LA DESTRA CALOLZIO

GIANFRANCO FINI CHIEDE ANTIFASCISMO AI SUOI


Ormai da un po’ di tempo, ascoltando le cronache delle partite di calcio, sento che la Juventus gioca all’Olimpico con… e viene citata la squadra di turno. Ma l’Olimpico non è sempre stato lo stadio di Roma? In un passato recente un personaggio assurto alla ribalta della cronaca nera come capo della banda del Brenta è stato definito dai giornalisti “faccia d’angelo” Maniero. Ma “faccia d’angelo” non era l’acerrimo rivale di Vallanzasca, sulla piazza della Milano criminale degli anni’70-’80, Francis Turatello? Questo paio di esempi tanto per rimanere nel faceto a proposito della confusione sui riferimenti. Negli ultimissimi giorni abbiamo sentito qualcuno, per tornare al discorso più serio, ribadire nell’eclatante incontro con i giovani di AN, che libertà, sicurezza, uguaglianza, giustizia sociale sono valori soltanto dell’antifascismo. “Chi è democratico, cioè si riconosce nei valori della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia sociale è antifascista, ma non tutti gli antifascisti in Italia erano democratici” una parte dell'intervento. Il primo istintivo commento che mi è venuto in mente è stato: “Dev’essergli andata la gnocca al cervello”. Questo “qualcuno” dovrebbe leggere “Intervista sull’antifascismo” di Giorgio Amendola, curata da Pietro Melograni, utile per capire molte cose del fascismo e che in ogni caso gli antifascisti, se si escludono gli inizi del ventennio, non erano così tanti come si vorrebbe far credere. I movimenti antifascisti organizzati, erano scemati sempre più col passare degli anni, non tanto per la repressione, quanto per un senso d’ineluttabilità ”Il fascismo era troppo forte e ormai non c’era più nulla da fare. Soltanto dopo l’abbraccio mortale con il nazismo, le speranze di cambiamento ripresero un po’ di vigore”, spiega Amendola nel libro. Per tornare ai movimenti antifascisti, Mussolini ebbe a dire: “Le opposizioni tutte insieme, sono perfettamente impotenti. Il giorno in cui uscissero dalla vociferazione molesta per diventare concrete, faremmo di costoro strame per i nostri accampamenti”. E ancora! Emblematica la risposta di un sindaco della Sicilia arrestato, come fascista, dagli angloamericani sbarcati sull’isola, che alla richiesta dei loro comandi di consegnarli i fascisti del piccolo comune nei pressi di Licata, da lui governato, rispose: “Ma qui erano tutti fascisti!”. Ma dopo questa curiosa divagazione storica, dicevo, questo qualcuno, di cui sto parlando, non è un comunistoide refrattario alla sconfitta della sua ideologia, ma è Fini. Non Massimo Fini, lo scrittore (non certamente fascista), autori di articoli e libri, abbastanza obbiettivi, come potrebbe pensare chiunque non fosse informato degli stravolgimenti degli ultimi tempi nel nostro Paese, ma si tratta di Gianfranco Fini, il capo indiscusso di Alleanza Nazionale, che avrebbe dovuto raccogliere l’eredità del MSI di Almirante (che anche lui si starà rivoltando nella tomba) per portare avanti la linea del suo partito e i valori di cui era permeato: patria, famiglia, onore, prima di tutto. Il Fini che, dopo aver riconosciuto Mussolini come il più grande statista italiano del XX secolo, oggi ritiene il fascismo “male assoluto” e chi era schierato con lui dalla parte sbagliata;
poi ci si lamenta che le nuove generazioni crescano confuse, in questo caso, è la gioventù di AN ad esserlo, che ha concluso l’incontro con il loro leader fra lo sgomento generale, ma che nei giorni successivi insceneranno proteste (foto a lato), in dissenso al loro capo. Ma qui rischiano non solo le giovani generazioni di perdere i punti di riferimento. Questo per dire anche se in maniera, molto minimalista, certo, quello che accadde ai ragazzi che andarono a morire nella RSI: non fu questione di stare dalla parte giusta o sbagliata, ma in un periodo della nostra storia molto “confuso”, decisero di restare fedeli ai propri principi, ai propri riferimenti, ai propri valori:
quelli, avevano appreso, con quelli erano cresciuti e per quelli andarono a morire, oltre che per difendere l’onore di italiani e dell’Italia. Come i battaglioni di El Alamein (nella foto il sacrario italiano) che si batterono e morirono soltanto per onorare l’Italia e non certo per Hitler o il fascismo, come continua a voler far credere qualcuno. Tuttavia qualche comunistoide rancoroso ha ancora il coraggio di affermare che è inutile che ogni anno i “fascisti” organizzino festeggiamenti per ricordare quegli eventi in terra d’Africa e non hanno ancora capito che non si festeggia un bel niente, ma si commemorano soltanto i caduti, che hanno permesso alla Patria di non sprofondare nel fango. Questi non sono valori? La tanto vituperata X Mas del principe Borghese, di stanza a La Spezia, alla fine cedette le armi, ma non la bandiera dell’Italia, la loro bandiera (con l’aquila), che sfila ogni anno alla Piccola Caprera e davanti alla quale tutti s’inchinano, prima della celebrazione della messa a commemorare i caduti, per per la quale avrebbero dato la vita, pur di non abbandonarla, come avrebbero voluto i badogliani “come uno straccio da piantare nel letamaio”. Questi non sono valori? Ma il valore più grande è che tutti dovrebbero essere grati al fascismo per aver salvato l’Italia dal tallone comunista, che avrebbero portato il paese alla fame e alla rovina ben prima del 1945. Ancora dal libro di Giorgio Amendola :”Nel maggio del ’20 i socialisti italiani vanno in Russia per la prima volta dopo la rivoluzione: non c’erano mai stati. Alcun hanno aspre discussioni con Lenin e partecipano al congresso dell’Internazionale nel luglio, alla vigilia dell’occupazione delle fabbriche. I risultati del viaggio turbano fortemente il Partito Socialista (il PCI era ancora di là da venire). Quando Serrati parte per la Russia non si aspetta assolutamente di trovare né una crisi così grave con Lenin, né la scoperta di una realtà russa così diversa da quella che è stata fino ad allora immaginata[…]. Nel 1920 la Russia sovietica era ridotta in miseria. La produzione agricola era diminuita del 50% rispetto a prima della guerra. L’industria era addirittura in sfacelo. Il malcontento serpeggiava tra i contadini e raggiungeva anche la classe operaia” e questo a soli tre anni dalla rivoluzione. Ora io chiedo, erano giusti i valori del comunismo? Cosa c’è di peggio? Cosa c’è di peggio che sottostare a qualcosa di estraneo al DNA dell’essere umano. Non c’è bisogno di risposte: lo ha già fatto la storia. Mussolini affermava: ”In Italia io non ho creato il fascismo: l’ho soltanto tratto dall’inconscio degli italiani”. E ancora “Gli industriali italiani debbono al fascismo la loro sopravvivenza. Un’Italia bolscevizzata li avrebbe maciullati. E non sarebbe stato poi un gran male. Finita la guerra inizierò l’attacco alla borghesia, che è vile e abbietta. Bisogna distruggerla fisicamente, salvarne si e no il venti per cento. Anzi, no! Colpirò tutti e duro” (ecco cosa qualcuno forse  teme che ritorni). Infine: “Come europei abbiamo un'unica salvezza: la possibilità di fare barricate contro plutocrazia[1] e comunismo in una sola volta creando gli Stati Uniti d’Europa”. Anche in questo, un passo avanti, alle moltitudini.Continua…  [1] Il termine plutocrazia (dal greco πλουτοκρατία, ricchezza, e "kratòs" potere) indica il predominio nella vita pubblica di individui o gruppi finanziari che, grazie all'ampia disponibilità di capitali, sono in grado d'influenzare in maniera determinante gli indirizzi politici dei rispettivi governi Il termine fu spesso usato in senso spregiativo, per esempio, dal fascismo, per indicare le potenze industrialmente avanzate: UK, USA, Francia, soggiogate all'usurocrazia di banchieri internazionali.