agenda le problematiche giovanili e studentesche; convincerli a instaurare un dialogo con i giovani anziché rifuggire da loro: rifugge il dialogo con l'antagonista chi sa di essere in torto!