Quotidianamente...

Post N° 295


”Au pied d'un panneau couleur sansonnet Où près du slogan l'affiche s'empresse Se tint un beau soir querelle traîtresse Entre un viel ivrogne et le bardonnet, Rempli de Dudo, Dubon, Dubonnet, Le premier mettait son pied sur la fesse Du second, choqué qui, je le confesse Passait la mesure et le bâtonnait.”  (Boris Vian, Publicité)Un giorno ho perso mio padre. Veramente. Ho alzato gli occhi e lui non c’era più.Eravamo in metropolitana. Era la prima volta che mi capitava. Ero poco più che bambina. Avevo forse dieci anni o forse meno. Ovunque lui andasse mi portava con lui. Per la mia curiosità, sosteneva lui. Non ricordo dove si stava andando. Ricordo la metropolitana. Era la prima volta che scendevo sotto terra e tutto mi stupiva. Mi stupivano i binari, provavo meraviglia per tutta quella gente che saliva e scendeva, per tutta quella fretta. E non volevo entrare nello scompartimento, volevo rimanere sul binario a guardare l’andirivieni delle persone. Mi stupiva. Entrai. E iniziai a guardare dal finestrino, anche se fuori era tutto buio. Ma volevo vedere lo stesso. E c’era da vedere, c’era una pubblicità che si ripeteva ogni tot metri, era una pubblicità che iniziava con una parola tronca, dopo un po’ la parola diventava più lunga e dopo un altro po’ si completava. Tiravo mio padre per la giacca, per renderlo partecipe di quella scoperta. Ma lui era troppo preso dall’attesa della fermata giusta. Siamo scesi, ed io mi fermai a guardare quella moltitudine di persone. Di fronte ad una cartina delle linee colorate della metropolitana, rimasi lì incantata, mio padre mi era a fianco, ne ero certa. Guardavo le linee, cercavo di capire il funzionamento dei numeri e dei colori, alzai gli occhi e mio padre non c’era più. Mi guardai intorno e non c’era. Avevo perso mio padre. Non sapevo cosa fare. Iniziai a piangere. Così. Perché mi sembrava la cosa più naturale. Si avvicinò una signora e confessai di aver perso mio padre. Mi accompagnò da un’altra signora, alla biglietteria. Quest’ultima mi chiese com’era mio padre ed io ricordo la risposta: è mio padre! E’ mio papà! Chiese il mio nome e andò, con me per mano, verso il microfono. Stava per comunicare che la bambina H. aveva perso suo papà e voleva segnalare a tale papà dove stava la figlia. Ricordo che ero felice di tanta sollecitudine, mi sentivo tranquilla ma allo stesso tempo ero un po’ arrabbiata, non riuscivo a capire come aveva potuto mio padre perdere la propria figlia, perdere proprio me e così continuavo a piangere. La signora aveva, ormai, in mano il microfono ed io lasciai l’altra sua mano. Avevo visto da lontano mio padre che veniva verso me sorridendo. Andai incontro a mio padre correndo tra le lacrime. Girandomi verso la signora e ormai sorridendo dissi: ho trovato il mio papà. Ecco il mio papà! Stupita che lei non lo riconoscesse. Lui sostenne che dovevo essere più attenta ai suoi spostamenti ed io risposi che doveva, però, stare attento a me che ero più lenta di lui. Ma ormai avevo trovato mio papà e andava tutto bene. Ancora oggi quando vado in metropolitana, in quella città, cerco nel buio esterno dei vagoni, la pubblicità che non c’è più. Il ricordo è ancora così nitido che potrei persino canticchiarla.Quella volta avevo perso mio padre.Tutto questo mi è tornato in mente, mentre rileggevo un post dedicato ai bambini di ogni età. Perché questo ricordo e non un altro? Buh.