Creato da Navygator2007 il 17/11/2007
Dal profondo sud d'Italia al punto più settentrionale d'Europa
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Dopo migliaia e migliaia di chilometri di foreste di betulle ed abeti, la vegetazione arborea comincia a mostrarsi più rada, con alberi che presentano il fusto sempre più basso, fino a sparire completamente. Le nevi ed i pascoli di renne li incontrano ad altitudini sempre minori, fino al mare. Al Mar Glaciale Artico. Nello specifico, siamo entrati in una enorme rientranza dell'Oceano Polare: il Fiordo di Porsangen. Per circa 200 chilometri viaggiamo su una stretta strada che appare sospesa tra mare e cielo, ottenuta tagliando le dure rocce granitiche che, quasi a strapiombo, si tuffano nelle gelide acque sottostanti. Poi, all'improvviso, un cartello, sbucato dal nulla, ci indica l'imboccatura del Tunnel di Capo Nord: un “buco” stretto e freddo, scavato nel granito nudo e crudo, che scende fino a 212 metri sotto il livello del mare e riemerge dopo 7 chilometri. Ma non per riveder le stelle, nonostante sia mezzanotte esatta, ma un Sole rosso, infuocato, come lo si vede dalle nostre parti quando sta per “immergersi” nel mare. E' il Sole di Mezzanotte, il Sole che mai tramonta, che sfiora il pelo dell'acqua per poi risalire. Per 72 lunghi giorni, le tenebre non prendono mai, neppure per un secondo, il sopravvento sulla luce. E tutto sembra irreale, sublime. Sembra di sognare, ma è la realtà. Una realtà così fantastica che non ci dà lo spazio per l'immaginazione. Tutto ciò che possiamo concepire con la fantasia, è lì, dinanzi ai nostri occhi. Siamo sull'Isola Mageroya, l'isola dove è posto il leggendario Capo Nord. Dall'uscita del Tunnel alla nostra meta finale ci sono quasi 40 chilometri. Quaranta chilometri di desolata tundra artica, completamente priva di alberi di qualsiasi altezza. Solo una minuscola erbetta, brucata da migliaia di renne, cresce in quei pochi mesi in cui la superficie è libera dalle nevi. Nevi che, alla fine di maggio, ricoprono a macchia di leopardo le dolci ondulazioni che la Strada Europea E69 segue con molta discrezione, quasi mimetizzandosi con l'intatta natura circostante. La stagione del disgelo è quella ideale per poter ammirare in tutto il suo splendore la bellezza di questi luoghi. Vi è un meraviglioso contrasto di elementi naturali: laghi gelati circondati da prati ingialliti; lingue di ghiaccio che si tuffano nel blu del mare e specchi d'acqua non ghiacciati che riflettono i colori d'orati che il pallido sole di mezzanotte crea col bianco delle colline innevate. Dopo circa mezzora di guida in questo paesaggio fiabesco e dagli orizzonti praticamente infiniti, scorgiamo una strana costruzione sovrastata da una cupola bianca. Si tratta della parte emersa della Nordkapphallen, una grande struttura sotterranea di servizi realizzata all'interno dello zoccolo granitico che sorregge il Mappamondo di Capo Nord. Per accadere all'area, bisogna pagare la salatissima cifra di 25 euro, che permette di sostare nell'area di Capo Nord per due giorni. Parcheggio auto compreso.
Oltrepassata la sbarra del casello, entriamo in un grande terrazzo dove vi è spazio a volontà per sostare ovunque. Cerchiamo di portarci con l’auto nel punto più vicino al Mappamondo. La meta tanto sognata e desiderata è a pochi secondi. Eccolo il Globo d’acciaio. E’ lì. E’ proprio dietro una schiera di camper, perfettamente allineati per osservare dai loro parabrezza il Sole di Mezzanotte. Trovo un piccolo varco tra due di questi mezzi, giusto lo spazio per far transitare un automobile, oltrepasso la barriera di “case a quattro ruote” e mi avvicino sempre di più al Mappamondo, seguendo il Sole come una Stella Cometa. Mi spingo fino al punto in cui non è più possibile andare oltre, cioè dinanzi al reticolato che segna il limite tra la terra ed il mare. Sotto di noi vi è l’immensità dell’Oceano Artico, irradiato da un sole perfettamente in asse tra noi ed il Globo. Lo spettacolo è senza eguali, l’emozione è indescrivibile. Tiro il freno a meno e spengo il motore. E’ mezzanotte e 26 minuti del 21 maggio 2009. Finalmente, dopo 5.268 chilometri e 600 metri siamo giunti al traguardo. Qui, a 71 gradi 10 primi e 21 secondi di latitudine nord, l’Europa finisce ed inizia lo sconfinato Oceano Artico. Il Polo Nord è a soli 2mila chilometri nell’esatta direzione del sole che ci illumina a mezzanotte.
Ad aspettarci fuori dallo sportello vi è una temperatura prossima allo zero ed un vento gelido ed impetuoso che abbassa notevolmente il grado di calore percepito. Con tanto di guanti e giacconi, usciamo dal veicolo e corriamo veloci, dritti e senza esitazione al Mappamondo. Eccolo, finalmente e dinanzi ai nostri occhi. Da solo, non vi è anima viva oltre a noi. Salgo i 5 gradini della base di cemento su cui è posto il monumento metallico, lo afferro e, istintivamente, do con la mano destra una serie di colpi ai suoi tubi di acciaio. Dei colpi così forti da far sentire il rimbombo del metallo fino a decine di metri di distanza. Forse, con questo gesto, voglio inconsciamente assicurarmi che il momento che sto vivendo è reale e non frutto della fantasia. Per me, e forse pure per molti altri, questo monumento rappresenta non solo il tetto del vecchio continente, ma una sfida da vincere, il punto di arrivo, e magari anche di partenza, di un percorso interiore.
Ma il vento freddissimo è veramente insopportabile: non ci sentiamo più le orecchie, il naso, le guance. Le mandibole sono quasi bloccate. Ritorniamo semi-congelati in macchina e posizioniamo la manopola del riscaldamento al massimo della sua potenza. Ci vogliono almeno 15 minuti per riuscire a muovere la bocca e scambiarci qualche parola. Sfruttiamo le energie riacquisite per coprirci in modo più pesante, questa volta anche il capo con dei passamontagna, e ritornare sul Mappamondo.
Ma, nonostante il gelido vento artico che ci spezza il fiato, ci dobbiamo ritenere fortunati. La probabilità di riuscire a vedere il Sole a mezzanotte è minima. A quell’ora, nel 90 per cento dei casi, la nebbia avvolge totalmente quel terrazzo naturale posto a 307 metri sul livello del Mare Artico.
Dopo aver immortalato lo storico momento con riprese video e centinaia di fotografie, decidiamo di andare a prendere una cioccolata calda nella Nordkapphallen. Ma, purtroppo, l’unico rifugio per sfuggire al freddo polare è chiuso. Riaprirà in mattinata. Non vi sono altre strutture nella zona. Siamo su una rupe granitica che lascia intravedere la desolata a arida tundra artica da un lato e l’oceano dall’altra. Per evitare l’assideramento, non ci rimane che rinchiuderci per qualche ora in macchina ed aspettare l’apertura della Nordkapphallen.
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