Quotidianamente...
Vita di ufficio... ma quella è un'altra storia...
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" -
(Articolo 3 della Costituzione Italiana)
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Sono giorni in cui non leggo un giornale e non guardo un telegiornale. O meglio, leggo solo, on line, un giornale locale e seguo ogni giorno tutte le informazioni relative all’affaire dei rifiuti romani; seguivo queste informazioni anche prima, ma dopo Report, ovviamente, sono ancora più interessata. Sono giorni in cui fare la raccolta differenziata mi fa sentire una perfetta cretina. Questa mattina, mentre buttavo il vetro e la plastica nell’apposito contenitore, un passante mi ha apostrofato dicendo: “tanto non serve a nulla” e ho pensato che dovrò continuare a buttare la spazzatura, in modo differenziato, nottetempo e vergognandomi come una (quasi) ladra. Perché è vero, non c’è un vero riciclo, ma io voglio continuare a sperare, a crederci. Non riesco più a seguire le informazioni, mi viene un profondo senso di disagio. Però continuo ad ascoltare la radio come se le parole senza immagini fossero meno cruente. Eppure le parole entrano in testa e si fanno largo, ma mi sembra meno crudele, più sopportabile, almeno per me. Non riesco più a credere che ci sarà un miglioramento e non parlo di un miglioramento per me, ma per chi mi sta intorno, e per intorno intendo gli altri, tutti gli altri. No, non riesco più a crederci, anche se continuo a sperarlo. Di sicuro, non riesco più a trovare speranze a livello nazionale e nemmeno locale, allora verrebbe voglia di pensare al globale, ma anche il globale mi spaventa. Vorrei poter svegliarmi struzzo e mettere la testa sotto la sabbia perché non ci sarebbe niente di male. Talvolta, mi viene voglia di mettere la testa sotto al piumone e chiedere di essere svegliata solo quando qualcosa sarà realmente cambiata. Chi dorme non piglia pesci, direbbe mia madre e allora continuo, ogni mattina ad alzarmi e a sperare. Ma non so più cosa sperare. Perché la speranza si spegne, la speranza ha bisogno di essere alimentata ed io non ricevo più l’ossigeno necessario. In compenso mi chiedono di essere ottimista, ed io lo sono già di natura. Sono sempre riuscita a vedere l’alba anche nelle notti più buie, sono sempre riuscita a vedere il sole dopo la tempesta, ma da un po’, non lo vedo oppure lo vedo molto ma molto lontano, troppo distante. Rimango ottimista, perché, in fondo, non ho motivi per lamentarmi, ma per poter stare bene ho bisogno di sapere che anche gli altri non se la passano male. E’ un mio limite. Mi si chiede di consumare di più, ma io non voglio consumare di più, anzi sto facendo di tutto per limitare al minimo i miei consumi, per pudore verso chi non si può permettere niente o sempre meno, per pudore anche verso questo sasso chiamato pianeta. No, non voglio consumare di più. Voglio cercare di essere ottimista consumando di meno e spero sia possibile. Non sopporto nemmeno le facce lunghe senza motivo. Non capisco i rimproveri della mia collega quando mi dice: “come fai ad essere sempre così sorridente, possibile che niente ti vada storto?” La guardo e continuo a sorridere, come un’ebete, perché solo il non essere come lei mi fa sorridere. E quando le chiedo che motivo ha lei per lamentarsi, alza le spalle e non sa cosa rispondere. Non sopporto chi si lamenta per il gusto di farlo. Ci sono troppi motivi validi per farlo. Sono giorni strani questi, e mi fanno sentire particolarmente a disagio anche a scrivere futilità su una pagina bianca chiamata blog. Che poi, non c’è niente di male a scrivere sciocchezze, anzi da un po’ di tempo penso di cambiare titolo al mio blog e chiamarlo “Cavolate varie” che mi sembra il titolo più adatto. Le frivolezze sono un utile toccasana per meglio affrontare la quotidianità. Sì, le futilità sono le cose che mi riescono meglio, ma… mi sento inadeguata in questi giorni, come tutti i giorni che precedono il Natale. Che non c’è niente di male nel Natale, ma io vorrei abolirlo, poi penso ai bambini e penso che sia giusto che ci sia una festa dedicata a loro e alle loro famiglie, penso anche ai consumi sfrenati (caleranno? Non caleranno?), penso a tutti i Natali diversi e… mi sento inadeguata. E’ fine novembre, ancora un po’ di pazienza e tutto passerà. |
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E' indubbio che il momento storico non è dei più felici e che quando le cose iniziano a precipitare, leggere degli sperperi, degli scandali, della cattivissima amministrazione delle risorse del nostro povero paese, fà veramente idignare e subito dopo, fà cadere le braccia. Tuttavia ti prego di continuare a scrivere qui perchè, se le poche boccate di ossigeno vengono meno, bè, allora è proprio finita....
No, tranquilla, non riuscirei a mollare il blog, dove potrei scrivere le mie elucubrazioni se non qui?
Ricambio l'abbraccio.
Diversamente da te, posso scegliere come passare il Natale: se voglio la famiglia prendo un aereo e so che dovrò salutare (brindare, mangiare, festeggiare) parenti per tutto il periodo in cui sarò lì e mi sta bene perché, in fondo, sono periodi limitati nel tempo. Posso scegliere e questo non è poco.
Ma sì, essendo io una logorroica, continuerò a scrivere :)
c'é una poesia che mi é capitato di leggere nei giorni scorsi , e che mi sono segnata, perché esprime come mi sento in questo periodo... mi é tornata in mente leggendo il tuo post, e te la lascio qui:
One by one, like leaves from a tree,
All my faiths have forsaken me;
But the stars above my head
Burn in white and delicate red,
And beneath my feet the earth
Brings the sturdy grass to birth.
I who was content to be
But a silken-singing tree,
But a rustle of delight
In the wistful heart of night--
I have lost the leaves that knew
Touch of rain and weight of dew.
Blinded by a leafy crown
I looked neither up nor down--
But the little leaves that die
Have left me room to see the sky;
Now for the first time I know
Stars above and earth below.
Sara Teasdale