LA DESTRA CALOLZIO

Fantapolitica e considerazioni semiserie


Dopo le ultime settimane di continua picchiata, sembra ormai chiaro che il più grosso gruppo bancario europeo, già uno dei più potenti in Italia, sia ormai destinato al crack più incredibile che riguarda la storia del sistema bancario italiano. Tutto lo lascerebbe presagire, visto il tale sviluppo della quotazione del titolo.  Anche oggi dopo aver quotato 1,88 euro ha chiuso drammaticamente a 1,53 euro per azione, senza riuscire nemmeno a riaprire alla pre-chiusura. In soldoni, chi ha investito 1.880 euro questa mattina alle nove, alle diciassette, ne aveva già bruciati 350, dopo le chiusure dei mercati giapponese a + 6,5% di questa mattina; del tedesco a + 11,27%; francese e inglese attorno dal + 1,6 a + 2%.  Ricordo che verso giugno 2007, il titolo Unicredito era arrivato a quotare 7,8 euro per azione. Da allora soltanto una discesa, fra rimbalzi e ricadute. Il fatto preoccupante è tuttavia quello di vedere, nel giro di una decina di giorni, il titolo passare da 2,6 euro (un prezzo già di per sé assurdo) al valore odierno, più o meno con questo ritmo giornaliero: 2,5-2,4-2,2-2,1-2,0-1,9-1,8-,1,7 per chiudere questa sera a 1,53. Probabile apertura definitiva di domani a 1,45 euro, dopo il solito fasullo tentativo di ripresa nel mercato serale, che sorprenderà i primi compratori del mattino. Impressionante! Neppure fosse carta straccia.   Oggi ha perduto quindi, ancora il 18,5% da questa mattina e il 13% dal prezzo di chiusura di ieri. In questo periodo, senza mai un rimbalzo giornaliero, sia che l’America avesse fatto il 4,8% o che, come in questi giorni, stia attorno alla parità (nella media totale).  Non c’è verso per fermare la discesa di Unicredito, che ormai, penso, arriverà a valori prossimi al nominale, per toccare 0,7-0,8 euro per azione. Spero di sbagliarmi e che già da domani ci sia un cambio di rotta, anche sull’onda delle dichiarazioni del presidente della BCE Trichet, che finalmente sembra deciso ad abbassare i tassi (chissà perché non subito?). Certo che se poi dovesse abbassarli di mezzo punto o meno, non servirebbe a niente. Dall'attuale 3,75% dovrebbe portarli al 3% per ridare ossigeno all’economia e alleviare la pressione sui mutui, nella speranza che l'ulteriore diminuzione dell’indice Euribor, riporti fiducia nei rapporti fra le gli istituti di credito, in merito agli scambi interbancari. Altrimenti, le conseguenze saranno complesse e devastanti, soprattutto per il nostro Paese, anche se il Governo in carica crede di poter intervenire al momento giusto, per dire di aver salvato l’Italia dal tracollo, in modo da prendere voti alla Europee o amministrative o alle prossime politiche, dove, grazie alle liste corte bloccate, allo sbarramento del 5% e all’abolizione delle preferenze conta di mettere tutta gente fidata nei posti giusti. Dei veri professionisti, come intende Berlusconi. Inoltre questultimo e il ministro dell'economia Tremonti con l’apporto di Geronzi-Mediobanca, per conto di chi, non si sa (forse), adesso che sono al Governo si auspicano "più Stato, meno mercato" quando fino a poco tempo erano assertori del "più mercato, meno Stato" con la speranza di far tornare l'ingerenza statale nelle banche, al prezzo più basso possibile (vedere Intesa-S.Paolo), come potrebbe accadere alle altre dieci società, più appetibili ai fondi sovrani stranieri o alle OPA ostili. Ma quali fondi sovrani? Adesso si chiamano così gli amici degli amici, arabi o non, che sono carichi di miliardi e miliardi di dollari, proventi del petrolio e di chissà quali traffici, che aspettano di diversificare i loro investimenti e, dove, se non in Italia, il ventre molle dell’Europa? E le mafie, che potrebbero cogliere l’occasione della crisi finanziaria per immettere denaro da riciclare?  La situazione di Unicredito è emblematica per farci capire che quando certi fatti accadono, accadono per una serie di concomitanze e complicità o accordi, che nulla hanno a che vedere con l’economia reale, ma con questioni ben più grandi, che esulano da normali quadri politici e panorami economici-sociali normali. Si potrebbero fare questi discorsi anche per altre società quotate in borsa, è chiaro, ma nessuna può essere paragonata ad Unicredito, sottoposta, almeno sulla carta, a controlli e richiami decisi e continui da parte della Consob (la commissione di vigilanza su borse e mercati), soprattutto quando l’amministratore della banca, Profumo, dava garanzie assolute di liquidità, davanti agli spericolati acquisti di pacchetti di debiti (credit default swap), difficilmente recuperabili, tanto per capirci. O forse il problema è proprio Profumo. Che oggi non va più tanto d’accordo con Geronzi, il numero uno di Mediobanca con il quale aveva costituito un polo bancario potentissimo? Oggi Geronzi è amico di Berlusconi e Profumo che aveva già preso una bella batosta con Capitalia, di cui Geronzi era presidente, pagandola molto più del suo valore effettivo, adesso, forse, ha capito che, non condividendoli, si sta mettendo in mezzo a certi affari o progetti ostacolando le mire di qualcuno. O semplicemente non voglia farsi buggerrare per la seconda volta. Finché, un bel giorno capirà di dover mollare l’osso, perché dall’altra parte stanno tirando più forte.  In un paese diverso dal nostro, anglosassone per lo più, avremmo assistito alla corsa dei risparmiatori agli sportelli a estinguere i loro conti, preoccupatissimi per le sorti dei loro soldi depositati in questa banca, che il sistema continua a dichiarare solida e senza problemi di liquidità. Ma da noi, nulla! In Italia, può cascare il mondo che, finché non è caduto, non succede niente. Preoccupante! No, visto che si tratta soltanto di fantapolitica.