LA DESTRA CALOLZIO

La seconda battaglia di El Alamein


Il 23 ottobre 1942, le truppe britanniche, sotto il comando del generale  Bernard Montgomery, sferrarono un poderoso attacco su El Alamein (La marina, nella foto sopra). Le forze di Rommel molto inferiori di numero, inizialmente riuscirono a contenere, seppure a stento, gli attacchi britannici. Nei giorni successivi, vi furono numerosi attacchi e contrattacchi che non portarono a risultati apprezzabili. Tuttavia, a seguito di tali attacchi e della estrema lunghezza delle linee logistiche italo-tedesche, le forze di Rommel si erano gravemente assottigliate, al punto che alla fine di ottobre la forza effettiva di carri a disposizione dell'Asse era ridotta a sole 102 unità.  La seconda fase dell'offensiva inglese si svolse lungo la costa. L'attacco iniziò il 2 novembre 1942. Il 3 novembre, Rommel disponeva ormai di soli 35 carri armati operativi e, nonostante riuscisse a contenere l'avanzata britannica, la pressione sulle sue truppe rese necessaria la ritirata. Il 4 novembre Rommel dovette ordinare il ritiro. Il 6 novembre le forze dell'Asse, non più in grado di opporre resistenza organizzata, iniziarono una ritirata che segnò una svolta della guerra."Ci diedero cinque pallotole ciascuno per i nostri fucili e ci imbarcammo sui Savoia Marchetti 
(foto sotto) soltanto con il paracadute principale. Niente emergenza, o si apriva subito o ci schiantavamo al suolo. Molti dei nostri morirono a terra o prima di arrivare a terra colpiti dal nemico, alla faccia della Convenzione di Ginevra*. Ma nessuno di noi ci pensava. Eravamo in guerra, sapevamo di andare a morire. Non ci interessava vincere, ma morire con onore. Non comprendavamo del tutto quello che ci stava accadendo intorno, e non sapevamo neppure dove eravamo, ma capivamo che dovevamo arrangarci. Io avevo 18 anni. Finite le pallottole, restammo a combattere soltanto con qualche mina anticarro, che presto finirono a loro volta. Così attaccavamo i carri inglesi con le bottiglie incendiarie e ogni tanto, riuscivamo, con un po' di fortuna, a trafugare qualcuna delle loro armi, con le cassette delle munizioni, che trovavamo dentro ai carri stessi o abbandonati dopo uno scontro. Così cominciammo a sparare addosso, con le loro stesse armi, agli inglesi, che si vedevano tornare indietro le loro stesse pallottole. Quando dovemmo arrenderci e fummo catturati, i nostri nemici rimasero colpiti nel vedere che a tenerli in scacco con le unghie e con i denti erano rimasti soltanto un pugno di soldati italiani. Nel mio avamposto eravamo rimasti in 12. Qualcuno di quei soldati ci chiese poi perchè: "Why?.  "Per l'onore" rispondavamo noi " soltanto per l'onore".  Alla fine ci resero l'onore delle armi". (Testimonianza del paradutista sig. Martinello, componente della "Folgore", eroe di quei fatti nei pressi di El Alamein, veneziano,  padre di un mio commilitone, nei paracadutisti di istanza a Siena, che andai a trovare dopo essere stato congedato).La Folgore ebbe circa 400 caduti e dispersi, oltre 650 feriti, un migliaio di nominativi depennati fra luglio/ottobre per malattie e rimpatri, poco più di 3000 prigionieri e un migliaio di superstiti transitati in altri reparti: all’incirca 6000 uomini quanti ne contava al momento in cui fu trasferita in Africa Settentrionale, escludendo i militari dei servizi.* In base a quel trattato, nelle guerre non si doveva colpire il nemico in volo.