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Cioccolato, piacere e sofferenza


  Il Marchese de Sade (1740 Parigi) è ricordato per avere intrecciato piacere e sofferenza sia nella sua vita sia nelle sue opere. Grande estimatore della cioccolata, il Marchese De Sade sazia frequentemente con la golosa bevanda i personaggi dei suoi racconti, in una complessa interazione tra voluttuosa sensualità e morte crudele (il suo nome è per questo all'origine del termine sadismo). Scrisse frequenti lettere dalla prigione implorando la moglie di spedirgli "biscotti di cioccolato, tavolette, pastiglie, crème au chocolat". Una volta richiese: "una torta glassata... ma voglio che sia di cioccolato e con l'interno nero di cioccolato tanto quanto il sedere del diavolo è nero di fumo. E la glassa dev'essere uguale". Nel romanzo Juliette, ou les prospérités du vice, sia Rose che Madame Brissac cadono vittime della cioccolata avvelenata, e Menski beve una porzione di cioccolata a cui è stata aggiunta, a sua insaputa, della datura (estramonio), uno dei più potenti narcotici conosciuti all'epoca. Nel suo ultimo libro, il notorio Le 120 giornate di Sodoma, si legge: "Alle undici si trasferirono negli alloggi delle signore, dove le otto giovani sultane si presentarono nude, e in quello stato servirono la cioccolata, aiutate e dirette da Marie e Lovison, che sovrintendevano su questo serraglio..." . "Il cioccolato di de Sade - scrive Roland Barthes - finisce per fungere da puro segno di questa duplice economia alimentare...  Il cibo della vittima è sempre abbondante per due motivi libertini: primo, anche queste vittime devono essere ristorate... e ingrassate per fornire al vizio grassi altari con le fossette; secondo, la passione coprofaga esige un cibo abbondante, delicato, morbido... Di qui la funzione del cibo nella città di de Sade: rifocillare, avvelenare, ingrassare, evacuare; tutto programmato in relazione al vizio".by .....eurochocolate.com....