La Città Creativa

Vivere in comunità, perché.


Prendiamo atto finalmente che il problema fondamentale degli esseri umani, ancorché seppellito nell’inconscio, sta nell’accettare il destino di morte implicito nel vivere individuale e per converso nell’incapacità di vivere pienamente e felicemente la propria vita finita; consideriamo che tale incapacità si estende al conflitto che oppone il singolo dalla vita breve e finita alla specie immortale cui appartiene, al grande fiume del passato, presente e futuro.Per questi motivi di fondo gli esseri umani vivono egoticamente, appiattiti cioè sul proprio “Ego”, egoisticamente, inconsciamente, irrazionalmente, facendo terra bruciata per i posteri che verranno.Ignorano insieme il più drammatico dei problemi: il ritmo esasperato della crescita demografica. I suoi effetti saranno presto devastanti per l’intero pianeta che sarà letteralmente consumato e depauperato, a causa del capitalismo consumistico globalizzato, da masse ugualmente fameliche e incontrollate.Vivere in comunità è un antidoto sociale.Vediamo perché con alcune avvertenze preliminari.Vivere in comunità è un punto d’arrivo che avviene nel corso della vita individuale in seguito ad una cosciente maturazione della personalità e delle sue relazioni.Per avere successo occorre che preluda e contenga una vera e propria trasformazione di modelli mentali e di prassi educative.Occorre preliminarmente:1. Sopravvalutare l’amore e i suoi sentimenti mentre si svalutano l’odio e le sue componenti.2. Avvicinare l’identificazione psicologica tra gli individui tale che sia favorita la comunicazione empatica e le relazioni dirette, sincere e amorevoli.In breve, la ricerca della qualità dell’approccio relazionale, tanto sul lato interno della personalità quanto delle relazioni esterne.Vivere in comunità significa creare l’ambiente più favorevole perché queste premesse trovino la loro realizzazione.Armonizzare il proprio spazio mentale e fisico con gli Altri, articolare regole e comportamenti per una gestione partecipativa, propositiva e condivisa della vita sociale comporta una radicale trasformazione delle regole comunemente intese della convivenza.Tali modelli che impegnano ugualmente le donne e gli uomini e che portano ad una ripartizione ugualitaria di ruoli e responsabilità, possono diventare i modelli da implementare, generalizzandoli, nella società.Provenendo da individui che curano maturità e trasformazione sarà naturale praticare e diffondere atteggiamenti quali: consumo razionale e cosciente, risparmio e disciplina ecologica, regime sobrio e indirizzato all’armonia e alla bellezza, politiche propositive e strategie risolutive dei problemi.Zero inquinamento e promozione dell'armonia.Vivere in comunità: esperienza vissuta e considerazioni attuali.Con circa dieci anni di vita in comunità a cavallo tra gli anni 70/80, sono stato protagonista diretto della più avanzata avanguardia culturale in fatto di relazioni sociali dirette.Il modello implementato da noi comunardi era di Comune Sessuolibertaria, la quale basata sulle ricerche e speculazioni psicoanalitiche sociologiche di Whilelm Reich e di Sigmund Freud, ma anche del Marcuse di Eros e Civiltà, si poneva il problema della trasformazione delle relazioni amorose e sessuali, secondo uno standard d’amore libero nuovo, da scoprire e da creare.Come dire che l’ansia di liberarsi da modelli esperiti come repressivi e oppressivi era più urgente dell’esigenza razionale di trovare e coltivare l’armonia e la bellezza delle relazioni.Cionondimeno posso affermare, in piena coscienza, che ebbi il privilegio assoluto di vivere materialmente il Paradiso, quand’anche brevemente e transitoriamente e perciò stesso affermare che il Paradiso Terrestre esiste, Così posso sottoscrivere la profezia di Julian Beck (anch’egli comunardo, e quindi cosciente delle problematiche relazionali) “Il Paradiso sarà collettivo o non sarà”.Tuttavia, la posizione estrema adottata “contro la famiglia” contrapponeva formalmente quelle comunità all’istituzione “famiglia”, santificata dal capitalismo e dalle religioni, correttamente individuandola come veicolo di trasmissione della repressione e dell’oppressione. Martin Lutero fino dal 1520, l’aveva posta a fondamento della nascente borghesia sulla via del futuro capitalismo.La rivoluzione sessuale catalizzava il rifiuto e la proposizione in un unico momento.  Come tutte le rivoluzioni, per il fatto stesso di essere rivoluzione, si votava al fallimento. Mancava dell’essenziale momento della trasformazione: non si possono attuare cambiamenti d’amore condivisi con l’odio. Dove si distrugge non si potrà costruire in maniera durevole. Eravamo giovani, ancora lontani dai desideri di maternità e paternità, in quella fase in cui la gioventù esuberante pare destinata a vivere per sempre.La comunità che vedo oggi contempla al suo interno più generazioni.Anziani, bambini, adolescenti, adulti che si perdono insieme nel fiume della vita, armonizzando materialmente il passato, il presente e il futuro, sentendosi protagonisti nel fiume della vita e felici di avere realizzato il proprio compito biologico di figli e di genitori. Le responsabilità divise secondo le reciproche possibilità. Il rispetto vicendevole che nasce dall’amore. Le relazioni amorose e sessuali libere quanto le trasformazioni e le maturità individuali potranno. Regole sociali per la convivenza che esaltino lo spirito di vivere insieme in armonia e bellezza. Si tratta di riscoprire la comune radice che lega l’etica all’estetica, realizzando l’armonia.Con un avvertenza finale: l’eccesso di familiarità parentale nelle famiglie biologiche contravviene troppo spesso elementari norme dell’educazione e del rispetto che mai ci sogneremmo di riservare ad amici o comunque terzi, e tuttavia la soluzione dei problemi relazionali famigliari è garanzia di una vita affrancata e serena.Roma, 13 gennaio 2008Nadia’s comment:È un documento molto bello perché contiene un rapido escursus storico e un paio di preziosissime chiavi di lettura della vita e della storia come quella che il paradiso deve essere necessariamente collettivo, è quasiinsito nella sua definizione, e quella della famiglia che è stata portata al fallimento come istituzione a causa di una appropriazione indebita da parte di chiesa e capitalismo. Se tale usurpazione della storia non fosse avvenuta forse la famiglia oggi sarebbe molto più vicina alla tua idea di comunità.Compimenti per la tua saggezza e pacatezza.