Quotidianamente...

Post N° 285


Che poi a cercare di fare il cuscinetto tra due litiganti ci si rimette non solo il dito ma anche gran parte della pace domenicale. Pure lavorando in un ufficio di piccole dimensioni, le guerre non mancano, solitamente cerco di stare alla larga, poi, chissà perché vengo coinvolta in un ruolo che non mi appartiene. Mi occupo di amministrazione non faccio mica il peacemaker, altrimenti starei da qualche parte nel mondo a cercare di assopire qualche focolaio e la soddisfazione sarebbe senz’altro maggiore. Cerco di stare lontana perché solitamente si sta peggio dei due litiganti. In questo litigio ci sono finita anche per mia voglia di assopire almeno le tensioni. Una parte della domenica è andata via a rovinarmi il fegato nella mia personale interrogazione se avevo fatto bene o no. Il giorno dopo, ho trovato una e-mail di una delle due litiganti che si congratulava per il mio senso di giustizia e l’altra ha fatto lo stesso via telefono. Ho passato parte della mattina a chiedermi se in quelle parole ci fosse dell’ironia, poi, la vita continua e ho mandato in stand-by i pensieri. Una delle litiganti è venuta a chiarire il suo punto di vista con la direzione; per festeggiare abbiamo deciso di andare a bere “qualcosa” in un locale vicino all’ufficio. Ho subito precisato che io non bevo mai “una cosa” e mai mangerò “una cosa” ed abbiamo optato per una birra media doppio malto. Che poi mica ero tanto convinta. Avevo pranzato con delle gocce contro il mal di testa ma di questo me ne sarei ricordata dopo. La birra era buona e fresca, le chiacchiere scorrevano a fiume e tutto era perfetto. Il locale era un po’ troppo trendy per il mio personale gusto ma non si può avere tutto in una stessa giornata. Che dici andiamo? E lo sapevo. Sapevo che prima o poi, sarei dovuta tornare sul pianeta Terra e realizzare che non ci stavo così bene, che tutto, ma proprio tutto mi girava intorno e che forse no, non sarei riuscita ad alzarmi e ancora meno a pedalare. Che dici aspettiamo ancora un po’? Prendo una bottiglietta di acqua ed inizio a bere. Ma ce la farai a pedalare, mi chiede lei. No, non ce la farò mai ma se riesco almeno a camminare porto la bici a mano ed è fatta. E intanto lei continua a ridere ed io anche perché non riesco a capire come mai una birra mi aveva messo al tappeto in così poco tempo. E ci alziamo. Lei sale sul suo motorino ed io inizio a perdere tempo con la catena della bici, quella che la blocca. Per una frazione di secondo avevo meditato di portare con me anche l’albero, così tanto per non continuare a cercare di infilare la chiave nel lucchetto. E ridevo. Perché non poteva essere che una birra media mi avessi messo al tappeto in così poco tempo. Di fronte al locale “di tendenza” si era creato un assembramento ed io pensavo che con un colpo ben assestato avrei potuto anche fare strike, bastava chiudere un occhio e il gioco era fatto. Invece sempre ridendo, inizio a chiedere scusa e a farmi largo in mezzo a tutta quella gioventù. Arrivata quasi all’incrocio decido che potrei anche pedalare e che sarebbe stata anche una bella fine morire lì, proprio lì, perché lì, proprio lì era morto Rino Gaetano. Mi fermo e valuto meglio la situazione: lungo rettilineo, ce la posso fare. Sicuro. Salgo sulla bici e inizio a ridere. Che poi, da ridere non c’era proprio nulla. Anzi, ad essere più cosciente ci sarebbe stato da piangere, ma ormai. Per fortuna il traffico si era fatto raro ed io potevo tranquillamente zigzagare perché sono certa che non ho mai preso in considerazione la linea retta in quel frangente. La mia bici è diversa, da bravo mulo mi ha portata fino a casa. Ancora ora mi chiedo come abbia fatto ad arrivare fin lì e sana e salva. E continuo a chiedermi come mai una miserabile birra media abbia potuto produrre tutto quello. Voglio una vita spericolata. Voglio fare la pupa del gangster. Visto i tempi che corrono forse sarebbe meglio fare la pupa del ragioniere o quella del manager. Ma sì. Di sicuro non ripeterò l’exploit di pedalare dopo una birra media doppio malto.