LA DESTRA CALOLZIO

Dal I° Congresso de La Destra sull'Europa


A proposito di Europa il nostro Segretario Nazionale Francesco Storace in occasione del I° congresso a Roma de La Destra ha ribadito: "C'è un drammatico bisogno di
riferimenti morali. Ora tocca a noi
posizionarci nelle risposte politiche che lo scenario mondiale propone ad un'Europa senza identità. L'Europa resta ferma in attesa dell'arrivo di centinaia di milioni di "fratelli" musulmani da Ankara. Poi ci si stupisce del successo delle Destre europee. Il nostro no all'ingresso della Turchia nell'Unione sarà un primo, eloquente biglietto da visita da sventolare di fronte a un panorama politico nazionale. Persino la Lega se n'e' dimenticata. In Europa, saremo dunque, a rappresentare una via sociale, una via etica, una via comunitaria e ci  riusciremo con le forza dei nostri militanti. Saremo una delle pochissime forze politiche a dover raccogliere firme per presentarci. Ne serviranno almeno centocinquantamila. Ne sono contento, perché avremo l'occasione per sei mesi di bandiere e di gazebo per parlare delle nostre proposte. Ora abbiamo strutture ovunque e l'obiettivo di dare rappresentanza politica in Europa a chi non vuole smettere di credere nei valori della destra e' finalmente a portata di mano. Lotteremo per un'Europa politica, luogo d'incontro di popoli e di culture, legata alle sue radici cristiane, estranea ad un modo di vivere americanista che vuole contaminare ed egemonizzare proprio uso e consumo la missione occidentalista.  La sfida delle singole nazioni non può che essere quella di costruire un identità comune che tenga conto delle diverse tradizioni, delle diverse lingue, dei diversi costumi, ma che esalti ciò che unisce tutti i popoli europei, in quanto espressione di un unico percorso storico e culturale. Ecco perché siamo e saremo contrari all’ingresso nell’UE della Turchia. L’Europa prima che un anonimo soggetto economico ha il dovere di essere la naturale espressione di un continente che, geograficamente e culturalmente, ha confini definiti. Accanto a questa, la sfida più difficile che i popoli europei devono affrontare è rappresentata dalla cosiddetta multiculturalità. Per scongiurare il rischio di chiusure a riccio o di inaccettabili atteggiamenti razzisti o xenofobi, servono politiche per la natalità, regole per la difesa delle nostre tradizioni, atti politici chiari nei confronti di quanti mettono in discussione il nostro culto o la nostra identità. Se l’Europa non diventerà presto un soggetto politico e non saprà difendere sé stessa dalla crisi d’identità che vive, il rischio concreto è la crescente marginalità nella politica estera fino alla graduale e completa cessione di ruolo verso le nuove potenze mondiali.  La Destra italiana dovrà interpretare un ruolo originale nel contesto europeo: Sovranità, dignità e indipendenza dell’Italia proiettate nell’idea forza - la forza del mito - di un’Europa unita, forte economicamente e militarmente, conscia del proprio ruolo e che torni ad essere protagonista sulla scena mondiale, e non più pigramente accondiscendente verso gli Stati Uniti.  Avremmo voluto vedere protagonista l’Italia nella costruzione dell’Unione euro-mediterranea, abbiamo invece subito l’iniziativa di Sarkozy. E’ tempo invece di riflettere su quanto l’americanismo ci abbia inquinato culturalmente, quanta parte delle nostre più autentiche tradizioni sia rimasta in piedi, ci sono stati imposti modelli sballati e una visione economicistica della vita; l’unilateralismo si palesa con l’arroganza di un impero che tuttavia non possiede una superiore visione del mondo e della vita che non comprende la ricchezza feconda delle differenze; ed ora ci scarica addosso il prezzo di una gigantesca crisi economica, dovuta alla “sua” finanza virtuale, al “suo” liberismo sfrenato, alla “sua” globalizzazione, figlia di un progetto politico, che richiede un pensiero unico e che non solo non assicura libertà e progresso al pianeta, ma lo sta portando alla povertà, alla fame e al declino.  Un’Europa artefice del proprio destino, consapevole della propria missione, fiera dei propri valori è quella che continuiamo a sognare in un Occidente in cui ci posizioniamo non per servilismo, ma per scelta di civiltà. Ma non è l’occidente americanista quello che abbiamo sognato per i nostri figli, non è appunto l’Europa che apre al “mercato” turco quella cui aspiriamo.Vogliamo un democrazia di popolo a livello continentale, pretendiamo rispetto delle sovranità e non burocratismi irresponsabili.  Garantiremo indipendenza e protagonismo sulla scena internazionale, ci batteremo per un’Europa capace di parlare al mondo con una sola voce, figlia della democrazia e della volontà dei suoi popoli. Il sogno di un'Europa unita e forte col passare degli anni si sta per trasformare in un incubo che vede i governanti del vecchio continente contrapposti ai popoli nazionali sempre più perplessi sul futuro dell'Unione europea.  Quanto accaduto in Irlanda con la consultazione referendaria non può essere sottovalutato, i popoli chiamati a decidere ormai hanno fatto capire con chiarezza la loro opinione. Ora che non c’è più la paura del comunismo alle porte, si apre la crisi della Vecchia Europa. Il suo allargamento, che ha trascurato ogni impronta di carattere storico, culturale, religioso e politico, privilegiando invece solo economia, finanza e burocrazia, ha coinciso con un traguardo e con un limite: quello dell’assenza di una qualsivoglia capacità progettuale.  E’ l’Europa che è fallita, in una visione mercantile priva di respiro politico, incapace di democrazia diretta, di politica estera e di difesa comune; è l’Europa che si ferma ora a Lisbona e dimentica di ritrovarsi a valori unificanti sul piano culturale e religioso; è l’Europa che si ferma un miglio prima dell’approdo alla costruzione di una grande potenza militare e politica; è l’Europa a cui manca una missione; è l’Europa tutta a doversi indirizzare in maniera diversa. Senza paure né timori reverenziali nei confronti di alcuno. Le insufficienze che abbiamo sotto gli occhi sono state dovute in gran parte all’incapacità – o alla non volontà – da parte degli Stati europei e dei burocrati di Bruxelles di intervenire, anche in maniera diretta (in particolare sulle importazioni), per garantire e tutelare attivamente l’interesse degli Stati membri. Per questo riteniamo che sia ora di cambiare rotta.