Creato da alekim2007 il 05/01/2011
MUSICA KULT E KRAUTROCK
 

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Kraftwerk-graffiti

in questo blog leggerete i miei graffiti ispirati dall' opera della mitica band tedesca.

Ritengo i 4 di Dusseldorf i naturali epigoni del movimento futurista, delle avanguardie russe (Malevic, Tatlin, Larionov, Lissitski, la Goncharova e il grande Vladimir Majakovskij e tanti altri artisti russi famosi su questi profili...) e dell'Espressionismo Tedesco degli anni venti (Lang, Pabst, Murnau, Grosz...), delle architetture di Gropius e Piscator 

Sotto questo profilo sono forse qualcosa di più di un profilo krautrock...

sono i creatori di un'estetica particolare...l'Estetica Kraftwerk...

Alekim2007       

 

Anagrafe della Band Kraftwerk

componenti attuali:
Ralf Hütter (fondatore)
Henning Schmitz
Fritz Hilpert
Stefan Pfaffe (associato ultimamente)

componenti storici:
Karl Bartos (co-fondatore e percussionista)
Klaus Dinger
Wolfgang Flür (co-fondatore e percussionista) 
Andreas Hohmann
Eberhard Kranemann
Thomas Lohmann
Houschäng Néjadepour
Michael Rother
Florian Schneider-Esleben (fondatore)
Charly Weiss

Maxime Schmitt amico intimo e collaboratore
Emil Schult ha collaborato a molti pezzi, con lirica e grafica 
Rinforzi e Sottrazioni
 
 

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I Kraftwerk prima delle macchine

Post n°3 pubblicato il 10 Gennaio 2011 da alekim2007
 
Tag: kult
Foto di alekim2007

Vi posso confessare che la scoperta della cover di Autobahn, nel lontano dicembre del 1983, così per caso, mi lasciò sorpreso. Soprattutto, quando ne osservai il retro. I Fab Four di Dusseldorf, in sembianze da beatnik! 

Veramente, al tempo della foto dei Kraftwerk storici c’erano soltanto da sinistra a destra Ralf, Florian (sempre attaccati con il vinavil)…….e Wolfgang. Il titolo è un po’ solenne e pare ricordare quello di “Egitto prima delle sabbie” di Battiato.

Gli altri Fab Four di Liverpool si stavano sciogliendo sulle note di Let it be, quando  nel 1970, Ralf Hütter e Florian Schneider Esleben, studenti al conservatorio di Düsseldorf, che avevano appena lasciato il gruppo dove militavano, gli Organisation (con i quali avevano registrato un album intitolato Tone Float prodotto da Conny Plank, futuro produttore dei primi album dei Kraftwerk), fondavano a loro volta un gruppo krautrock . Il primo album del gruppo, che porta la firma dei fondatori, Ralf and Florian, è stato pubblicato nel novembre del 1970. Registrato assieme ai percussionisti Andreas Hohmann e Klaus Dinger, seguirà la stessa scia di Tone Float con sonorità sperimentali proprie della musica krautrock. Nel 1971, poco dopo la registrazione dell'album, Ralf Hütter abbandonerà il gruppo lasciando così Florian Schneider assieme al batterista Klaus Dinger e al chitarrista Michael Rother. Questa formazione avrà una durata piuttosto breve e conterà una sola apparizione in televisione (durante il programma Beat Club della rete televisiva WDR il 22 maggio del 1971). Alcuni mesi dopo infatti Hütter ritornerà nel gruppo. In concomitanza con il ritorno di Hütter Dinger e Rother abbandonano per formare un nuovo gruppo intitolato Neu!. Nel giro di una settimana, tra settembre e ottobre, i Kraftwerk (ora formati solo da Hütter e Schneider con la collaborazione di Plato Kostic alla chitarra ed Emil Schult al basso), registrano il loro secondo album che sarà pubblicato nel gennaio del 1972 con il nome di Kraftwerk 2. L'album seguirà lo stesso stile musicale del precedente, con sonorità krautrock arricchite però dall'utilizzo, per la prima volta nella storia del gruppo, di strumenti elettronici.

Il 1973 si rivela un anno cruciale per il gruppo. Viene infatti assunto come collaboratore grafico il pittore Emil Schult, ex collaboratore del gruppo nell'album precedente, il cui stile ispirerà il gruppo per quanto riguarda l'immagine. Il gruppo aprirà un proprio studio di registrazione chiamato Kling Klang (dal titolo di un brano dell'album Kraftwerk 2) nel quale registrano il loro terzo album, intitolato Ralf & Florian, nei cui brani incomincia a comparire in modo più massiccio l'elettronica, dopo le sperimentazioni degli album precedenti. Verso la fine dell'anno il gruppo pubblica inoltre il primo singolo della propria discografia, il brano Kometenmelodie, in onore alla cometa Kohoutek. Contemporaneamente avviene un'ulteriore svolta all'interno del gruppo: vengono scoperti infatti i ritmi sintetici (ricavandoli con delle particolari percussioni a pads costruite e brevettate da loro stessi) e viene allargata la formazione, precedentemente limitata a Hütter e Schneider: entrano infatti Wolfgang Flür (un percussionista), e Klaus Roeder (chitarrista e violinista). Con la nuova formazione i Kraftwerk, dopo sei mesi di lavoro, pubblicano nel novembre del 1974 Autobahn, che segna la svolta definitiva da parte del gruppo verso quel genere di musica che ancora oggi li contraddistingue.

 

Nei primi mesi del 1975 i Kraftwerk, rimasti in tre dopo l'abbandono di Klaus Roeder (il terzo da sinistra nella foto del lunotto del Maggiolino), prima del termine delle registrazioni di Autobahn, partono per un tour in diverse città europee e statunitensi a motivo del successo del loro ultimo album. Durante questo tour al gruppo si arruola Karl Bartos, giovane percussionista. Viene così a formarsi la formazione storica del gruppo. L’ elettronica e i ritmi sono ancora artigianali e rivelano la voglia di ricerca e di sperimentazione. Ma, già si sono dischiusi gli orizzonti sovra dimensionali di Trans Europe Express e di Radioactivity. Sono già impostate le architetture musicali che conterranno i sounds di The Man Machine, Computer World e Tecno Pop, fino alle opere più recenti degli anni 2000.   

 
 
 

C'erano una volta i kraftwerk

Post n°2 pubblicato il 05 Gennaio 2011 da alekim2007
Foto di alekim2007

Queste reliquie sono avvolte anche nell'odore professionale delle bacchette d'ottone ormai ossidato, che mi ero fatto fondere all'inizio degli anni settanta, con le quali avevo suonato migliaia di volte le percussioni per i Kraftwerk.
Nel 1997 il giornalista americano Dave Thompson ha scritto un articolo ben informato ed esaustivo per la rivista statunitense "Goldmine" dal titolo Il cuore dell'anima teutonica, focalizzandolo sul mio gruppo di quegli anni e sul mio progetto attuale, gli Yamo. Avevamo chiacchierato cordialmente al telefono per una mezza serata mentre mi trovavo nella mia stanza d'albergo a New York, e Dave mi aveva incoraggiato a mettere nero su bianco la mia versione, aggiungendo che c'era un gran bisogno di spiegare come mai avevo lasciato i Kraftwerk. In effetti, questa è la domanda che mi è stata posta più spesso dai giornalisti e dai fan negli anni scorsi, perciò alla fine ho deciso di scrivere questo resoconto. Però, affinché possiate capire fino in fondo la mia "anima teutonica", dovrò prima risalire a un periodo precedente, quando in me sono fioriti l'amore per la musica e il piacere del ritmo. Noi Kraftwerk abbiamo inventato un nuovo genere musicale. All'inizio degli anni Settanta questa trovata ci ha portato in tutti gli angoli del mondo. Senza il minimo preavviso e senza alcuna preparazione abbiamo vissuto giornate meravigliose ed esperienze splendide, ricche, sconvolgenti. I viaggi in jet attorno al mondo e le tante persone incontrate mi hanno aperto alla natura, alla gente e a noi stessi. Ho capito che Düsseldorf non era il centro dell'universo, ho scoperto di essere cittadino del mondo, uno che si trova a casa propria in ogni luogo. Tuttavia, ho provato anche il piacere di ritrovarmi a casa, il fascino del ritorno alle nostre latitudini. Con mia grande delusione sono stato costretto ad ammettere che viaggiare non era un'esperienza piacevole per tutti i componenti del gruppo, e dopo dieci anni ho scoperto che stavo osservando i miei colleghi e me stesso con occhio critico. Vaghi dubbi iniziavano a oscurare i risultati dei Kraftwerk e quello che realmente davamo alla gente. Allora ho iniziato a maturare, e a un certo punto ho capito che i miei pensieri non ruotavano più attorno alle percussioni, alla creatività e ai miei rapporti con le signorine.
Durante la lettura noterete che parlo più spesso delle mie esperienze a margine dei concerti e dei tour che delle minuzie della nostra attività musicale quotidiana. Anzi, sono stati proprio gli incontri, gli incidenti e le unioni meravigliose in quel fantastico periodo della mia vita a stupirmi e a fissarsi nei miei ricordi. Il modo in cui impostavamo i sintetizzatori o i particolari tecnici delle nostre apparizioni e registrazioni non hanno attecchito nella mia memoria, e non mi sembrano poi tanto significativi. Si tratta solo di mestiere e routine, dei dettagli tipici di qualsiasi professione. Perciò non aspettatevi un libro sugli oscillatori a controllo voltaico, su quelli a bassa frequenza o un'analisi dei filtri. Il mio testo parla più che altro di creatività, attenzione, collaborazione, stima. E anche di delusioni, tradimenti, sconfitte.
Abbiamo avuto l'enorme fortuna di riuscire ad arrivare alla gente con la nostra musica e con le nostre visioni, e di essere amati. Abbiamo imparato da tante persone. E adesso ho scritto nuove versioni delle loro storie, che talvolta sono diventate la mia, il mio attuale progetto, gli Yamo.

La vita insegna tante cose, e più uno è attento ai dettagli e alle sfumature più in seguito potrà pescare da questa caverna del tesoro.
Per tanti anni ho saputo che cosa significa trovarsi sopra un palcoscenico. Ho anche vissuto che cosa significa essere applaudito. Durante il mio periodo di apprendistato sono stato in tanti gruppi che ho amato molto anche se non hanno avuto un grande successo. Erano tutti il mio gruppo, la band che avevo fondato. Però con i Kraftwerk mi si è aperto un mondo nuovo. Questa è stata la cosa che mi ha più affascinato in tutti gli anni trascorsi con loro, a parte le scoperte individuali e il mio stile minimalista alle percussioni. I rapporti umani in ogni nazione, le infinite discussioni e gli idilli che spesso ne scaturivano, la visione culturale universale che sono stato in grado di crearmi senza ricavarla solo dai libri, tutte queste cose mi hanno regalato esperienze meravigliose e in seguito, dopo la penosa separazione, mi hanno anche aiutato a ritrovare me stesso, l'amore e il sound della mia nuova musica. I miei anni con i Kraftwerk sono stati pazzeschi e meravigliosi. Abbiamo sempre cercato di offrire qualcosa di speciale ai nostri fans. Ancora oggi le mie stelle polari sono la modernità e l'indipendenza. Per dirla con le parole di Brian Wilson, "non dimenticate mai che la nostra musica è sempre stata suonata perché vi volevamo bene". “
    

Casualmente, li conobbi 31 anni fa, quando erano ancora in quattro (+ quattro i loro dummies, tra il pubblico) nel 1978 in occasione di “Disco Estate” che in quell’anno si teneva al Lido di Venezia. Il primo pezzo che ascoltai in quel lontano settembre perduto nelle nebbie del mio tempo era la famosa “The Robots”.   


Leggendo la sopra citata retrospettiva “ I was a Robot”, scritta anni dopo da uno dei loro componenti, W. Flur, erano i tempi eroici che videro il famoso alterco tra la Band e Julio Iglesias all’Harris Bar di Venezia.  Vale a dire la  Cult Art of  Music contro la canzone banale commercial – sentimentale e conformista.

I Kraftwerk quella sera fecero scattare in me la serratura di porte dimensionali che si aprirono su altri mondi che già brulicavano di vita dietro la paranoia quotidiana della mia, priva di amore, e piena di sogni frustrati o deviati. Già io cercavo l’evasione dalla vita e il radicalmente altro. Nei miti e negli incubi di Lovecraft o nelle visioni umoristico - apocalittiche di H. G . Wells o ancora nel grottesco meravigliosamente allucinante dell’Espressionismo Tedesco.  I Kraftwerk crearono il sound track per le mie sfrenate visioni. Il sound che mi mancava. Fu vertiginoso e appassionante l’ascolto di “The Man Machine”, fino a darmi fiducia e sprone per riprendermi dai miei primi insuccessi amorosi e universitari. Unitamente alla lettura di Lovecraft la musica Kraftwerk mi invitava ad immergermi in dimensioni diverse e salvifiche anche perché avere l’amore di una persona o la riuscita di un esame erano nulla di fronte alla scoperta della multidimensionalità dell’esperienza. C’era infatti qualcosa di altro. Gli anni intanto passavano e il quadratino dove il Sistema voleva io vivessi, veniva abbellito, quasi ogni giorno (e quando non ero depressa), dai miei graffiti esistenziali, disegnati esclusivamente con la grafica Kraftwerk. Le sky lines e le scenografie della mia esistenza, della mia città e del mio ambiente fatte di cemento armato, treni pendolari, autobus di linea sovraccarichi di studenti, autovetture di seconda mano e tanta luce al neon  e mangiare da mensa universitaria, e altre paranoie, erano sempre rischiarate al neon di lune notturne  sul tipo grigio “piastrella” tipico dei bagni pubblici. Ma, il tutto veniva reso più accettabile dai ritmi della Band. Anzi, un tramonto sulle raffinerie di Porto Marghera mi richiamava il ritornello di apertura di “Boing Boom Tschak” . Il mio fu un cammino di scoperta alla rovescia . Prima “The Man-Machine”, poi, a seguire, “Trans Europa Express”, “Radio Activity”, “Computer World”, “Autobahn”, “Tecno Pop”, “Kraftwerk ONE…” quest’ultima passatami da un compagno di università un po’ prima della laurea, quando ero al verde .…Sono passati tanti anni e la mia età dell’oro è finita da un pezzo.

I Kraftwerk sono diventati macchine e poi si sono dissolti, eppure quando mi attardo un momentino ad osservare i tramonti dalla terrazzona della mia mansarda, il mio cuore si riempie con le note di “Franz Schubert”……e i suoni da fabbrica di “Metropolis” diventano poesia, perchè “non dimenticate mai che la nostra musica è sempre stata suonata perché vi volevamo bene". “          

 

 
 
 

C'erano una volta i kraftwerk (fonte:l'ottimo lavoro di Eddy Cilia, articoli su Onda Rock, W. Flur "I was a robot"

Post n°1 pubblicato il 05 Gennaio 2011 da alekim2007
 
Tag: kult
Foto di alekim2007

7 gennaio 2009. Due anni fa...Era l’ultima notizia dopo il giorno della Befana.

Florian Schneider lascia la band…vale a dire che si è scissa anche la coppia residua dei Kraftwerk  Storici (Hutter, Schneider, Bartos e Flur): i simbionti Hutter – Schneider.

Questa è la storia di oggi e il futuro avrà epigoni allo stesso livello?

Casualmente ho trovato l’evento così registrato nel web:

“Per quarant’anni è stato il co-fondatore della band robotica Kraftwerk insieme a Ralf Hutter. Florian Schneider lascia in questi giorni il gruppo, del quale avevamo parlato pochi giorni fa in occasione del tour sudamericano dei Radiohead. Famosi e diventati leggendari, i Kraftwerk sono un pezzo di storia della musica.

David Bowie aveva intitolato una sua canzone “V-2 Schneider” nel periodo berlinese in onore di Florian, nomi come Joy Division e Afrika Bambaataa hanno dovuto molto al beat teutonico. Sul sito dei Kraftwerk è possibile leggere qualcosa in proposito: “Florian è un grande musicista, sempre in cerca del suono perfetto attraverso la tecnologia. Ha portato i suoni a livelli altissimi di perfezione“.

L’uscita di Schneider dal gruppo non è una completa novità, considerato che il tour del 2008 non lo aveva già visto partecipe, ma è comunque un piccolo terremoto che ci addolora, visto che i nuovi Kraftwerk non vedranno più l’accoppiata vincente e durata quasi mezzo secolo di “Ralf e Florian”.

Così il Web. L’uscita a suo tempo della componente più “piccolo borghese” (K. Bartos + W. Flur), a mio modesto parere, era stata forse un presagio dell’ultimo dissolvimento dei simbionti “alto borghesi”  Florian Schneider Esleben e Ralf Hutter. 

Stridono adesso nel cuore le parole di Flur:

“...Quando ho iniziato a scrivere questo libro (“I was a robot”) ero abbastanza propenso a intitolarlo In combutta con i robot, ma con il passare del tempo, accumulando ricordi e pagine scritte, mi sono man mano convinto che, diversamente dagli altri gruppi pop, noi non aderivamo minimamente allo stereotipo del gruppo di amici del cuore. Questo ideale era molto lontano da noi sebbene lo desiderassimo. Il nostro quartetto elettronico era troppo eterogeneo quanto a personalità e retroterra familiare. Anche se i nostri genitori erano stati ingegneri, architetti e ottici, avevano occupato nicchie sociali decisamente diverse.
Sin dall'inizio Ralf Hütter e Florian Schneider-Esleben avevano fatto comunella tra di loro. Del resto venivano entrambi da famiglie agiate dove non c'era mai stata penuria di soldi e soprattutto di cultura e istruzione. Avevano buon gusto e avevano viaggiato un sacco sin dall'infanzia. Invece Karl Bartos e il sottoscritto provenivano dalla cosiddetta piccola borghesia. Naturalmente anche noi eravamo istruiti, avevamo sviluppato una particolare "intelligenza emotiva", però sapevamo che cosa significa trovarsi ogni tanto al verde e che cosa vuol dire avere bisogno di un appoggio psicologico. Comunque giovani e talentuosi, quali eravamo, passavamo molto tempo insieme perché avevamo cose importanti che ci accomunavano e perché ci rispettavamo per quel che eravamo.

Ognuno di noi capiva istintivamente che in futuro il nostro rapporto esclusivo avrebbe prodotto grandi cose.
Un paio d'anni fa stavo cercando di racimolare alcune foto inedite dei nostri primi concerti per Tim Barr, redattore della rivista britannica "Future Music", e per la prima volta dopo secoli ho riaperto la mia valigetta di alluminio dorato comprata nel 1975 in un negozio della Fifth Avenue di New York. È stato come rinfrescare i ricordi degli anni più elettrici della mia vita. Aprendola sono rimasto colpito dall'aroma concentrato di quegli anni pionieristici, e mi è sembrato di toccare il cielo con un dito. Sfogliando e leggendo mazzi di documenti e foto, sono caduto in una specie di trance. Sì, per me esiste un profumo Kraftwerk, giudiziosamente collocato sullo scaffale psicologico del "Tedesco umorale". In quella valigia si è concentrato quel profumo che mi ha accompagnato in tante stanze d'albergo durante gli anni di tour e viaggi, un aroma che sa di camere d'albergo di tutte le categorie, di aerei e cherosene, di un mondo multiculturale, di meravigliose esperienze e di umilianti pregiudizi che sprezzanti ci tacciavano come sopravvalutati tecnici del suono di una Düsseldorf moderna. È anche l'odore chimico delle foto promozionali, delle polaroid private, dei controversi articoli dei giornali di tutto il mondo e delle pellicole spesso rovinate della mia vecchia cinepresa amatoriale, una 8mm Bell & Howell a molla. ...

 
 
 
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