Un diario? Quasi.

quattrocentocinquantacinque


Non è tristezza. È una miscela di rabbia e paura. Di lacrime che non ho saputo trattenere quando ho visto un uomo grande e grosso che esce dalle macerie di quello che era casa sua e piange. Piange un pianto dirotto, un pianto disperato. Ho pianto. Non serve a nulla. Lo so. Sarà la vecchiezza. Oppure il fatto che ero a casa e ho seguito di più le notizie. Sarà che ora sono più consapevole di quello che è pilastro della mia vita. E provo ad immaginare che cosa potrei provare se nello spazio di trenta secondi si frantumasse tutto quello che ho. Non ci riesco. Non so immaginare una cosa del genere. Non so che sarebbe di me se nella notte restassi con la camicia da notte abbracciata a mio figlio sotto una coperta, in mezzo a una strada e davanti agli occhi le macerie della mia casa. Stanotte, la notte sa di polvere.