Quotidianamente...

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 Da due settimane, ogni mercoledì, partecipo ad un corso sulla sicurezza in qualità di rappresentante dei lavoratori dell’azienda. Che poi, non sono stata eletta da nessuno, e nemmeno nessuno ha chiesto il mio parere. Mi è capitato così, tra capo e collo. Ho scoperto il misfatto leggendo una mail. Una mail arrivata da una società esterna che comunicava all’azienda, nonché a me, gli orari dei corsi e il luogo. Comodo. Ma sì. Il primo corso verteva sulla sicurezza in caso di incendio e ho scoperto che il mio preciso compito sarà di chiamare il 115 nonché di radunare i dipendenti e di rassicurarli. E a me chi penserà a rassicurarmi? Poi, si fa presto a dire dipendenti: in sede siamo quattro: la mia collega ed io e due “capi”.Distaccati sono più di 20 (tra dipendenti e collaboratori), ma stanno altrove. E’ stato nominato anche un addetto al primo soccorso, un collega distaccato. Perfetto. Se mi dovessi sentire male, lo dovrei avvertire con un congruo anticipo. Mi ha fatto sapere che lui ha scoperto che in caso di emergenza dovrà chiamare il 118. Io, personalmente, avrei chiamato il 113, anche lui, mi ha risposto, ma ha scoperto che il 118 è il numero delle emergenze sanitarie. Utili questi corsi. Il collega mi ha chiesto il perché di tanta sollecitudine da parte dell’azienda. Semplice, ho risposto, sono adempimenti obbligatori per legge. Ah, ecco, ha risposto lui. Già. Mercoledì mattina il l’argomento era la comunicazione in azienda. E’ stato illuminante. Così, ho imparato che devo, ogni tanto, interrompere la comunicazione standard per farla diventare “innovativa”. Perfetto, ho pensato. Secondo la gentile docente, per fare diventare la comunicazione innovativa, basterebbe cambiare carattere (font) e sfondo della circolare (o e-mail). Se il mio “font” è sempre e comunque tahoma 10 blu, dovrei usare, secondo la docente, il comic 16 magari in verde con uno sfondo rosa. Rosa? Sì, rosa. Ho risposto che i miei colleghi avrebbero chiamato la neuro perché mai e poi mai e ancora mai avrei usato uno sfondo rosa e dunque si sarebbero preoccupati della mia salute mentale. Vedi, questa è innovazione, questo è rompere con la comunicazione standard. Ho risposto che prima di arrivare al rosa per diventare innovativa, c’era tutta una gamma di colori da prendere in considerazione. Fucsia? Ha proposto lei. Ho strabuzzato gli occhi. Ho risposto che io sono un’ironica austera. Che sì, scrivo e-mail venate di ironia ai miei colleghi ma perché le informazioni che richiedo sono sempre le stesse e allora cambio ogni tanto tono, così, per non annoiarli e per non annoiarmi. E che mandare e-mail più o meno ironiche non significa scrivere in carattere 16 e su sfondo rosa. Cavolo! Gli altri partecipanti hanno annuito, dandomi ragione. Cavolo e cavolo! Sfondo rosa? Io? Impossibile. Perché non aggiungere anche qualche immagine glitterata?, ho chiesto. Ottimo suggerimento, ha risposto la docente. Ero esterrefatta. Immaginavo la faccia dei miei colleghi a leggere una mia e-mail “innovativa”: le mie solite richieste su sfondo rosso à pois glitterati. Una sconcezza. Mentre ascoltavo la docente, ho pensato che forse il mio blog dovrebbe diventare innovativo e che dovrei inserire più fotografie, ogni tanto cambiare carattere (font, per cortesia) e aggiungere qualche luccichio per rompere la monotonia dei post “standard”. Che poi quando riporto qualcosa che non è mio, cambio sempre carattere e colore. Che io sia da sempre in rottura con lo standard pur non essendo una innovativa? Mah.La docente ha anche suggerito di rifare l’organigramma aziendale aggiungendo sotto ogni nominativo e qualifica anche la “fotina” (parola sua) dei dipendenti. Sono rimasta a bocca aperta per il resto della lezione. Non ho avuto il coraggio di dire che noi non abbiamo un organigramma, ho avuto paura che lei bocciasse me e tutta l’azienda come retrograda senza possibilità di futuro. Ma a bocca aperta lo ero da quando la docente si era presentata. Da quel momento, mi ero chiesta come riuscisse a non cadere da tacchi così alti, ma soprattutto come potesse respirare con dei pantaloni così attillati. Per tutta la durata della lezione sono stata in ansia per lei, con il cellulare a portata di mano pronta a chiamare il pronto-soccorso appena lei avesse dato segno di cedimento. Invece niente, lei dall’alto dei suoi trampoli continuava a sorridere e a dare suggerimenti a tutti nonostante la guaina che aveva al posto dei pantaloni. Ha avuto tutta la mia ammirazione (e forse non solo la mia). Che poi sono corsi (almeno finora) interessanti, il difficile è riuscire a riportare quanto si apprende alla realtà aziendale, perché solitamente sono rivolti a realtà molto strutturate e non a aziende a conduzione quasi familiare. Perché se qualcuno di noi ha un problema, magari lo accenna prima a me, ma sempre al Gran Capo si dovrà rivolgere. Io mi limito a risolvere il possibile (permesso, ferie, malattie, stipendi e così via) ma per i miracoli (aumenti) ci si deve sempre e comunque rivolgere al Gran Capo. Così mi sono chiesta se era meglio una realtà aziendale come quella dove lavoro io oppure una struttura molto più ampia con mansioni ben precise. A metà, ho pensato. Mi sono ricordata di quando lavoravo in Francia: era tutto facile, perché a tutte le direttive provvedeva qualcun altro, ma alla fine si era un numero tra tanti. Invece, qui, si lavora a volte meno, a volte di più, a volte bene, a volte male, ma si è qualcuno sempre e comunque con tutti “gli onori ma anche gli oneri”… sì, altra espressione molto usata dalla docente di comunicazione.Ovviamente la mia collega ha chiesto perché io e non lei, ma soprattutto che io andassi al corso a lei cosa ne tornava (sue testuali parole). Non ho risposto, ma solo per lei non chiamerò mai e poi mai i 115… anche a rappresentare i dipendenti c’è un limite!Di una cosa sono sicura: il prossimo post sarà con cornice glitterata e la scritta sarà in symbol giallo con sfondo verde metallizzato… forse.Di veramente creativo in questo periodo ho il naso che è rosso come un pomodoro e l’occhio sinistro per non sentirsi da meno ha iniziato a  piangere ed è gonfio come un pallone, sì, un raffreddore all’ennesima potenza mi tiene a casa da domenica. Lo so, in un raffreddore non c’è niente di creativo e ancora meno è innovativo. Però, credo di aver battuto ogni record di sternuti al secondo. Credo.