Evasioni

CONSUMISMO FARMACEUTICO


" A lungo persuasi di far bene il loro mestiere, cioè di fare del loro meglio per la salute del paziente, i medici si sono resi conto che vengono reclutati per fare consumare il più possibile determinati prodotti. Un sistema pubblicitario efficace mira a fare di chi prescrive le ricette un braccio affidabile della tenaglia che stritola certi malati. Ecco come si svolge il lavaggio del cervello, spiegato da chi l'ha subìto in prima persona. All'inizio dei suoi studi, il futuro medico scopre con piacere tutto un mondo di regali, di loghi che gli divengono familiari e di sponsor generosi che sovvenzionano serate e settimane bianche. La contropartita sembra minima, basta far finta di ascoltarli mentre abbozzano una graziosa «verità scientifica» su un dato prodotto.Comunque, «fanno parte della nostra formazione», come dicono i più vecchi, in generale già ben formattati. Più tardi, lo studente comincia a conoscere seriamente le patologie. I libri su cui studia raccomandano certi medicinali in grassetto, gli stessi di cui si ritrova la scintillante pubblicità nella sovraccoperta o inserita tra le pagine. Libri scritti dal «fior fiore della medicina», che ha acquisito notorietà grazie alle sovvenzioni di laboratori legati alle loro specializzazioni gli stessi che producono quei medicinali. Ma per lo studente quel testo è il riferimento indispensabile, e siccome la medicina s'impara a memoria, tutto ciò entra a far parte del sistema! Durante l'internato, volente o nolente, frequenta i laboratori più volte a settimana (in occasione di «visite di cortesia», di uscite organizzate, di «riunioni d'informazione», ecc.). Inoltre, il primario può esercitare pressioni dirette o indirette affinché si orientino le prescrizioni a favore del laboratorio X, amico del primario.Lungo tutta la sua vita lavorativa, il medico sarà corteggiato per il suo stesso bene: riunioni, pranzi, «soggiorni di formazione» lo arricchiranno di un sapere preconfezionato, abilmente truccato alla bisogna nelle riviste di riferimento o nei dépliant che vantano le proprietà del medicinale (che talvolta «dimenticano» di menzionare taluni effetti secondari).Quando sono state lanciate le pillole contraccettive di terza generazione (meglio tollerate delle precedenti, ma considerate a rischio per un possibile aumento delle malattie cardiovascolari), un laboratorio spiegava nelle sue schede promozionali come, contrariamente alle pillole concorrenti, il tasso di colesterolo non fosse aumentato con i suoi prodotti. Un esame più attento della spiegazione segnalava che questa prova «scientifica» era stata riscontrata... nella femmina del coniglio. Le cavie sapranno apprezzare. Quindi, anche se i medici hanno appreso (molto di recente) ad avere uno sguardo critico, i trucchi del mestiere funzionano sempre. Allorché i rappresentanti cessano di incentivare i medici, il volume dei medicinali prescritti nella zona geografica trascurata (sorvegliata con la complicità dei farmacisti e delle mutue) precipita. Sono dunque i rappresentanti ad acuire il senso critico dei medici? Sì, nei confronti di malattie che non esistono e che vengono create a colpi di convegni e articoli «scientifici» ratificati da rinomati professori. Una creazione particolarmente facile quando la frontiera tra il normale e il patologico è così sottile. A partire da quali soglie bisogna prendere in considerazione il tasso di colesterolo o la tensione arteriosa?La minima flessione può creare un mercato immenso... Philippe Pignarre, che ha lavorato per diciassette anni nell'industria farmaceutica, ci ricorda che quest'ultima costituisce il «gioiello della corona del capitalismo». I suoi tassi di profitto sono più alti di quelli di qualsiasi altro settore, banche comprese. Ma per mantenerli, tenendo conto della scadenza dei brevetti, bisogna innovare di continuo e spingere con urgenza, a dispetto di ogni prudenza, al consumo di nuovi prodotti. Pignarre ci spiega in dettaglio le strategie impiegate: si pubblica uno stesso articolo, sotto firme diverse, per aumentare la notorietà di una nuova molecola e suggerire ai medici che i suoi vantaggi sono stati davvero confermati; poi la si può addirittura commercializzare sotto due nomi diversi per imporla più rapidamente (strategia detta di co-marketing); infine si fa pressione per farla prescrivere in prima battuta, ecc. Quando le molecole divengono di pubblico dominio, si procede alla «cosmesi» dei medicinali, scommettendo sulla celebrità del nome di marca; ad esempio, si fa di tutto per far dimenticare che la Tachipirina non è altro che paracetamolo. C'è anche la «strategia di nicchia »: i laboratori propongono il loro medicinale nel sottodominio limitato di una patologia e in seguito «lavorano per allargare questa nicchia, preparando i medici al depistaggio e sensibilizzando sia la stampa che il grande pubblico. Si sono così visti nascere alcune 'nuove' turbe psichiatriche», come certe forme di depressione breve o di schizofrenia precoce.Davanti alla difficoltà di trovare nuovi medicinali, i laboratori si accingono dunque a inventare nuovi pazienti per vendere i loro vecchi prodotti. A questo fine, essi ricorrono a tutti gli stratagemmi del sistema pubblicitario, utilizzando le tattiche di comunicazione che si indirizzano direttamente alle masse per il tramite dei media. Negli Stati Uniti è così improvvisamente comparsa una nuova malattia: «la turba da fobia sociale». Tra il 1997 e il 1998 vi si fa riferimento, nei media, una cinquantina di volte ma, nel 1999, l'epidemia sembra dilagare tanto che vi si fa riferimento più di un miliardo di volte. Cosa è successo? Niente, se non lo sviluppo di una vivace strategia di relazioni pubbliche per conto di un laboratorio che cerca nuovi sbocchi per un antidepressivo, il Paxil, le cui vendite aumentano del 18% nell'anno 200024. Queste strategie sono pericolose, perché i medicinali possono innestare una caterva di effetti indesiderabili, che vanno dagli effetti collaterali benigni a quelli mortali. Ad esempio, un laboratorio propone degli ormoni per occuparsi della «menopausa maschile»; le sue pubblicità giocano sul desiderio degli uomini di «restare giovani» e di conservare tutta la loro libidine. Ma c'è da temere che il testosterone proposto comporti a lungo termine un drammatico aumento dell'incidenza del cancro alla prostata. Allo stesso modo, anche sul breve termine, i sondaggi clinici su un campione di 2.500 persone sono statisticamente troppo deboli per accertare eventuali effetti negativi gravi (con i laboratori che, in caso di problemi, fanno tutto il possibile per spiegarli tramite le caratteristiche delle cavie piuttosto che delle molecole). Un farmaco tagliafame ha ottenuto nel 1985 l'autorizzazione alla distribuzione sui mercati (AMM): trombe e tamburi, congressi sul prodotto miracoloso che migliorerà l'alimentazione di milioni di persone, malate per aver troppo consumato o più spesso schiave di un conformismo fisico propagandato proprio dalla pubblicità. In pochi anni viene consumato da sette milioni di persone e qui ci si accorge della sua pericolosità: 200 persone moriranno o subiranno gravi conseguenze. L'ingegnosità dispiegata per massimizzare la redditività del triangolo medico-malato-laboratorio è terrificante. Il predominio dell'immagine sulla verità è un tratto indiscutibile della pubblicità, ma nel campo della salute è criminale, perché i medicinali sono potenzialmente delle vere e proprie mine antiuomo. Il principio di precauzione va a farsi fottere grazie a un'ondata di pubblicità che stimola l'iperconsumo dei medicinali, il quale a sua volta comporta 1.300.00 ricoveri (cioè il 10% del totale!) e 18.000 decessi all'anno solo in Francia. Coccolando l'illusione ossessiva della salute perfetta, della bellezza e della gioventù eterne, Big Farma ha creato di fatto delle nuove malattie.Il cinismo dei laboratori trova l'eguale solo presso i loro marketers, che sacrificano coscientemente la nostra indipendenza, e anche la nostra vita, al Dio Profitto. Eppure sarebbe sbagliato e ingiusto imputare al solo sistema pubblicitario questa deriva del mondo della medicina. Di nuovo, essa non fa che svelare, aggravandole, le insufficienze di una concezione della medicina come assistenza focalizzata sulla prescrizione di composti chimici la cui aggressività è causa di patologie e dipendenze. Ora, le statistiche provano che i progressi della salute pubblica non sono legati in modo decisivo ai medicinali moderni, ma molto più al miglioramento delle condizioni di vita e specialmente dell'alimentazione, vale a dire a cose che gli individui possono controllare da sé. Un'altra concezione della salute si profila a questo punto, una concezione fondata sull'autonomia personale e garantita da una sana igiene di vita che prevede il ricorso all'assistenza medica solo in certi casi particolari. Gli «spettacolari progressi» della tecnica medica non solo non hanno contribuito granché all'aumento della speranza di vita, ma hanno avuto effetti nefasti non voluti o previsti dai medici. Da un lato questi effetti, invece di spingere gli individui a prendere in mano la loro salute per costruire un modo di vivere più sano, hanno rinforzato l'idea che la salute è assicurata al meglio tramite il consumo quotidiano di cure prodigate da istanze specializzate. Dall'altro lato, sono stati sistematicamente usati per giustificare le condizioni di vita moderne: condizioni che sono sempre più patogene! Il cancro, causa di morte per 150.000 francesi ogni anno, è un'epidemia legata all'industria, più precisamente a quella chimica, che è anche alla base della farmacopea. Come scriveva Ivan Illich, "la civiltà industriale crea nuove malattie e il sistema medico stesso è ben lungi dall'essere sano: Una struttura sociale e politica distruttiva trova il suo alibi nel potere di appagare le proprie vittime con terapie che esse hanno imparato a desiderare. Il consumatore di cure diviene impotente a guarirsi o a guarire chi gli sta vicino".*** Inviato via e-mail da Simone Bilotta il 07/08/2006 ***