Un diario? Quasi.

Post N° 428


Non riuscivo a dormire e le lenzuola mi si attorcigliavano addosso come corde troppo tese. Le buttavo all’aria con un respiro più fondo e le sentivo lisce cadermi addosso. Stavo stesa a sentire il fresco della tela e dopo un poco mi sembrava ci fosse sabbia a grattarmi la pelle. Il sonno non era dietro alle palpebre chiuse anche se lo cercavo con accanimento e fissando la mente su bucolici paesaggi di verdi prati e bianche pecore. E le contavo. Le visualizzavo. Bianchi ciuffi di cotone con quattro gambette saltellanti oltre la staccionata di legno. Tutte in fila pecorelle, una dopo l’altra dentro l’ovile. Non ricordo a che numero ero arrivata quando mi resi conto che le pecore erano così tante che non si vedeva nemmeno più il prato verde ed io ero sveglia che mi sarei vestita e sarei uscita se non fossero state le quattro del mattino, o si dice le quattro di notte, forse dipende dal fatto che siccome non ho ancora dormito è ancora notte e quindi è più giusto le quattro di notte, mentre se mi fossi svegliata dopo un bel sonno sarebbe stato giusto dire le quattro del mattino. Allora mi misi seduta sul letto e ad alta voce:“Ma andate affanculo gregge di pecore che vi faccio sparire tutte!”Mi sdraiai incazzata nera e mi addormentai di colpo.