palabras andantes
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I fari delle nostre moto bucavano la notte piovosa, per strada c'eravamo solo noi due, in quel giorno di novembre, noi due e la nostra voglia di andare, riflessi di luce sull' asfalto bagnato e le poche auto che incrociavamo ci abbagliavano con i loro fari.
Eravamo felici e sorridenti, eravamo due grandi amici, ci conoscevamo da tempo ma il nostro legame diventò più forte quando comperai la mia prima moto, da allora ogni occasione era buona per un giro, lungo o breve non importava, l'importante era che fossimo insieme, lui con i suoi baffi da vichingo, i suoi capelli lunghi, rossi come il fuoco che gli ardeva dentro, la sua risata sincera.. noi e la nostra voglia di vivere.
Pioveva a dirotto e ogni tanto ci fermavamo in un bar lasciando per terra una scia d'acqua che cadeva dalle nostre antipioggia, una birra e qualche battuta, la gente ci guardava in modo strano, ci prendeva per pazzi con quel tempo, in moto, i visi bagnati con l'eterno sorriso dell'incoscienza stampato.
Per noi non serviva una meta, ci bastava il caldo pulsare del motore sincronizzato ai battiti del cuore, la via non aveva segreti per noi, un pò pazzi lo eravamo come quella volta che entrammo in quel locale con le nostre moto, girando in una folle gimcana tra i tavolini per parcheggiarle al centro del bar, vicino alla cassa, ridevano tutti, Nino, il padrone per primo che ci offrì la nostra prima birra della serata.
Un giorno, per uno stupido motivo litigammo, per due mesi non ci parlammo, per due mesi ci rincorremmo nei soliti posti, senza mai incontrarci, poi un giorno mi decisi, misi da parte l'orgoglio e andai da lui, ci abbracciammo e davanti a una lattina di birra i nostri racconti, le nostre scuse, eravamo due stupidi più amici di prima. E come pioveva.
Così di nuovo in sella insieme, le nostre due moto vicine, la nostra follia su quelle strade a noi note.
Era il compagno di strada ideale, le nostre storie erano simili, la nostra passione era unica, non ci serviva parlare, bastava uno sguardo per capire che era il momento di andare, di ascoltare il canto dei nostri pensieri che si accompagnava alla musica dei motori.
Poi c'erano le nostre feste, lui si era costruito un forno a legna nel mezzo del suo giardino, che non era un giardino ma un piccolo cortile e subito il bosco, e li facevamo casino con altri nostri amici, e la festa continuava anche quando era finita, non c'importava di essere rimasti solo noi due in sella non eravamo mai soli.
Un giorno arrivai da lui, era tutto felice, mi fece vedere un gioiello, un vecchio motocarro, di quelli degli anni '50, lo stava aggiustando, avreste dovuto vederlo in viso, gli occhi che sembravano due diamanti, brillavano, ma ancora di più il giorno che facendo leva sulla pedivella si sentì il motore, un boato, un urlo di gioia, la vecchia gloria rinata. E rideva felice il giorno che andammo a un motoraduno, lui chiuso in quella cabina, dove quasi non si poteva sentire neppure la voce del proprio pensiero.
Aveva messo una bandiera con un volto di un indiano nel cassone, dovevo spesso fermarmi ad aspettarlo, quel piccolo bisonte andava lento, ma una volta arrivati cominciò le evoluzioni, sul prato e sulla terra bagnata lasciava le tracce del suo passaggio, non ci pensai allora ma ci penso oggi: quelle tracce sono il nostro percorso, oggi ci sono e durano finchè dura il ricordo, poi svaniscono nel nulla, finchè una parola, una foto, un'altra storia riporta alla mente un giorno passato e lontano.
Poi accadde, e fu un brutto giorno, non aveva perso il sorriso e quella sua voglia di vivere, non andò più in moto e il motocarro cominciò a riempirsi di ruggine, le ruote lentamente si sgonfiarono, come lentamente sfuggiva la vita, ma la sua risata no, e continuò a sognare e a farmi sognare, un giorno voleva prendere un trike, voleva che lo accompagnassi, e lo accompagnai con la mia moto e lui era di fianco, come avevamo spesso fatto, il mio viso era bagnato come in quella sera di pioggia, eravamo ancora insieme e lui lo sapeva, io lo sapevo.
Le lacrime uscivano da sole, poi cadevano nel vuoto.. ne è passato di tempo da allora, e vado ancora in moto, a volte solo, a volte accompagnato, rido e canto ma non sono più andato in quel cortile dove facevamo le feste, a volte credo di avere di nuovo trovato un amico con cui correre per strada, ma sono illusioni che durano poco, il tempo è sempre tiranno e qualcuno ha paura, di storie come queste ognuno ne ha una, fatte di nulla fatte di tutto..
ma voglio ringraziare un altro amico, "imperfetto" sconosciuto, che un giorno, parlando con lui, di una storia simile a questa, e ascoltando il suo pianto, da quel cassetto dove tengo i ricordi l'ho presa per dargli coraggio, per dirgli che il tuo amico ritorna, che il tuo amico c'è sempre, il suo spirito si è infranto come onda del mare per farsi ritrovare sempre da te, ovunque.
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