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Libero - Epilogo


 
          Epilogo(ultimissimo episodio di Libero... )Valeriè raccoglieva le sue ultime cose mentre Libero fumava ancora facendo finta di guardare tranquillo la tv. Tra tre ore c’era l’aereo che avrebbe portato lei a Parigi e poi da lì a Versailles, la sua città natale e la città dei suoi. In azienda la crisi internazionale s’era fatta sentire e avevano perso grossi clienti in Italia. Il risultato fu una serie di licenziamenti per gli ultimi arrivati a tempo determinato e un’altra serie di trasferimenti forzati in sud est asiatico. Valeriè aveva preso le sue decisioni: s’era licenziata per non andare a Singapore e sarebbe ritornata in Francia dove già aveva fatto un paio di colloqui con una grossa multinazionale e avrebbe lavorato a Parigi. Libero invece rientrava tra i pochi "fortunati" che sarebbero rimasti in Italia a terminare i progetti rimasti in piedi.Fu così che le cose si misero: i binari delle loro vite diventarono paralleli e non si sarebbero più incontrati, ognuno per la sua strada. Valeriè fu subito chiara e, sincera com’era, disse a Libero che oramai era meglio finirla lì. Le loro vite sarebbero diventate troppo diverse, la distanza avrebbe rovinato tutto e poi non c’era speranza per trovare una soluzione alternativa ed indolore. Da persone mature dovevano guardare in faccia la realtà e, senza farsi del male l’uno con l’altra, dovevano accettare la situazione. La loro storia era durata solo pochi mesi ma erano stati mesi davvero belli ed intesi, vissuti a pieno, senza problemi, senza litigi.Valeriè era una ragazza straordinaria, matura, solida, leale, schietta, solare, onesta e non avrebbe mai voluto far del male a Libero. Lo aveva amato tanto, lo aveva incontrato, riconosciuto e fortemente voluto ma era inutile illudersi: non avevano un futuro insieme, le loro vite erano troppo distanti. Libero l’aveva ascoltata scuotendo di tanto in tanto la testa mentre lei snocciolava le sue ragioni. Non aveva granché da replicare: il discorso filava liscio come l’olio, era razionale, prevedibile e anzi inevitabile. Non c’erano colpe, rimpianti, niente da aggiungere. Libero d’istinto si sarebbe licenziato e sarebbe andato in anche lui in Francia magari anche a fare il cameriere, lo scaricatore di frutta al mercato ortofrutticolo, il lavavetri o qualsiasi altra cosa, le avrebbe giurato e spergiurato che l’amava da morire e che l’avrebbe seguita anche all’inferno.Ma non era più un adolescente e la vita  non era un romanzo. Nella vita non c'è spazio per i lieto fine. Si dicono, si fanno, si pensano tante cose a caldo che non sono bugie, sono vere e sentite in quel momento e poi inevitabilmente cambiano, perché cambiamo anche noi, cambiano le situazioni. I sogni sono sogni, le favole sono favole, la vita un’altra cosa. Arriva il momento di pagare il conto e nessuno ti fa sconti. Ogni felicità ha il suo prezzo di dolore, ogni incontro il suo prezzo di addio, ogni sorriso il suo prezzo di lacrime, ogni vittoria il suo prezzo di sconfitta. Libero allora lasciò sbollire nel silenzio gli ultimi rantoli del suo cuore d’aquilone e lo guardò impigliato nei rami di un albero altissimo, stracciato e malridotto e ormai inutile per il volo. Soffocò le sue parole in bocca e le ringoiò. Sapeva che Valeriè aveva ragione e convenne che sarebbe stato meglio così: senza rancori ognuno con la sua vita, con un bagaglio più carico di tanti bei ricordi. Sarebbero stati forse una bella coppia se la vita non fosse stata così crudele o forse, chi lo sa, sarebbero finiti comunque per lasciarsi per altri motivi.“Libero, è arrivato il momento”Si sollevò dalla poltrona e si fermò a mezzo metro da lei.“Allora sicuro che non vuoi accompagnarmi?”“No… meglio di no, scusami, ma gli addii li ho sempre odiati”, e abbassò le testa, le mani in tasca, guardandosi le punte dei mocassini nuovi che muoveva nervosamente.Valeriè si avvicinò mentre lui rimase immobile, lasciò la valigia.“Allora ci salutiamo?”“Buona fortuna Vale e buon viaggio”, la guardò con un sorriso goffo.Poi tolse le mani dalle tasche, la strinse e la baciò. In pochi istanti gli passarono nella testa come fulmini migliaia di immagini, di voci, di sapori, di odori, di parole, di gesti. Ogni fulmine uno squarcio nel cuore. Le sue labbra sulle sue, le labbra più belle del mondo, più carnose, più morbide, la prova evidente che qualcosa di divino doveva pur esserci perché mai artista tanto bravo avrebbe potuto foggiare una tale perfezione. Roba da rimanerci secchi insomma, da sindrome di Stendhal. Mai Libero fu tanto sicuro di una cosa: quelle labbra non le avrebbe mai dimenticate, mai.Valeriè dolcemente lo discostò da sé, lo guardò negli occhi con quegli occhi da cerbiatta.“Non mi fare quelle facce, non sono mica morta” e schiuse quei due boccioli di rosa per aprirsi in un sorriso.“Tu sei un persona speciale e sono stata troppo bene con te. Tu sai amare Libero...”Liberò rimise le mani in tasca e riprese a guardarsi le punte dei mocassini riuscendo solo a mala pena a dire grazie.“Libero, ci sentiamo e magari ti vengo a trovare quando ho tempo o vieni tu da me in Francia. Non ci sono problemi. E’ andata così ma non posiamo dimenticare il bene che ci vogliamo e la stima reciproca. Mi mancherai, scemo, mi mancherai tanto!”Libero la riabbracciò un secondo e poi s’allontanò.“Vai Vale…se no fai tardi… avvisami quando arrivi a casa… che giornata di merda Vale! Ti voglio troppo bene.. vai… vai ho detto!”“Ciao Libero… ti chiamo…”La porta si richiuse con il suo tonfo definitivo, Libero si girò e finalmente poté scoppiare in lacrime e, mentre piangeva e parlava da solo, pensò alla frase di Houllebecq che aveva sottolineato tempo addietro: “la vita comunque la vivi, finirà per spezzarti il cuore”.FINE