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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Febbraio 2019

POZZUOLI, UN INIZIO MARZO CARICO DI EVENTI CULTURALI

Post n°1976 pubblicato il 28 Febbraio 2019 da kayfakayfa
 

 

 

Sarà un inizio marzo all'insegna della cultura e dello spettacolo quello che si prospetta a Pozzuoli per il prossimo fine settimana.

Si incomincia sabato 2 marzo alle ore 17 all'Art Garage - Viale Bognar, 21 nei pressi della metropolitana - con l'inaugurazione della mostra fotografica "Viaggio a Tecla e Moriana" di Lorenzo Leone. L'evento è il secondo appuntamento della rassegna fotografica a scadenza bisettimanale curata da Gianni Biccari. Apertura: lunedì-venerdì dalle 10 alle 22; sabato dalle 10 alle 20; domenica chiuso. Ingresso libero.

Quello stesso giorno alle ore 21 presso 'A PUTECA 'E LL'ARTE - Via Traversa Provinciale Pianura, 16/Pozzuoli (direzione Pozzuoli-Pianura di Fronte BA.CO.GAS) - si terrà il concerto del cantautore Nicola Dragotto, "DIVAGAZIONI (tu chiamale se vuoi)". Costo del biglietto 10 euro.

Domenica 3 marzo per commemorare il 49° anniversario dello sgombero del Rione Terra, a partire dalle ore 10,30 un gruppo di ex abitanti della rocca si ritroveranno nel piazzale d'ingresso del Rione per raccontare episodi di vita vissuta fino al giorno dello sgombero nell'attesa si facciano le 12, ora in cui ebbe inizio l'evacuazione, per chiudere il raduno con una sorpresa commemorativa. Ingresso libero, partecipazione aperta a tutti.

La tre giorni culturale si concluderà lunedì 4 marzo al cinema Sofia: per ricordare il sesto anniversario dell'incendio di Città della Scienza che cade proprio quel giorno, alle ore 20,30 si proietterà il docufilm VOCE 'E SIRENA del regista Sandro Dioniso con Cristina Donadio, Rosaria De Cicco e Agostino Chiummariello. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

Non c'è che l'imbarazzo della scelta.

Buon divertimento!

 
 
 

SCAFFALE: “LE MIE RAGAZZE-RAGAZZE ROM SCRIVONO”, DI VINCENZO GIARRITIELLO

Post n°1975 pubblicato il 25 Febbraio 2019 da kayfakayfa
 

 

(Nella foto in alto l'autore con il dottor Gianluca Guida, Direttore dell'IPM di Nisida)

Di seguito la versione integrale della recensione a LE MIE RAGAZZE - RAGAZZE ROM SCRIVONO pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it

Sono passati quasi tredici anni da quando lo scrittore Enzo Giarritiello coordinò un laboratorio di scrittura creativa presso la sezione femminile del carcere minorile di Nisida. "La più tosta ma anche la più bella delle esperienze di laboratorio con i ragazzi",  ci tiene a precisare.  Quest'ultima rientra tra le attività creative che l'autore ha tenuto a Pozzuoli (per anni ha coordinato un laboratorio di scrittura creativa presso la libreria per ragazzi "CionCionBlu" e uno di nove settimane presso il IV Circolo di Pozzuoli con due quinte accorpate).

L'esperienza nel carcere di Nisida, raccolta in un diario che all'epoca aggiornava regolarmente quando rientrava dagli incontri, non si era mai pensato di pubblicarla per non disattendere l'impegno assunto con chi gli aveva concesso quella possibilità. Gli incontri avvenivano ogni sabato tra fine giugno e fine luglio del 2006.

Allora allo scrittore fu suggerito di realizzare un libro sulla sua esperienza con l'intento di fornire un ulteriore strumento di supporto per chi lavora con realtà sociali disagiate.
A distanza di tanto tempo, rileggendo il diario, resosi conto che non violava la privacy delle ragazze né di altri, lo scrittore ha deciso di darlo alle stampe con il self publishing di Amazon.

Il volume è composto di otto capitoli, ognuno con un titolo indicativo sull'argomento, ne segnaliamo tre: "L'AMORE NON VINCE TUTTO", il terzo capitolo, racconta il punto di vista sull'amore delle ragazze. Nel settimo capitolo, LA RABBIA DI UNA FIGLIA, si argomenta la divertente insistenza delle ragazze quando appresero che era padre di due maschi. A loro dire, "si doveva dare da fare" per mettere al mondo una femmina: "Solo se ti incazzi anche con una figlia puoi dire d'essere un vero padre. Le incazzature con i figli maschi non ti danno nulla di nuovo essendo tu maschio e avendo quindi vissuto le loro stesse problematiche da piccolo. Solo se avrai confronto con una femmina potrai comprendere cosa vuol dire essere veramente padre e sentirti un uomo completo. Finché non lo farai sarai un uomo a metà in quanto conoscerai solo una faccia della medaglia, l'altra ti sarà ignota!".

Una menzione a parte merita il sesto capitolo, "INCUBO", dove Giarritiello raccoglie la testimonianza di una delle secondine: la donna riferisce le proprie esperienze precedenti in vari penitenziari femminili, raccontando con le lacrime agli occhi degli orrendi crimini di cui si macchiavano alcune detenute.

Il volume, scritto in modo fluido e scorrevole, si legge velocemente riuscendo a dare uno spaccato femminile su un universo poco affrontato, quello rom. L'etnia, oggetto da sempre di una visione stereotipata in termini negativi, racchiude un retaggio culturale profondo e articolato che meriterebbe d'essere approfondito per capire le tante dinamiche, anche contraddittorie, che la caratterizzano.

Il Libro è disponibile su Amazon

La Redazione

 

 

 
 
 

POZZUOLI: ALL’ART GARAGE “ZEITGEIST”, LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI MARCO IANNACCONE/SCARLET LOVEJOY

Post n°1974 pubblicato il 25 Febbraio 2019 da kayfakayfa
 

 

Sabato 16 febbraio all'Art Garage - Parco Bognar 21, Pozzuoli -, s'è inaugurata la mostra fotografica "ZEITGEIST" di Marco Iannaccone/ScarletLovejoy. L'esposizione durerà fino al 1 marzo. Abbiamo colto l'occasione per fare qualche domanda al maestro.

Zeitgeist cosa rappresenta?

Zeitgeist significa "spirito del tempo". Attualmente si parla molto di una possibile eruzione del Vesuvio. Visitando gli scavi di Pompei ho visto i calchi di coloro che morirono durante l'eruzione che la distrusse. A loro modo sono una rappresentazione dello spirito del tempo in quanto possono essere considerati alla stregua di fotografie: la fotografia congela il tempo, i calchi hanno congelato un periodo storico. La stessa cosa voglio fare con zeitgeist rappresentando l'attualità.

In pratica, se non ho frainteso, ti sei immaginato un'attuale eruzione del Vesuvio, rielaborando le foto in modo da farle apparire come una sorta di calchi di coloro che furono uccisi dal terremoto immortalandoli nel loro ultimo gesto esistenziale come è avvenuto a Pompei con i calchi...

Sì, lo spirito del tempo del 2019!

Oltre a zeitgeist quali altri progetti hai realizzato?

Ne ho realizzato tanti di svariate tipologie, perfino quello in cui il soggetto era un condominio raccontandone le infinite storie che vi si articolano nel suo interno in quanto un condominio a modo suo è un universo. In sintesi mi piace ritrarre il sociale ricostruito a modo mio, non mi piace il reportage. Le storie si possono raccontare anche in maniera costruita.

Il fotografo è un testimone del nostro tempo, prediligi soffermarti su un soggetto particolare o spazi ad ampio raggio?

Cerco di rappresentare il sociale in tutte le sue sfumature: ho affrontato il femminicidio, un progetto che tenni in stand by per due/tre anni; mi sono interessato del fenomeno del nuovo fascismo di cui oggi si parla con insistenza, seppure è un argomento che non mi piace.

Quando fotografi ti identifichi nel soggetto che stai ritraendo o te ne distacchi?

In parte non mi distacco, partecipo a ciò che sto rappresentando sia da un punto di vista compositivo sia emotivo perché se ho deciso di ritrarlo significa che mi emoziona: fotografare è eternare un'emozione.

Napoli è una città con tante sfumature sociali per cui a un artista potenzialmente offre miriadi di soggetti: vivere a Napoli artisticamente ti ha favorito?

No. Per un periodo della mia vita ho vissuto a Milano e ho fatto progetti anche lì. Milano e Napoli, essendo delle metropoli, hanno le stesse problematiche. Tuttavia riconosco che a Milano difficilmente avrei potuto ritrarre una donna con il paniere come invece ho fatto a Napoli. Certe immagini giocose le può offrire solo Napoli.

Tra poco assisteremo a una sorta di spettacolo denominato Tarallucci e Vino di cui sei il protagonista, di cosa si tratta?

Durante le inaugurazioni delle mostre si è soliti offrire un buffet. Bene, la mia è una critica al fatto che molto spesso le persone vengono alle inaugurazioni solo per approfittare del buffet, mangiando e bevendo a scrocco; oppure per intessere public relations al fine di crearsi dei contatti da sfruttare in seguito per proprio uso personale, fregandosene dell'artista e delle sue opere. In questo breve spettacolo verrò rappresentato come una statua fatti di palloncini che contengono del vino a cui piedi ci sono piattini con taralli: delle persone verranno verso di me per prendere un tarallo e faranno scoppiare i palloncini per bere il vino contenuto distruggendo la statua di cui sono parte integrante. In questo modo voglio affermare che quando il pubblico va alle mostre solo per mangiare e bere distrugge l'arte: la gente non si rende minimamente conto di quanto lavoro c'è dietro la creazione artistica e all'allestimento di una mostra. Personalmente ho la sensazione che a Napoli, ma mi sento di dire in Italia in generale, molte persone non hanno rispetto per l'arte.

Perché la gente non avrebbe rispetto per l'arte?

E' un problema di educazione e anche perché oggi l'attenzione delle persone è distolta da molti oggetti di distrazione di massa. Non a caso tra i soggetti che ho ritratto ce ne è uno che si fa un selfie mentre il Vesuvio sta eruttando non avvedendosi del rischio che corre.

Progetti per il futuro?

Dopo Pozzuoli, scelta come luogo d'anteprima, da luglio ad agosto porterò Zeitgeist al PAN a Napoli e sempre al Pan riproporrò un progetto dal titolo Ritrovarsi che ho già esposto a ottobre scorso.

 

Vincenzo Giarritiello

 
 
 

ALDO CHERILLO RACCONTA IL LAGO DI AGNANO

Post n°1973 pubblicato il 25 Febbraio 2019 da kayfakayfa
 

Pozzuoli.

Forse non tutti sanno che un tempo all’interno della conca d’Agnano esisteva un lago, probabilmente formatosi nel X secolo, sulle cui sponde oltre alla pesca e alla caccia si praticava la coltivazione della canapa tessile: una volta raccolta e caricata sui carri, la fibra veniva trasportato alle fabbriche di Miano lungo una strada impervia che si estendeva da Agnano a via Terracina fino alla Loggetta, risalendo per Via Pigna, scollinando sui Camaldoli e giungendo a destinazione.

La bonifica del lago, ideata per fronteggiare i casi di malaria che d’estate decimavano la popolazione, fu progettata nel 1835 in epoca borbonica ma venne realizzata solo dopo l’avvento dell’unità d’Italia tra il 1865 e 1871. Quando l’invaso fu prosciugato, sul fondale vennero scoperte ben 72 sorgenti d’acqua sorgiva che vanificarono le speranze di chi aveva investito capitali in quel progetto per poter poi lucrare sul terreno bonificato.

Di tutto ciò e altro ancora ha parlato Aldo Cherillo sabato 16 febbraio da Lux In Fabula a Pozzuoli in QUANDO C’ERA IL LAGO DI AGNANO nell’ambito della manifestazione QUATTRO CHIACCHIERE CON L’AUTORE.

Supportato da immagini fotografiche e disegni tratti dal volume IL LAGO DI AGNANO di Libero Campana, storico locale residente sul Pendio di Agnano che del lago conosce vita morte e miracoli, per oltre un’ora Cherillo ha illustrato alla platea con una narrazione semplice e chiara, inframmezzando dotte dissertazioni a simpatici aneddoti, la storia del lago nel corso dei secoli, fino al suo svuotamento mediante la costruzione di un canale sotterraneo lungo un chilometro e mezzo che sbucava a mare, tuttora visibile nei pressi del Dazio a Bagnoli, il cui scavo costò un caro prezzo in termini di vite umane.

Sul lago sorgeva la famosa “grotta del cane” – un ipogeo artificiale, molto probabilmente un sudatorio delle antiche terme greche – oggi interdetta al pubblico, così denominata per via delle esalazioni venefiche di anidride carbonica che vi si diffondevano: essendo l’anidride carbonica più pesante dell’ossigeno, il gas si depositava al suolo per cui qualunque animale vi entrasse e respirasse restava tramortito.

Per fronteggiare la miseria, gli abitanti del luogo accompagnavano i turisti in visita alla grotta recando con sé un cane che facevano entrare nel cunicolo. Non appena l’animale vi accedeva e perdeva i sensi, lo immergevano nel lago perché si riprendesse. Da qui la leggenda che le acque del lago fossero “miracolose”.

Con la passione tipica degli autodidatti, Cherillo ha fatto scoprire ai presenti aspetti dei campi flegrei ignoti che meriterebbero di essere divulgati, magari organizzando visite guidate per non dimenticare che la conca di Agnano è un cratere vulcanico spento da millenni.

La natura vulcanica della zona è testimoniata dalle intense fumarole in località Pisciarelli e dalle gloriose terme di Agnano, un tempo fiore all’occhiello di Napoli, che meriterebbero il giusto rilancio a livello locale e nazionale tornando a fungere da volano turistico per un territorio ricco di risorse ma povero di menti imprenditoriali capaci di sfruttarle al meglio.

 

Vincenzo Giarritiello

 
 
 

VOCE ‘E SIRENA, IL GRIDO DI RABBIA DI SANDRO DIONISIO AL CINEMA SOFIA DI POZZUOLI

Post n°1972 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da kayfakayfa
 

 

Di seguito l'intervista integrale al regista Sandro Dionisio pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it

La sera del 4 marzo 2013 un incendio doloso distrusse quattro dei sei capannoni che componevano Città della Scienza uno dei luoghi simbolo della cultura napoletana. Da quel tragico evento il regista Sandro Dionisio trasse spunto per il suo film VOCE 'E SIRENA che sarà proiettato lunedì 4 marzo al cinema Sofia di Pozzuoli nel sesto anniversario dell'incendio. Per l'occasione lo abbiamo intervistato.

Sandro Voce 'E Sirena è un grido di rabbia contro la distruzione di un luogo simbolo della cultura napoletana o contro la distruzione dell'intera città?

Entrambe le cose. Chiaramente il film nasce come reazione d'impulso all'atto vandalico: come tanti napoletani, anch'io vedendo in televisione le immagini del rogo mi indignai pensando che gli intellettuali napoletani dovevano reagire alla distruzione di quello che era uno dei luoghi di cultura più importanti di Europa. Di conseguenza scrissi di getto un film che raccontasse la protesta della civiltà civile contro quel gesto criminale non limitandomi a documentarlo né a dar vita a un'inchiesta per individuarne i colpevoli e il movente, ma ho cercato di far sì che l'incendio simboleggiasse la rovina della città. Nei secoli Napoli è stata oltraggiata e saccheggiata dalle dominazioni straniere e dai potenti di turno. Sopportare tutto ciò stoicamente va a onore dei napoletani.

Non pensi che paradossalmente ciò potrebbe essere invece inteso come una sorta di ignavia da parte dei cittadini?

No, decisamente. Piuttosto credo sia una forma di incapacità a strutturare la protesta in termini rivoluzionari

Ci vorrebbe un Masaniello...

Questa è proprio la frase che dice Sofia, una delle due protagoniste del film. Io rispondo di no, perché Masaniello non ha mai risolto i problemi di Napoli così come non li ha risolti la Pimentel de Fonseca e tanti altri eroi cittadini. Napoli è sempre stata salvata dalla coesione sociale, dal popolo unito. Secondo me gli eroi non fanno le fortune di un popolo.

Nel film ci sono due figure femminili, Patrizia interpretata da Cristina Donadio, Sofia da Rosaria De Cicco: una rappresenta la borghesia, l'altra il popolo, perché questa dualità?

Napoli è l'unica città europea in cui questi due aspetti sociali convivono in spazi minimi, che addirittura a volte invadono l'uno il campo dell'altro; e poi perché in questo modo il film si è avvalso di una dinamica particolarmente felice grazie alla straordinaria interpretazione delle due attrici cui si associa Agostino Chiummariello: se in un film i personaggi fossero tutti uguali la narrazione sarebbe monotona. Mentre credo che, avendo messo a confronto due anime diverse, sono riuscito a creare momenti di enfasi derivanti dal rogo. Ovviamente nel film ci sono anche aspetti comici perché spesso allegria e dolore camminano a braccetto a testimonianza dell'eterno dualismo esistenziale.

Perché hai scelto di girare un crossover, ovvero un mix tra film e documentario?

Il crossover somiglia a Napoli nel senso che questa contaminazione attiene al racconto che volevo portare alla luce: Napoli è una città contaminata per eccellenza, forse è la prima città multietnica del mondo. Non a caso in città abbiamo una fitta presenza di minoranze etniche che sono storiche. Napoli non è una metropoli lineare per cui bisognava girare il film con un linguaggio che mettesse in luce queste caratteristiche.

Possiamo dire che sei voluto uscire dagli stereotipi?

Diciamo che più che cercare di essere originale ho voluto essere aderente alla realtà. Quando una storia mi chiama - secondo me sono sempre le storie a offrirsi gli autori, non viceversa - e decido di mettermi al suo servizio, mi nascondo dietro di essa; divento invisibile evitando che si percepisca la mia incisività di regista in quanto non amo le regie muscolari il cui fine quasi sempre è quello di mostrare quanto si è bravi. Tutto questo non mi interessa. Per me la regia deve essere strumentale a quello che il film deve raccontare e in questo seguo le tracce di grandi maestri quali De Sica o Zavattini.

Dunque ti rifai al neorealismo...

Seppure il neorealismo è stato un movimento che è durato un breve arco di tempo,deve ritenersi come la vera rivoluzione del cinema mondiale. Personalmente cerco di pormi dietro la macchina da presa come facevano i maestri citati prima, in maniera sobria ponendo attenzione alla storia.

Nel film compaiono anche personaggi della cultura napoletana quali Aldo Masullo, Marino Niola, Enzo Moscato, ossia un mix culturale: perché questa scelta?

Perché volevo e voglio che gli intellettuali napoletani riflettessero e riflettano sul motivo di questa nuova ferita arrecata alla città; che, così come avvenne ai tempi del mio maestro Franco Rosi con Mani Sulla Città, la città esprimesse un pensiero su quanto è accaduto.

Quindi il film è anche una denuncia contro l'inazione degli intellettuali napoletani...

Assolutamente sì! Secondo me gli intellettuali napoletani, pur essendo spesso la punta di diamante dell'intellighenzia europea, hanno il grande difetto di non fare rete, per cui di non servire adeguatamente la città. Io ho messo il mio film al servizio di quest'azione collettiva a mo' di trait d'union. Mi piacerebbe che gli intellettuali napoletani fossero più vicini l'uno all'altro in modo dare esito alle esigenze del popolo.

Da uomo di cultura e amante di Napoli come stai vivendo l'azione che la città sta intraprendendo verso gli immigrati dicendosi pronta ad aprire le porte del porto per farli sbarcare?

Su quest'argomento nel 2011 ho girato il film "Un Consiglio a Dio" dove Vinicio Marchioni interpreta un trovacadaveri che recupera da una spiaggia i corpi degli extracomunitari deceduti a mare durante il naufragio dei barconi della speranza. La mia opinione è che i migranti sono una ricchezza: come faremmo senza le ucraine che fungono da badanti ai nostri anziani e ammalati? Come faremmo senza i cingalesi e i cinesi che hanno portato un indotto economico fortissimo? Non dimentichiamo che al momento gran parte del nostro PIL è affidato ai guadagni delle persone di colore. Ormai è sancito che gli immigrati non sono solo disperati in fuga dalle guerre e dalla carestie ma sono addirittura imprenditori che portano risorse al nostro paese.

Dunque Napoli è obbligata ad aprirgli il proprio porto...

A imporglielo è la sua natura di città multietnica e patria di migliaia di emigrati all'estero!

Quali sono come regista le tue aspettative per il futuro?

Razionalmente mi verrebbe da dire nessuna perché, per quanto mi riguarda, ritengo che questo paese non abbia alcun futuro, soprattutto per i giovani: insegno cinematografia all'Accademia delle Belle arti a Napoli e ti dico che da insegnante sono molto preoccupato per il futuro dei miei ragazzi i quali esprimono bellezza e grande intelligenza. Tuttavia l'uomo di cultura che è in me rifugge da questo cinismo e reagisce esprimendo la propria arte perché fino a quando c'è alito nel corpo bisogna resistere e lottare affinché le cose cambino in meglio!

 

Vincenzo Giarritiello

 
 
 

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