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Post N° 38


TFR: COSA CAMBIA?Una decisione non facileEntro giugno 2007 i lavoratori devono decidere Con l’accordo preso  fra Governo e Confindustria si è inserita nella Finanziaria una nuova  riforma del trattamento di fine rapporto (TFR), anche conosciuto come “liquidazione” è la somma che viene corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente. Il TFR rappresenta una forma di salario differito (pari all’ammontare della retribuzione annua lorda diviso per 13,5) che il datore di lavoro deve accantonare mensilmente per ciascun dipendente e che è destinato al pagamento della  liquidazione in coincidenza con la cessazione del rapporto lavorativo questo, almeno, secondo le regole attuali. Al momento sono fuori dalla Riforma della Finanziaria tutti i dipendenti pubblici, per cui tale Riforma riguarda solo i dipendenti privati. Regole che sono destinate a cambiare. La cosiddetta  riforma Maroni ( Inizialmente approvata nel Governo Berlusconi ) prevedeva il dirottamento automatico del TFR alla previdenza complementare. In proposito, veniva stabilita la regola del silenzio-assenso, in base alla quale se entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, ciascun lavoratore (privato) non avesse espresso nulla in merito alla destinazione del proprio TFR, questo sarebbe stato automaticamente versato nel fondo pensione aziendale o di categoria, ovvero, in mancanza, alla forma pensionistica complementare dell’INPS.  Con la prima bozza di legge finanziaria presentata dal Governo Prodi il quadro è nuovamente cambiato. Si è previsto che il 50% del TFR inoptato (ovvero quello non esplicitamente destinato dagli interessati ai fondi pensione) venisse automaticamente trasferito all’INPS. Tale fondo non era destinato a sostenere la previdenza complementare, bensì a finanziare opere pubbliche, e sarebbe stato gestito dall’INPS alla stregua di un datore di lavoro privato. Per i lavoratori poco sarebbe cambiato rispetto alla riforma Maroni; essi, infatti, avrebbero sempre potuto scegliere fra la destinazione del TFR alla previdenza complementare ed il suo mantenimento nella forma “tradizionale” di liquidazione versata in unica soluzione al momento della cessazione dall’impiego. Molto sarebbe cambiato per le imprese, che avrebbero visto prosciugarsi in gran parte una fonte liquidità a basso costo. Per cui entro il prossimo 30 giugno i lavoratori dovranno decidere. Se non diranno niente, il loro Tfr futuro andrà nel fondo.Se invece chiederanno di mantenere in azienda la vecchia liquidazione, ci saranno due possibilità. La prima: le aziende con più di 50 dipendenti trasferiranno alla Tesoreria dello Stato su di un conto gestito dall'Inps, «per finalità pubbliche», l'intera quota annua del Tfr non destinato ai fondi. La seconda: le imprese con meno di 50 dipendenti continueranno a operare con il regime precedente, quindi il Tfr «inoptato» resterà nei bilanci aziendali.  Il nuovo quadro è il seguente.Avranno tre possibilità:1) optare per la previdenza complementare, destinando il TFR ad un fondo pensione;2) mantenere il TFR nella forma tradizionale;3) non esprimere alcuna preferenza, nel qual caso il TFR confluirà comunque alla previdenza complementare.Si tratta di una modifica di rilievo, particolarmente favorevole sia per la previdenza complementare (che recupera il TFR inoptato) che per la maggioranza delle imprese queste ultime, in particolare, perdono il TFR tradizionale solo qualora diano lavoro a più di 50 persone.