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LA FORMICA ROSSA

Il blog de La formica con un'idea sociale - gruppo studentesco nato in Università Cattolica, sede di Milano

 

 

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Dialogando con le alte sfere

Post n°16 pubblicato il 17 Maggio 2007 da la_formica_rossa
 

di Anna Parlangeli e Andrea Riccardi

Il prof. Alberto Cova, Preside della Facoltà di Economia (Università Cattolica, sede di Milano) ci racconta i Consigli di facoltà.

D. Quali sono, dal suo punto di vista, le funzioni reali degli studenti all’interno del Consiglio di facoltà?
R. Se si supera il discorso del potere di voto – che gli studenti peraltro non hanno –, e se il Consiglio viene interpretato come un luogo nel quale ognuno può rappresentare in un dibattito libero le proprie idee al fine di adottare soluzioni che riguardano la gestione complessiva della Facoltà, allora la  In questa sede la presenza degli studenti era libera ed auspicata, il vero problema era proporre  idee innovative e convincenti. Nei Consigli ci troviamo di fronte al libero confronto di idee e le mettiamo sul tavolo, ma è presupposto necessario essere aperti alla ricezione delle proposte altrui,  purché queste non confliggano con l’identità della struttura nella quale vanno ad inserirsi. Partiamo dal principio che il confronto delle idee è produttivo, e le idee dello studente, come le altre, vengono valutate e discusse. Non è il voto a dare significato alla presenza, quanto il contenuto che si vuole dare all’incarico, sia di fronte a questioni banali sia di fronte a questioni più complesse, dalla gestione degli appelli d’esame alla pianificazione del modello didattico.presenza degli studenti diventa significativa. Non sto facendo un discorso astratto, sto facendo un discorso concreto. Quando abbiamo immaginato il modello didattico del 3+2 , il Consiglio di facoltà ha dovuto studiare come realizzarlo,  innanzitutto il ciclo triennale, poiché era il momento più nuovo, in seguito anche quello biennale. Prima della riforma il disegno formativo veniva deliberato in sede ministeriale e solo in seguito proposto o imposto alle facoltà; nel modello del 3+2 pur esistendo dei limiti, dei paletti imposti a livello statale, la possibilità di spaziare era comunque molto ampia: nel nostro caso si trattava, quindi, di fare delle scelte che esprimessero la peculiarità della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica. Ne derivava che il modello didattico avesse una sua specificità.

D. Per quanto riguarda la sua esperienza, ha notato da parte degli studenti nel Consiglio di facoltà lacune o aporie? In cosa e come si può migliorare?
R. È fondamentale non mettersi nella prospettiva di “volare basso”, come capita di solito: se fissare otto, nove, dieci sessioni di esame... Servono contributi significativi, mi piacerebbe vedere un po’ più consapevolezza circa l’opportunità di fare proposte anche su punti importanti: va benissimo  occuparsi della tempistica delle lauree, della presentazione delle domande, del numero di appelli, l’interesse generale degli studenti va in questa direzione, ma il loro incarico non si deve esaurire in questo.  È a discrezione degli studenti scegliere rappresentanti che abbiano capacità e proposte ambiziose.

D. È cambiato qualcosa dal momento in cui sono stati ammessi gli studenti nei Consigli di facoltà?
R. Direi di sì, ma è necessario abituare gli studenti a ricorrere alla rappresentanza, deve essere rappresentanza sul serio. Oggi come oggi la rappresentanza è fondata sull’azione di singoli che, magari, hanno a che fare con gruppi strutturati; a votare va il 10 per cento degli studenti o giù di lì: la rappresentanza acquista valore e significato in modo proporzionale alla percentuale dei votanti. La votazione dovrebbe essere davvero ampia. Nel Consiglio di facoltà i rappresentanti degli studenti non hanno diritto di voto: il loro ruolo ne esce sminuito agli occhi di chi dovrebbe votarli. Gli studenti si chiedono: “A cosa serve?”. Serve!  I docenti non sono sordi alle proposte. La capacità del rappresentante sta nell’affermarsi come portavoce dei più.

D. Quanto la frammentazione politica può condizionare l’attività dei rappresentanti degli studenti?
R. Noi non viviamo un’esperienza di frammentazione; i rappresentanti degli studenti, nel nostro caso, sono concentrati attorno alla stessa area; in sedici anni non credo che mi sia mai capitata una sperimentazione del pluralismo.

 
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