LA VOCE DI KAYFA

BERLUSCONI ALL'ATTACCO DELLA SCUOLA PUBBLICA


Un mio carissimo amico, ex professore di educazione fisica che purtroppo non c’è più - aveva l’età di mio padre ed era natio di Castagna un paesino dell’entroterra calabro - ogni qualvolta ci ritrovavamo a parlare dell’importanza della cultura, mi raccontava di quand’era ragazzino e sua madre, maestra elementare, la sera, dopo cena, radunava in casa un gruppo di contadini calabresi per insegnare loro a leggere e scrivere in cambio di nulla perché, diceva la signora, “la cultura è come il sole, scalda tutti”.La signora in questione si chiamava Palmira Scalise Fazio, valente poetessa che da ragazza fu in contatto con D’annunzio, insegnava ovviamente in una scuola pubblica. Come oggi accade a migliaia di insegnanti, di ruolo e precari, in cambio di uno stipendio non all’altezza delle responsabilità che ricoprono, dell’insicurezza del lavoro a tempo determinato che non consente di programmare serenamente il proprio futuro; lavorando in strutture spesso fatiscenti in cui c’è il rischio di morire per il distacco improvviso di calcinacci e solai in aula. In parole povere chi oggi insegna in una scuola pubblica, partendo dall’asilo fino all’università, non può dirsi certo un privilegiato come accadeva un tempo. La riduzione delle cattedre, con conseguente aumento di alunni per classe, obbliga gli insegnanti a un impegno e a uno sforzo non indifferenti per garantire a tutti un adeguato apprendimento. Purtroppo, perché ciò avvenga, a pagarne le conseguenza sono gli alunni più portati perché è inevitabile che per seguire la crescita globale della classe vi sia un rallentamento dei programmi. Per ovviare a quanto ci sono insegnanti e, soprattutto, professori, che non si fanno scrupolo di andare avanti col programma non curandosi di chi resta dietro, rimandando la loro preparazione ai corsi di recupero o addirittura agli esami settembrini. A quanti di loro agiscono in questo modo non  si può certo farne una colpa dato che in una classe di trenta alunni, se ci si volesse preoccupare della crescita scolastica del singolo allievo non basterebbe un intero anno di scuola.Così com’è strutturata la scuola pubblica, la sua funzione consiste nel dare le basi in maniera tale che in seguito il singolo possa proseguire senza troppe difficoltà la propria  preparazione  culturale e professionale.Tagliare fondi alla scuola pubblica a vantaggio di quella privata e di estrazione cattolica significa danneggiare tanti bambini e ragazzi in quanto non tutte le famiglie, seppure lo vorrebbero, possono permettersi di mandare i propri figli in istituti privati dove, in cambio di rette onerose, dovrebbe essere garantita un’adeguata preparazione in rapporto alle esigenze del mondo del lavoro.Sarebbe il caso che il Presidente del Consiglio Italiano Silvio Berlusconi, anziché rispolverare lo spettro degli insegnanti comunisti che plagiano le mente dei ragazzi iscritti nelle scuole pubbliche, proprio perché è il Presidente di tutti gli italiani, si impegnasse concretamente per rivalutare la scuola pubblica anziché demonizzarla e distruggerla. LA CULTURA è COME IL SOLE, SCALDA TUTTI!