Ogniqualvolta un terremoto devastante come quello che
ieri ha colpito il Giappone, cui è seguito uno
tsnunami ancora più distruttivo, scuote a morte un’area della terra, puntualmente l’indomani ci si interroga sulla possibilità concreta di poter prevedere i terremoti in maniera da avvertire la popolazione salvando un gran numero di vite. Secondo la comunità scientifica ciò non è possibile, e anche se lo fosse, sarebbe difficile individuare con precisione assoluta l’area e l’esatto momento in cui l’evento catastrofico si manifesterebbe, evacuando in tempo la zona interessata. A sostegno di questa tesi molti prendono come riferimento proprio il Giappone, terra dei terremoti per antonomasia, all’avanguardia nel campo delle costruzioni antisismiche, ma del tutto inerme di fronte all'imprevedibilità della natura. Tant’è che, escludendo la
fuga radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima segnata dal sisma, i danni maggiori li ha fatti lo tsnunami che si è abbattuto sulle coste del nord-est del paese spazzando via interi villaggi, strade e ferrovie, lasciandosi alle spalle un "mare" di morte e distruzione.Alcune settimane prima del
terremoto del 6 aprile 2009 che distrusse L’Aquila e comuni limitrofi, per intensità mille volte inferiore a quello del Giappone ma che provocò più crolli e vittime per colpa della disonestà di chi vi costruì case e palazzi facendo la cresta sui materiali di costruzione,
il ricercatore Gianpaolo Giuliani avvertì le autorità che per la fine di marzo vi sarebbe stato un violento terremoto nell’aquilano. La sua previsione si basava sui dati ricavati dai rivelatori di gas randon da lui stesso sistemati nell’area di Sulmona in quanto ritiene, e pare non sia il solo, che poco prima di un sisma aumentino a dismisura le emissioni di questo tipo di gas nelle aree che saranno interessate dall'evento. Giuliani si beccò una denuncia per procurato allarme ma poi il terremoto del 6 aprile dimostrò che la sua previsione non era sbagliata ma solo anticipata di circa una settimana. Caso ancora più eclatante è quello del faentino
Raffaele Bendandi il quale, osservando le maree, risultato dell’influsso gravitazionale della luna sulla terra, teorizzò che la combinzione dell’influsso lunare con quello del sole e di altri pianeti poteva determinare rivoluzioni sulla crosta terrestre tali da dare vita ai terremoti. Secondo Bendandi “l’origine dei terremoti è prettamente cosmica”, e avverrebbe “quando nel giro mensile di una rivoluzione lunare l’azione del nostro satellite va a sommarsi a quella di altri pianeti”
(per ascoltare Bendandi enunciare la sua teoria spostare su 6,50 il contatore del filmato tratto da Voyager). Per cui i terremoti sarebbero prevedibilissimi... A sostegno di queste sue speculazioni vi sono dati a dir poco inequivocabili che ne attesterebbero la validità – Bendandi previde diversi terremoti, tra cui quello del Friuli del 1976. Tuttavia nessuno gli dette mai ascolto. Eppure, anche in questo caso, la comunità scientifica pare non tenere affatto conto dei suoi studi, forse perché Bendandi applicava l’astronomia e l’astrologia alla geologia, commettendo un’eresia agli occhi degli scienziati. Tra le 100 previsioni di terremoti che Bendandi ci avrebbe lasciato, almeno 60 riguarderebbero l’Italia. Tra queste ve ne sarebbero almeno due che prevedono due forti terremoti nel Lazio rispettivamente l’11 maggio del 2011 e un altro ancora più devastante il 5/6 aprile del 2012 in concomitanza con altri eventi sismici che sconvolgerebbero in quel periodo l’intero pianeta tanto che in molti associano la previsione di Bendandi alla profezia dei maya secondo cui la fine del mondo si verificherebbe il 21 dicembre del 2012. Tralasciando l’aspetto profetico, sta di fatto che negli ultimi trent’anni anche degli studiosi americani hanno elaborato una teoria per prevedere i terremoti in base agli influssi planetari sulla terra a conferma che Bendandi non era un visionario ma uno scienziato vero il cui unico torto fu quello di essere un falegname autodidatta sottostimato dai baroni della scienza.Quanti hanno letto
IL MULINO DI AMLETO di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend o
IMPRONTE DEGLI DEI e
CIVILTA’ SOMMERSE dello studioso inglese Graham Hancoock conoscono la teoria scientifica secondo cui, periodicamente, esattamente ogni 13 mila anni, a causa della
precessione degli equinozi che determina uno squilibrio tra l’orizzonte terrestre e quello astronomico, avverrebbe un’inversione dei poli con conseguenti cataclismi epocali dove tutto ciò che geograficamente era al nord si sposterebbe al sud e viceversa. In rapporto a questa teoria
il mitico continente di Atlantide non si sarebbe inabissato ma “semplicemente” sarebbe l’attuale Antartide!Sembra che applicando la sua teoria a circa 20 mila terremoti avvenuti in passato per verificarne l’attendibilità, Bendandi calcolò che nel 10420 a.c. si verificò un evento catastrofico di dimensioni inimmaginabili tale da determinare l’inversione dei poli e probabilmente la distruzione di Atlantide dovuto all’insolita convergenza sulla terra dell’influsso di più pianeti la quale avviene ciclicamente ogni 13mila anni per cui la prossima si ripresenterebbe poco dopo il 2500. Fantasie? Non proprio visto che finanche la stessa scienza ufficiale ammette la possibilità che nel corso dei millenni periodicamente possono manifestarsi eventi simili in rapporto alla precessione degli equinozi...Ritornando al discorso iniziale, ossia alla possibilità di poter prevedere i terremoti, la smentita categorica da parte degli scienziati su questa eventualità lascia interdetti. Non fosse altro perché sia le teorie di Bendandi, sia quelle più recenti, ma non nuove, di Giuliani sul gas randon vengono messe al bando a prescindere, senza essere prima verificate come si conviene. È come se un medico desse per scontato che una malattia non potrà mai curarsi, trascurando il valore essenziale della ricerca per migliorare il tenore di vita e la salute dell’umanità. Alimentando il dubbio che, anziché non potersi prevedere, i terremoti non li si vogliano prevedere. E se così fosse, perché?...E' evidente che a ogni distruzione consegue una ricostruzione che mette in moto una marea di soldi e di interessi privati a scapito della comunità ferita: terremoti dell’Irpinia e de L’Aquila docet!