La barca il viaggio

Ormeggi


ho un orto. é strano perché io la terra non la so coltivare, non ho dimestichezza con nessun attrezzo né - soprattutto - con nessuno degli animali della terra: le lumache nascoste sotto le foglie mi spaventano, i lunghi lombrichi che si tuffano di testa nelle zolle mi lasciano sbigottita. però ho un orto e, un po' goffamente, lo coltivo.ho scoperto che quando piove, oltre alle cose che ho piantato, crescono anche moltissime erbacce. e se non si sta attenti, poi si fa fatica a distinguere quali erano le melanzane e quali la gramigna.  oggi ho però visto l'ombra di un fiore di zucca e l'assaggio di un futuro peperone. si scavano solchi e si mettono semi e la terra fiorisce addirittura beni commestibili.incredibile. ho sentito dire, da un antropologo, che la civiltà cacciatrice nomade era più sana e meno fragile di quella che ha cominciato a stabilirsi e coltivare la terra.chissà se questa tendenza a stazionare in un solo posto è stata la nostra rovina: ci siamo affezionati agli alberi che abbiamo curato, abbiamo nutrito amore per la terra arata, e non l'abbiamo lasciata nemmeno durante gli inverni più duri e le estati più torride. ci siamo attaccati ai posti.così è cominciata ad esistere la casa.e la nostalgia.