la moscacieca

Satiraconnection


Questa mattina ho trovato sul mio blog il piacevole invito di un caro amico a visitare un ‘intervista “molto particolare” a Sara Tommasi.Un genere letterario che denominerei in questo modo: satiraconnection.Agganciare un intervista e delle dichiarazioni per sottolineare ironicamente ed in modo artistico i deragliamenti esistenziali di chi ha l’opportunità di comunicare attraverso i media.Il mio amico è stato molto bravo e mi ha fatto ridere molto e lo ringrazio per questo.Ho letto anche "l’intervista originale" che in realtà ho trovato di una tristezz aberrante, ma questa tristezza deriva dal mio modo di vedere le cose e di vivere la mia quotidianità.Magari un fan della Sara in questione avrebbe trovato l’intervista avvincente e ne sarebbe rimasto coinvolto. Io no!
Ieri mattina, per una serie di circostanze, mi sono trovato molto presto a prendere il treno che da Ciampino porta ad Albano Laziale. Erano le sei del mattino. La stazione di partenza era stracolma di extracomunitari in procinto di raggiungere Roma per chissà quale lavoro.C’erano anche gruppetti di Italiani. Nell’attesa ascoltavo i loro discorsi. Erano bisbigli su Rumeni, Albanesi, Russi e Cinesi. Ho provato la sensazione che l’Italiano; il piccolo Italiano; quello qualunque; quello che si alza presto anche lui per andare a lavorare; quello che vive tutti i giorni lo stesso giorno da una vita… fosse smarrito. Confuso. Deluso. Certo il cambiamento della globalizzazione è inevitabile e lo si vive anche nelle piccole cose.In stazione avevo il biglietto in mano e non sapevo dove lo dovessi obliterare. Chiesi informazione ad un paio di uomini accanto a me (rumeni credo che fossero) mi spiegarono in italiano che dovevo scrivere con la penna sul biglietto il giorno e l’orario di partenza. Mi prestarono la penna e così feci l’incredibile operazione fai da te di obliterazione.
Il treno partì e mi godei un pezzo di paesaggistica che non avevo mai avuto l’opportunità di vivere. Erano le sei e tre quarti del mattino quando passai sul Lago di Castel Gandolfo. Ero molto in alto e in una prospettiva suggestiva. La luce del sole, ancora rossa dell’alba, sfiorava la superficie dell’acqua rendendo l’atmosfera dell’ambiente unica e fatata. Purtroppo, da li, vidi anche il difetto di quel lago che si abbassa di livello ogni anno al ritmo di quaranta, cinquanta centimetri. Le spiagge intorno si sono distese di molto e ne potevo osservare bene il fenomeno. Questo accade perché esistono più di quattromila pozzi abusivi, oltre quelli approvati, che aspirano acqua dalle falde acquifere del lago per annaffiare giardini, riempire piscine e animare fontane. Tra questi la stessa residenza estiva del pontefice che ha con la regione un contratto speciale di fornitura di acqua. Una cifra in ettolitri molto considerevole.
Ieri tra l’altro avevo anche letto l’articolo sul corriere della sera del “debito ecologico”, del punto di non ritorno, cha abbiamo superato ieri. Da oggi siamo in “bolletta” con la natura.In sostanza le risorse utilizzate dagli esseri umani superano quelle che il pianeta è in grado di produrre. Questo è accaduto perché i risultati dell’ ecocultura e delle adesioni al trattato di Kioto sono ancora insufficienti. La volontà unitaria di usare e ricercare fonti energetiche alternative è ancora poca. La resistenza ad aderire a queste iniziative ecosolidali da parte di paesi come gli Stati Uniti e la Cina, considerati soggetti altamente inquinanti, è ancora molto forte. Questo ci porta davanti un reale scenario abbastanza raccapricciante su molti punti di vista e la cosa sconvolgente è che invece di ascoltare questi segnali di allarme la gente comune è confusa, è impaurita dal diverso, è attratta da due tette di silicone e da addominali a tartaruga, tifa la squadra del cuore, sogna di essere famosa, gioca al lotto.....
Mentre, i potenti della terra, pensano a fare guerre per la pace con lo scopo di distendere i loro democratici mercati. Chimando le morti causate da questi loro orrendi interventi "Danni colaterali" mentre chiamano "atti terroristici" gli interventi contro di loro. Queste riflessioni a volte mi tolgono il respiro facendomi sentire così vuoto ed impotente, perché, come tutti, e a mio modo, cerco di vivere sopravvivendo nel mio piccolo mondo. Un mondo che credo sia il caso, per tutti, di incominciare a rompere… come un uccello fa con il suo guscio. Magari ascoltando, pensando, scrivendo, parlando, amando... in modo diverso.dedicato al mio amico Carlito.