Quotidianamente...

Secondo giorno..


Il primo giorno è sembrato quasi facile. Quasi facile creare un blog, lasciare un pensiero volante. Quasi facile. E ora? Già ora. Cosa scrivere? Sono, in fondo, timida. Provo un certo timore a lasciare pensieri in giro. Di solito, scrivo, salvo i pensieri nella memoria del computer. E lì rimangono anche per anni finché non vengono cancellati. Completamente. Cancellare i pensieri di tanti anni prima è come fare le pulizie di primavera o di Natale. E’ aprire una finestra. Permettere all’aria di rinnovare quella stantia. E’ liberarsi dell’inutile. I pensieri “datati” sono come i vestiti, a volte, hanno bisogno di un taglio diverso o, semplicemente, essere visti da occhi nuovi in grado di apprezzare anche il vecchio. I nostri occhi nuovi. La nostra capacità di rinnovare il modo di pensare. Superare l’inutile. Superare il male subito e i torti fatti. Invece con un blog… i pensieri rimangono. Lì, fermi. E per fortuna che oggi è venerdì. Da quale neurone impazzito viene questa vena di malinconia? Non è malinconia, è solo perdersi nei meandri dei propri pensieri. Semplicemente prendere vie traverse per non arrivare da nessuna parte. D’altronde il viaggio è sempre più intenso dell’arrivo. Amo perdermi. Perdermi è come annullare la parte razionale che, da qualche parte, esiste, anche, in me.  Adoro il venerdì. Il venerdì ha, per me, persino un colore. E’ blu, il blu che regala solo un giornata al mare quando il cielo è limpidissimo. Il venerdì è così. Limpido, solare. E’ la premessa ai due giorni che io chiamo “faccio quello che mi pare”. Di venerdì potrei istruire una squadra di volenterosi bradipi al nulla, alla totale inazione, al pregustare l’ozio. E non è noia. Di venerdì persino la mia collega è diversa. Semplicemente, la vedo con occhi diversi. Diventa sopportabile. Sopportabile perché riesco a cancellarla completamente dalla mia mente. Sarebbe bene, però, precisare che la giornata non è finita. Capace che succeda di tutto da qui alle ore 18. Mai mettere limiti alle corde della mia collega. Ma, mi godo il momento. Silenzio. Solo i muratori al piano di sopra continuano a martellare sopra la mia testa. Ecco, cosa vorrei. Vorrei un’isola, senza famosi, senza dannosi. Un’isola dove poter godere il silenzio. Silenzio.