Un diario? Quasi.

quattrocentocinquantuno


 Che effetto mi ha fatto? Non ne sono certa, però mi sembra di poter dire che è stato un non- effetto. Normale. Come fosse quotidianità. Quotidianità rara, ma comunque non strana. Non quella cosa che capita e fa salire adrenalina e battiti. Una cosa pacata e serena. Ecco. Serenità. Quello che mi ha trasmesso è stato un gran senso di pace con me stessa e con tutti i serpenti velenosi che mi porto dentro. Probabilmente, loro, i serpenti erano in letargo e nessun morso mi ha incattivito l’anima e il senso di pace mi ha fatto provare una gran tenerezza. Prima per me stessa che mi sono arrampicata per anni sulle granitiche pareti di questo amore strappandomi le unghie e non riuscendo mai a scalarle del tutto. E poi per lui che è nella mia vita e ci resterà per sempre e non posso farci niente. Ci sta, nell’angolo delle cose importanti, come il quadretto che era di Mamma, la caffettiera che fece il Nonno con il rame delle grondaie e il tubo del rubinetto, le statue di plastica trasparente della Guzzini o come le foto che tengo appiccicate nella bacheca. E poi quel ricordo così nitido del figlio che era un bimbo così piccino ancora e noi così giovani e il figlio rubava la mela dal piatto del padre facendo finta di non farsi vedere e il padre che faceva finta di incazzarsi e ridevamo tutti insieme. Nella memoria a volte il bello prevale sul brutto ed allora è benessere. Nessuna scelta sbagliata. Bene di essere.