LA MIA PELLE

lo sfregio nel giorno del ricordo


  L’Italia ricorda che nel giorno del ricordo arriva puntuale lo sfregio.Come lo scorso anno, quando lo stesso monumento dedicato ai martiri delle foibe fu  imbrattato di vernice spray, rossa, anche l’altra notte, a Marghera, la targa commemorativa del monumento, è stata rimossa da alcuni vandali.Una targa di bronzo di 40 cm per 30 era stata collocata il 10 febbraio 2009.C’era una frase incisa  nel bronzo:"in memoria degli istriani, fiumani e dalmati tragicamente scomparsi e di quanti furono costretti ad abbandonare la loro terra per rimanere liberi e italiani”.Mancano i numeri della tragedia, ma possiamo elencarli: 5-6mila vittime secondo le stime più condivise, senza contare le migliaia di persone uccise nei campi di concentramento. Uomini, donne e bambini legati gli uni agli altri e gettati, ancora vivi, nelle viscere della terra, dai partigiani slavi. Gettati laggiù perchè erano italiani. Perchè non erano comunisti.Una delle più massicce operazioni di pulizia etnica che si siano mai viste in Italia e in tutta Europa. Un eccidio occultato dall’intera classe politica italiana, perchè così volle l’allora Pci .  Gli altri prigionieri vengono messi dietro di me in fila indiana, uniti da un lungo fil di ferro che parte dal mio braccio sinistro, passando sotto il gomito di ciascuno di noi per poi congiungerci all'ultimo prigioniero, il quale, però, è riverso a terra svenuto. Il partigiano operante chiede infatti:"e dove lo lego il fil di ferro, dato che quest'uomo non sta in piedi". La risposta giunge immediatamente e senza ripensamenti:"Al collo". Così il gruppo viene fatto uscire dalla caserma di Fianonae condotto sulla stra sterrata che la congiunge con Pisino, un sentiero pieno di sterpi e pruni disseminato di siepi spinose e di sassi aguzzi. La mia mente, ormai, è quasi obnubilata, ma l'impatto con l'aria fredda mi riporta improvvisamente in me e in quel momento capisco che per noi è finita. Non possiamo fare altro che sottometterci. Ecco perchè, ancora oggi, la notte, non riesco a dormire (...)Siamo però giunti al dunque. La foiba è là, sotto di me, la luna ne rischiara  una parte esposta alla sua luce. Un'altra, invece, è completamente oscura, non si riesce neppure a scorgere il fondo. Siamo arrivati!L'alt della guardia mi dice che in quel posto verrà messa fine alla mia vita. Un uomo armato tasta di nuovo le tasche dei miei pantaloni per sentire se qualcosa è stato dimenticato. Sì, ho ancora la cintura. Lui me la strappa con veemenza dicendo in tono acido: "Questa ormai non ti serve più".E' la mia ora. La luna mi è di fronte, bella, grande, lucente. Immediatamente mi sale una preghiera alla Madonna. Un'invocazione calma, piena d'amore per i miei genitori. Con la coda dell'occhio osservo i cinque partigiani che confabulano tra loro e si apprestano a farci morire. E' tutto talmente assurdo...noi sull'orlo di questo abisso in mezzo alla campagna pervasa da silenzio quasi innaturale rotta solo dal respiro affannoso di coloro che fra qualche secondo non esisteranno più. Un improvviso scoppio e...mi getto in questa foiba sconosciuta. Un'invocazione si leva immediatamente verso la mia terra nativa: "Roccia mia, abbi tu pietà di me""e...mi sono buttato dentro. Un alberello che sporgeva mi trattiene un momento. È  stato anche quel momento, ripensandoci dopo, che ha permesso agli altri di cadere tutti quanti. E di cadere dove? Dentro l'acqua. Era una foiba chiusa, una foiba piena d'acqua. Con un salto di una ventina di metri sono piombato anch'io dentro e dimenandomi, perchè sapevo che bastava ingoiare una boccata d'acqua e ormai si era perduti, non avrei più rivisto nessuno,....ho trattenuto il respiro...ho forzato e questa mano l'ho liberata. L'altra mano è stato semplice liberarla. ho dato un colpo per poter risalire e ho incontrato una zolla di terra con dell'erba. Non era una zolla, era la testa di quello che era dietro a me. L'ho presa con forza e l'ho tirata su con me. Ho salvato un'altro che non è stato neanche lui scalfito da un colpo di mitra."Graziano Udovisi"Sono l'ultimo sopravvissuto alle foibe"La testimonianza di un tenente della Milizia Difesa Territoriale che nel maggio 1945 riuscì a liberarsi dal filo di ferro e a riemergere dall'abisso dove lo avevano buttato i titini.E' nato a Pola nel 1925 e vive a Reggio Emilia dove ha lavorato per anni come maestro elementare. Ci sente poco, a cause delle torture subite. Quei colpi gli hanno spaccato i timpani. Lui e gli altri, dopo le frustate ricevute con il filo di ferro, erano rossi, come dipinti di sangue. Così marciavano scalzi, fino al bordo di una foiba. Momenti come incubi, mai più dimenticati. Più passa il tempo, e più cresce in Udovisi  il bisogno di raccontare. Vuole testimoniare, perchè sa che con lui deve  riemerge la verità.Una vendetta contro i fascisti. I partigiani gettarono tutti là dentro.., giovani donne e bambini di qualsiasi credo. Tutti Italiani, tranne i partigiani e i comunisti. 
Oggi la sinistra non è cambiata di molto: "forcaiola giustizialista ammanettata a di pietro". Per vendicarsi del suo fallimento, la sinistra cerca la vendetta in tutti i modi. I più improbabili e torbidi, che sono quelli in cui è abituata a sguazzare