IL MONDO DI LAMB

Il pianeta visto dai grandi occhi silenziosi di lamb

 

BREVE STORIA DI QUESTA IMMAGINE

immagine

Scattai questa immagine molti anni fa, ad Albenga, credo fosse il 1987, a quel tempo stavo compiendo un felice percorso di ricerca personale in campo fotografico.
Da allora questa foto ha attirato su di sè i commenti più sdegnati. E' giunto il momento di raccontare la vera storia di questa foto e, magari riflettere sul nostro tempo (l'era delle immagini) e sull'ironia tremenda della sorte che con terribili fatti di cronaca ha reso ancora più immediata l'erronea lettura di un messaggio che non c'è.
Quel pomeriggio una bimba di forse 5 o 6 anni giocava sul balcone di una delle case del centro storico a fare il bagno alla sua bambola, schizzandosi felice nell'estate rovente, quando la testa della bambola si staccò dal busto e cadde dal balcone. Essendo la testa di plastica vuota all'interno, durante il "bagnetto" si era riempita d'acqua , la quale, nell'impatto, fu proiettata all'esterno creando davanti ai miei occhi un'immagine interessante. Scattai immediatamente, tra le proteste dei presenti che, da subito, odiarono per primi questo scatto che io amo, tantissimo,  perchè dimostra che il realismo può  essere la chiave giusta per farci vedere la magia di un momento, al pari della fantasia in un altro. Di solito è attraverso la fantasia che possiamo vedere la bellezza dove non appare  al primo sguardo. Invece qui la nostra immaginazione piena di luoghi comuni ci acceca e non ci fa vedere che la foto ritrae abbastanza evidentemente la scena che ho raccontato,( si vede che è una bambola, o no?) si passa subito ad una lettura simbolica e la si rifiuta. con raccapriccio, biasimando l'autore per l'emozione negativa che....è solo negli occhi di chi guarda.  

 

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COME GOCCE

Sono solo parole, lo sento,
ma mi portano in mare aperto,
poco a poco la notte si fa alta
e il tocco
delle sue mani di sabbia
ci riempie di attimi.

Sono solo pensieri, lo so,
ma perturbano il respiro,
condensandosi così come vedi
come gocce su un fianco di barca.
Come gocce su un fianco di barca,
tu precipiti in lacrime.

A guardarlo da qui,
anche un uccello da preda,
che ti guardasse così,
sembrerebbe un amore.

Ma è un deserto di brividi,
desideri si affrontano
e si scontrano,
e ogni sguardo
è un insetto di sughero
che si estenua
e si infrange
nell'inarcarsi di ognuno.

 

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DA: TEMPI MODERNI UNA CANZONE DI LAMB

Ci volevano i tempi moderni
per capire che i tempi moderni
non sarebbero stati
un rimedio sicuro
all'angoscia di vivere qui,
nei tempi moderni,
con la paura di vivere adesso,
nei tempi moderni.

 

 

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RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°9 pubblicato il 25 Ottobre 2006 da lamb4ever


ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno

5.

Dick.

 

In cima alla collina, il mattino era senza colore. Dick spense il motore e scese dall'auto, confermando il sospetto che si sarebbe trovato di fronte ad una sorta di mise-en-espace del suo stato d'animo. Incolore silenzio tendente al nulla.
Si accese un'altra sigaretta ( perché non smetti, Dick?) e fumò nella nebbia, aspettando che qualcosa lo spingesse a suonare il campanello, cosa che l'avrebbe trascinato nel carosello senza senso che si ostinava a definire senza troppa convinzione "lavoro".
Dick era un accordatore di pianoforti. Un lavoro da vecchi, o da ciechi. E Dick si sentiva anche peggio di così.
E pensare che fino a pochi anni fa, mettere le mani su un Pleyel del 1875, ridare smalto alla voce nobile ed antica del pianoforte preferito da Chopin, l'avrebbe colmato di emozioni, si sarebbe sentito importante. Avrebbe viaggiato nel tempo accarezzando il legno delicato ed odoroso di quel testimone di un'epoca, avrebbe visto con gli occhi della mente lo strumento mentre veniva costruito, poi l'avrebbe sentito suonare nell'aria profumata dalle ampie vesti delle donne, mosse dal vento di una danza, e poi da altre danze lungo le stagioni della giovinezza di quelle persone e del mondo. Avrebbe udito le sue note che da romantiche diventavano oniriche e visionarie con Debussy, Ravel, Satie, fino a suonare di nuovo Chopin che ritornava da oltre l'oceano, innervato e sferzato dai colpi di reni di sciamani in trance, di terzine e controtempi, fino ad astrarre il suo timbro di mandorla sotto una resina di accordi a quarte, uno specchio sul quale Miles Davis, ad esempio, condensava una rugiada acida dal soffio della sua tromba.
Di certo, una inspiegabile ma pungente fitta di nostalgia l'avrebbe turbato, al pensiero di quei momenti, avvenuti lontano nel tempo, quando lui neanche esisteva.
Lontano?
Quanto sono lontani da te un amore, un suono, l'odore di una pelle amata, il sapore di una albicocca calda di sole, in un presente in cui non esisti?
Questa domanda è importante, rifletteteci, se non volete perdere il vostro tempo, perché è esattamente così che si sentiva Dick: non si sentiva più esistere.
Capita anche a voi, lo so. E che fate quando vi perdete? Cercate le prove che siete reali. Ad esempio, guardate vecchie foto. Non è forse vero? Così aveva fatto Dick, la sera prima, aveva viaggiato nel tempo, nel suo tempo, aveva cavalcato la lancetta delle ore della sua vita.
Un giovane Dick seduto tra i compagni della banda del quartiere, con il suo sax nuovo e luccicante, almeno quanto i suoi occhi stupefatti.
Dick cresciuto, sempre col suo sax. Meno lucido il sax, più intenso e un po' triste lo sguardo di Dick.
Dick che suona, con l'aria di chi sta cambiando il mondo, il sax è il centro esatto della musica e lui ci sta soffiando dentro.
Dick dopo un concerto, è con alcuni musicisti, qualche ammiratore, qualcuno gli tocca una spalla, lui è l'unico che non ride.
Dick non rideva perché si stava chiedendo che cosa si sarebbe inventato la sera dopo. Era necessario, per evitare di finire proprio lì, dove si trovava ora.
Che cos'è che era andato perduto? Cosa aveva dimenticato? Un tempo c'era stata una luce, dentro, che si irradiava dalle pareti,(se così si può dire), di Dick verso il centro di Dick. Era da lì che veniva la musica.
Istintivamente si guardò l'avambraccio, dove pochi giorni prima gli avevano piazzato sotto la pelle quella specie di neo trasparente che, gli avevano detto, serviva per collegare lui, Dick, a quella scatoletta dal nome complicato, come tutte queste cose moderne. Lui non ci aveva capito nulla, ma il tipo gli aveva assicurato che sarebbe stato un toccasana. Non avrebbe più fatto sogni in cui aiutava un suo amico batterista a nascondere un cadavere, col tempo la luce sarebbe tornata e con quella la musica.
Mentre pensava a Martine che gli diceva: -Perché non riprendi a suonare?- premette il pulsante di ottone che azionava il videocitofono del castello. Poco dopo il cancello si aprì, l'enorme cane nero non lo sbranò. Dick non uccise né lui, né i discendenti in linea diretta dei feudatari del luogo con la sfortunata servitù. Non che per questo la giornata promettesse molto, ma più tardi avrebbe provato ad accendere quel coso.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 19/11/06 alle 17:08 via WEB
Bel modo di scrivere, complimenti! (Son capitato per caso in questo blog, ma mi ci sono soffermato volentieri)
 
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