A PIEDI NUDI

Is Animeddas


 In quasi tutti  i paesi  della Sardegna  vige  un evento che viene festeggiato tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre  che  per  certi aspetti ricorda molto  la festa anglosassone  di Halloween.  E’ l’usanza   dei bambini  di andare  ancora di casa in casa a chiedere dolciumi e frutta secca da offrire ai defunti in cambio di preghiere. Questa secolare tradizione  prende nomi diversi a seconda della zona . Per esempio nel sud dell'isola  viene chiamata "is animeddas" o anche “ is panixeddas” ; Su ‘ene ‘e sas ànimas o su Mortu Mortu nel nuorese, su Prugadòriu in Ogliastra, etc… ma  tradizione  e modalità son le stesse . I bambini vestiti da fantasmini  passano  dopo cena  da porta in porta a bussare per chiedere   dolciumi o  frutta a favore delle anime. Le formule utilizzate in Lingua Sarda per chiedere il docetto , a seconda della  zona,  sono: seus benius po is animeddas, - mi das fait po praxeri is animeddas, - seu su mortu mortu,- carki cosa po sas ànimas,..  e altre ancora a seconda del paese e della variante linguistica utilizzata. I dolci tipici del periodo  sono :  is pabassinas; -  ossus de mortu;-  pani de saba;  etc… A questi venivano aggiunti poi altri doni come le melagrane, le castagne e la frutta secca. Un'altra  antichissima  tradizione sarda è quella di  imbandire , la notte del  primo novembre,  la tavola  per  le anime dei propri famigliari defunti.                A tale evento, verso la  fine dell’ottocento , il poeta nuorese  Sebastiano Satta  dedicò una poesia ,  che intitolò appunto: La cena dei morti. 
La cena dei morti.Oh ! Spillatemi il vin di Val di Tortorapieno di sole. Candida ed allegra splenda al mezzo la mensa e molta,  negra elce , bruci nel vasto focolar.E poiché i fior ricordano le vivide aure,cogliete molti fior negli orti,e spargeteli: a salutarmi i mortiverran stanotte e qui vorran cenar. Ecco già giungon,ma non più nel memore cuoreecheggia il rumor dei passi noti:dai sepolcreti gelidi e remoticome ritornan silenziosi a me!Varcan la soglia,e lieti, attorno al candido desco siedono. Oh,  dolce compagnia,Tutta piena è di te, l’anima mia,L’anima in cui sfioriro amor e fé.Quanti anni di silenzio e solitudinemelanconicamente sono voltia te pensando! Invano in altri volti amatiil tuo sorriso il cuor cercò.Or qui rimani!  Brillan,  tra le grigie e brune chiome,  rossi crisantemi;Stanno negli occhi ancora i sogni estremi,i sogni che la morte vi troncò.Mescete, o morti, il vino!Il vin purpureo al cuor vostro ricordi i campi,  e i clivi aurei,  di luce e spighe,e i vecchi ulivi,  azzurrine, al fiammante mezzodì.Ricordi al vostro cuor la coppa agli ospitiporta tra i canti, e l’opere e le provemagnanime, e la patria terra dove ilbel fiore dei vostri anni fiorì.E tu, che solo, e lungi ai figli e al placidotuo tetto, oltre le grandi acque riposi,Tu, padre, che tra i sogni lacrimosidell’infanzia vedemmo a noi sfuggir, arridimi! Svaniron della pallida Infanziai sogni tristi, e della bruna vita l’ombre.Toccando in cuor più d’unaferita, muoviam lieti all’avvenir. E tu, nutrice, a cui cingean le grigie chiomee i casti pensieri una ghirlanda,O mia nutrice, buona e venerandacome una madre, arridimi anche tu.Ed amatemi, o morti.La mia povera casaè gioconda sol per il ritorno vostro,e io solo per voi sento d’attornosquillare i canti della gioventù.Ma già i fiori avvizziscono,  e fiammeggiano smorte, le vampe della luce;  scialba si affacciatra le stelle ultime, l’alba,  e  tornano i morti ai sepolcreti lor.Partono i morti , accennano e mi chiamano:Io li guardo sparir,  con gli occhi in pianto;il mio calice cade a terra,  infranto;essi mi accennan e chiamano ancor.S.Satta