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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
Messaggi di Novembre 2017
Era il 10 gennaio 2013 quando Silvio Berlusconi partecipò a Servizio Pubblico di Michele Santoro; una trasmissione interamente dedicata alla sua persona dall'eloquente titolo MI CONSENTA. Per Santoro e LA SETTE, emittente che trasmetteva il programma, fu un successo senza precedenti: oltre 8 milioni e 600mila spettatori con un share del 33,58%. In quell'occasione seppure la presenza in studio di Marco Travaglio, nemico giurato dell'allora cavaliere, facesse presagire a chissà quale "duello" avremmo assistito, suscitò non poche perplessità in chi scrive l'atteggiamento contenuto dell'attuale direttore de Il Fatto Qutodiano tanto da alimentare il dubbio che forse le domande erano state preventivate con l'ufficio stampa dell'allora cavaliere. Quel dubbio durò un attimo: "mai", mi dissi, "un giornalista d'assalto quale Travaglio si lascerebbe mettere il freno pur di non offendere l'ospite". Purtroppo mi sbagliavo. A confermarlo fu lo stesso Santoro quando, replicando alla letterina letta da Berlusconi in cui elencava i dieci processi per diffamazione subiti da Travaglio, definendolo "diffamatore di professione", sbottò "gli accordi prevedevano di non parlare dei processi". Questo excursus temporale nel passato di quasi cinque anni era necessario per riallacciarci al presente. Precisamente all'eco che sta suscitando su alcuni giornali, in particolare Il Fatto Quotidiano diretto da Travaglio, l'intervista di Berlusconi domenica sera a Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio. Intervista da molti considerata una sorta di monologo concordato tra gli autori del programma e Berlusconi. Tra le principali critiche a Fazio per le tante omissioni nella sua pseudo intervista primeggia il non aver posto alcuna domanda a Berlusconi sui processi in cui è imputato, né sulle indagine in cui è indagato come probabile mandante insieme a Dell'Utri delle stragi di mafia del 92/93. Se perfino Michele Santoro dovette scendere a patti con lo staff del cavaliere prima di intervistarlo, non si comprende perché non dovesse farlo Fazio il quale, bisogna dirlo per onestà intellettuale, cerca di mettere a proprio agio tutti gli ospiti, Di Maio incluso, evitando loro alcun motivo di imbarazzo non ponendo domande fastidiose. La trasmissione di Fazio non mi piace, la trovo noiosa, ripetitiva. Ma vista la polemica montata dall'intervista a Berlusconi, contravvenendo ai miei propositi iniziali di non vederla, ho guardata la puntata incriminata su RAI REPLAY per vedere se fossero giustificati i motivi di tanta indignazione. Tralasciando i gusti personali, credo che si stia troppo enfatizzando un evento che, molto probabilmente, in qualunque altro paese sarebbe passato in sordina. Oddio, è altrettanto vero che difficilmente in un qualunque altro paese democratico sarebbe stato concesso di fare politica a un pregiudicato, pluri-inquisito, pluri-indagato, pluri-prescritto per reati che vanno dalla frode fiscale, al concorso esterno per associazione mafiosa, alla compravendita di parlamentari, alla corruzione in atti giudiziari, decaduto dallo scranno senatoriale perché una legge dello Stato votata anche dal so stesso partito, inibisce dalle pubbliche funzioni chi è stato condannato a più di quattro anni in definitiva, Legge Severino. Poiché lo stesso leader del centrosinistra, Matteo Renzi, malgrado i trascorsi giudiziari di Berlusconi , si è dimostrato pronto a farvi accordi politici, Patto del Nazareno; senza contare che Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, alla domanda "chi voterebbe tra Berlusconi e Di Maio", rispose senza esitazioni, "Berlusconi", non si comprende perché tanti problemi se li sarebbe dovuti porre Fazio che fa spettacolo. È vero che quando andò da Santoro Berlusconi non era ancora stato condannato in definitiva per frode fiscale e quindi non era decaduto da Senatore. Ma comunque già all'epoca vantava un curriculum giudiziario di tutto rispetto tra rinvii a giudizio, prescrizioni e condanne in primo grado da cui Travaglio aveva attinto per i suoi tanti libri scritti sul cavaliere e le sua "oscura" fortuna finanziaria. Se nei confronti di Berlusconi Santoro fu alquanto indulgente, con il sostegno forzato di Travaglio, tanto da meritarsi le critiche del centrosinistra che lo accusava di aver dato spazio al cavaliere favorendone la "resurrezione" politica e il rilancio del centrodestra, non si capisce proprio perché non dovesse esserlo Fazio, il quale dà l'impressione d'essere indulgente per natura. Che poi il suo programma piaccia oppure no, è questione di gusti! |
Post n°1857 pubblicato il 23 Novembre 2017 da kayfakayfa
Com'era prevedibile, all'indomani dell'inatteso (?) endorsement di Eugenio Scalfari a favore di Silvio Berlusconi rispetto a Luigi Di Maio a Di Martedì - alla domanda di Floris tra Berlusconi e DI Maio chi voterebbe, il venerando giornalista senza dubbi ha risposto secco "Berlusconi", mandando all'aria in un solo colpo l'antiberlusconismo di Repubblica e facendo carta straccia delle inchieste su il caimano e delle famose 10 domande a Berlusconi del fu D'Avanzo sulla vicenda Noemi Letizia - , il mondo politico di centrosinistra, con annessi e connessi, è in comprensibile imbarazzo. Ascoltare dalla voce autoritaria del fondatore di Repubblica un'apertura di credito di tali proporzioni nei confronti di un pregiudicato per frode fiscale, in virtù di ciò decaduto dagli incarichi istituzionali, tuttora sotto inchiesta come presunto mandante delle stragi di mafia del 1993, sotto processo per faccende legate alla sua passione per le belle ragazze, ma minorenni, attaccato da quello stesso quotidiano e dal suo fondatore per l'abnorme conflitto di interessi che lo caratterizzava, e tuttora lo caratterizza, deve essere stato peggio che ricevere un cazzotto nello stomaco per quanti lavorano o collaborano con il quotidiano da lui fondato, a cominciare dal direttore Mario Calabresi. Ma anche per chi lo legge con la convinzione di avere tra le mani un quotidiano indipendente che fa le pulci al potere così come dovrebbe fare qualsiasi quotidiano si rispetti. Tuttavia commette una grossa ingenuità chi si sia stupito dell'apertura di Scalfari nei confronti di Berlusconi, da lui considerato il peggiore dei mali rispetto a Di Maio del M5S. Ci si dimentica infatti che alcune settimane fa MICROMEGA pubblicò uno scoop giornalistico che in qualsiasi altro paese avrebbe suscitato un clamore senza precedenti mentre da noi s'è praticamente volatilizzato in sordina: la rivista diretta da Paolo Floris D'Arcais pubblicò alcune lettere scritte da Italo Calvino all'amico Scalfari all'epoca del fascismo, quando entrambi era poco più che diciottenni, accusandolo di non avere alcun ritegno di scrivere su giornali di chiara matrice fascista, sostenendone i principi, pur di arrivare come giornalista. Da quando questo scoop fu pubblicato è trascorso oltre un mese, periodo nel quale Scalfari ha partecipato a più di una trasmissione televisiva come ospite ma nessuno dei conduttori né dei presenti in studio gli ha chiesto spiegazioni in merito alle lettere di Calvino. Da chi non si sarebbe fatto scrupoli di sostenere l'ideale fascista pur di appagare la propria ambizione professionale, per poi successivamente rinnegarlo fondando prima un settimanale, L'Espresso, quindi un quotidiano, Repubblica, che avrebbero dovuto fare le pulci al potere a salvaguardia della democrazia , stupirsi per il suo sostegno a Berlusconi francamente sa di ipocrisia, premesso che non sia sana ingenuità. Ultima considerazione: se i quotidiani sono in crisi di vendita la colpa non sarebbe solo di internet su cui le notizie viaggiano in tempo reale rispetto ai formati cartacei , seppure gli stessi giornali hanno una versione online che si aggiorna in tempo reale. È presumibile che un buon numero di lettori non abbia abbandonato la lettura dei quotidiani per mere questioni economiche - meglio informarsi a costo zero in rete pur rischiando restare vittime delle fake news che spendere almeno 1,50 euro al giorno. È probabile che molti lettori abbiano abbandonato le versioni cartacee perché hanno avuto la pessima sensazione che spesso i giornali e i loro fondatori agiscono come i preti, "fa quello che dico io e non fare quello che faccio io"! |
All'epoca in cui scrissi L'ultima Notte non avevo ancora compiuto 18 anni. Come tutti i ragazzi della mia età anch'io, tra le mie fantasie erotiche, nutrivo quella di vivere una storia d'amore con una bella donna molto più grande di me che mi iniziasse ai segreti del sesso. Fu così che, solleticato da questa idea trasgressiva, battei a macchina un racconto di nove cartelle che, insieme a molti altri, per oltre dieci anni decantò in una cartellina nel cassetto della scrivania. |
Post n°1855 pubblicato il 20 Novembre 2017 da kayfakayfa
Sbaglia chi pensasse che con la morte di Riina la mafia non esiste più, o quanto meno è in agonia. Secondo il dizionario online Treccani il vocabolo Mafia è un sostantivo femminile "con cui si designa il complesso di piccole associazioni criminose (dette cosche), segrete, a carattere iniziatico, rette dalla legge dell'omertà e regolate da complessi riti che richiamano quelle delle compagnie d'arme dei signori feudali, delle ronde delle corporazioni artigiane, ecc., sviluppatesi in Sicilia (spec. Occidentale) nel sec. 19°, soprattutto dopo la caduta del regno borbonico [...]". Con il passare del tempo il termine mafia è stato esteso ad indicare una qualsiasi organizzazione criminale strutturata sul cosiddetto metodo mafioso di cui sopra. Di conseguenza è evidente che la morte di Riina non sancisce affatto quella della mafia. Essa è la scomparsa di uno dei più potenti capi dell'organizzazione criminale denominata cosa nostra. Per cui, come avviene in una qualsiasi organizzazione, criminale e non, nel momento in cui si crea un vuoto in uno dei posti di comando, esso verrà occupato da un degno successore scelto dai rappresentanti alla guida della stessa. Nel caso di cosa nostra, a scegliere il successore di Riina saranno i membri della "cupola". È normale che la scomparsa di Riina faccia scalpore: stiamo parlando di colui che era denominato "capo dei capi", occupando il trono di una tra le più potenti associazioni criminali mondiali; colui che ordinò le stragi di Capaci e di Via Amelio in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino con le rispettive scorte; che diede il via alla stagioni delle stragi di mafia in Italia tra il 1992 e il 1993; che ordinò l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, e che il corpo fosse sciolto nell'acido. Solo per citare gli episodi più eclatanti della vita criminale di Riina. La sua morte ha lasciato un vuoto che quanto prima verrà occupato verosimilmente dal boss super latitante Matteo Messina Denaro. La mafia è un'organizzazione. Riina ne era il capo. Morto un papa, se ne fa un altro. |
Sarei un ipocrita se dicessi che mi ha fatto piacere l’eliminazione della nazionale di calcio dai mondiali del 2018. Seppure fossi convinto, come tanti altri milioni di italiani, dell’inadeguatezza di Ventura nel ruolo di Ct – come allenatore non ha un palmares particolarmente brillante che ne giustificasse la scelta da parte dei vertici federali – confidavo che avrebbe almeno selezionato i giocatori tenendo conto delle indicazioni del campionato, convocando in nazionale i giocatori più in forma del momento. Purtroppo così non è stato, come ha confermato l’ira di De Rossi lunedì sera in panchina contro la Svezia quando, al collaboratore di Ventura che gli chiedeva di riscaldarsi per entrare in campo a metà della ripresa contro la Svezia, rispose “Ma che cazzo entro a fare?... Dovemo vincere non pareggià". Ecco, credo che quest’episodio sintetizzi il motivo per cui da lunedì il paese è nello sconforto. All’indomani degli europei 2016 - dove l’Italia di Conte si fermò ai quarti battuta dalla Germania ai rigori; ma dopo aver sconfitto agli ottavi per 2 a 0 i campioni uscenti della Spagna, praticando un calcio brillante e efficace - per motivi economici si decise di affidare la guida dell’Italia calcistica a un allenatore che non avesse né il carisma né il palmares di Conte. Ma che, proprio in virtù di tali limiti, si poteva ingaggiare a basso costo rispetto al predecessore, (Conte percepiva 1,6 milioni netti all’anno, Ventura “solo” 1,3 milioni all’anno senza bonus se si fosse qualificato per Russia 2018). Non avendo però Ventura la forte personalità di Conte, sui giocatori, in particolare sui cosiddetti senatori, sembra che il Ct non abbia mai esercitato un influsso imperativo come si conviene a chi comanda. Se a ciò aggiungiamo le sue continue variazioni di schema di gioco nelle partite, amichevoli e ufficiali, giocate dalla sua nazionale, seppure risulta essere il primo Ct per media punti nelle qualificazioni mondiali, è altrettanto vero che la sua nazionale non ha mai divertito. Addirittura ha sofferto contro avversari modesti quali si presumeva fossero Albania, Israele, Macedonia, Liechtenstein e Svezia. È vero, come affermava Ventura subito dopo la fine della fase a gironi in cui l’Italia s’era classificata seconda andando allo spareggio con la Svezia, che il secondo posto dietro la Spagna era nei programmi essendo gli iberici in questo momento superiori a noi. Ma la sconfitta di Madrid per 3 a 0, nella partita decisiva per l’assegnazione del primo posto nel girone e per la qualificazione diretta ai mondiali, delineò un quadro critico in fase di gioco e una pochezza di idee, già manifestatesi nelle precedenti sfide contro avversari di cui avremmo dovuto fare macelli e che invece soffrimmo più del dovuto, che immaginarsi di andare in Spagna e giocarsela alla pari con i padroni di casa fu un azzardo se non presunzione. Dopo la debacle spagnola, tali limiti si manifestarono ulteriormente giocando con Israele e Albania contro cui vincemmo, ma stentando, per 1 a 0. Quindi con la Macedonia con cui pareggiammo 1 a 1, per giunta in casa. L’eliminazione nel doppio pareggio contro la Svezia – 0 a 1 a Stoccolma, autogol di De Rossi; 0 a 0 a Milano – ha evidenziato tutti i limiti della squadra di Ventura e dunque quelli mentali, ovviamente in termini calcistici, del mister. La convocazione di Jorginho per lo spareggio di Milano con la Svezia, ultima spiaggia per staccare il biglietto a Russia 2018, dopo averlo “snobbato” per ben due anni, malgrado l’ottimo rendimento del giocatore nel Napoli dimostrasse che era uno dei centrocampisti italiani più forti, sa non solo di beffa per il giocatore che, in possesso del doppio passaporto italiano e brasiliano, avrebbe anche potuto accettare la convocazione nella nazionale verde-oro e partecipare ai mondiali, ma ha il sapore di un disperato mea culpa da parte di Ventura per non averlo convocato prima. La mancata qualificazione al mondiale non rappresenta solo una mortificazione a livello d’immagine per il calcio italiano e per il paese intero. Secondo uno stima, l’estromissione dal mondiale costerà complessivamente al paese circa 100 milioni di euro. Visto l’ammontare, forse non esagera chi la definisce “dramma sociale”, vedi Buffon subito dopo il pareggio di Milano con la Svezia. Tuttavia con i tanti problemi che affliggono il paese, a partire dalla disoccupazione, giovanile e non, pensare che occorre la nazionale di calcio per risollevare, seppure per un attimo, gli animi depressi di una nazione perennemente sull’orlo del fallimento, sta a significare che il paese è già caduto nel baratro da diverso tempo. O comunque che noi italiani manchiamo di senso della misura. Non a caso Churchill affermò: “Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. A proposito di questa dichiarazione poco lusinguiera dell’illustre statista inglese, potremmo dedurre che l’eliminazione dell’Italia non avrà certo fatto piacere alla politica, almeno a quella che è in malafede, in quanto, non potendo più confidare sul fatto che l’attenzione dell’opinione pubblica nei prossimi mesi sarà distratta dalla partecipazione della nazionale ai mondiali, sa che ora i cittadini guarderanno a lei con particolare attenzione. Soprattutto in vista delle elezioni. E, in perfetta sintonia con i comportamenti dei politici italiani quando vengono accusati d’essere responsabili di un problema che affligge il paese, il Presidente della FIGC Tavecchio ha esonerato Ventura ma non si è dimesso. Dando così ad intendere che il problema fosse esclusivamente l'allenatore e non anche chi lo mise in panchina, ossia egli stesso. Dispiace che l’Italia non vada ai mondiali. Ma se ciò può servire a far sì che l’attenzione dei cittadini si concentri finalmente più sulle gesta di chi ha il compito di risolvere i problemi del paese anziché crearli, e non su quelle di chi scalcia per 90 minuti un pallone nel tentativo di infilarlo nella rete avversaria, che questa sconfitta sia la benvenuta. Non tutto il male vien per nuocere! |
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