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Pianeta Terra: Bancarotta


Nicola Stern, uno dei più considerai consulenti economici del governo britannico, attraverso un rapporto di 700 pagine consegnato al primo ministro Blair afferma che se non si prendono urgenti provvedimenti per le condizioni ecoclimatiche del nostro pianeta ci troveremo presto in una condizione di bancarotta economica.Il pianeta terra continua a riscaldarsi sempre di più in modo esponenziale e, se non vengono prese le adeguate azioni di prevenzione su scala mondiale, il pianeta potrebbe diventare la causa di una crisi mondiale economica paragonabile a quella del 1929 o a quella della seconda guerra mondiale per tutti i paesi del mondo.E’ la prima volta che, Blair, un primo ministro di un paese occidentale dichiara apertamente che: “ Ci stiamo dirigendo verso una catastrofe planetaria”.Contrastando le opinioni del presidente.
Bush che ha sempre rifiutato il protocollo di Kyoto sostenendo che le iniziative per la salvaguardia del cambiamento climatico costerebbe troppi posti di lavoro.In altre parole il Presidente americano, dopo aver visionato tutti i rapporti ecoclimatici, è arrivato alla conclusione che i benefici di forti e immediate azioni saranno largamente superiori ai costi quindi non bisogna scegliere tra azioni contro i mutamenti climatici e crescita economica.Blair invece, dopo la lettura di questo rapporto, crede che se non investiamo subito con forti azioni di contrasto per aiutare il pianeta a reagire ci troveremo in una situazione in cui non sarebbe più possibile intervenire in quanto i costi risulterebbero estremamente più elevati.
I problemi che riguardano il pianeta sono tanti e di svariate nature.L’acqua per esempio sta diventando già un motivo politico di controllo e potere per alcune regioni del mondo, sotto troverete un articolo in merito.Da un articolo di Giovanni PorzioGli analisti della Cia e gli esperti della Banca mondiale non hanno dubbi: «Se le guerre del Novecento sono state combattute per il petrolio, quelle del futuro avranno come oggetto del contendere l'acqua». Non tutti sono d'accordo. Arunabha Ghosh, autore del Rapporto sullo sviluppo umano che l'Undp pubblicherà in dicembre, sottolinea l'importanza degli accordi di cooperazione sul controllo delle risorse idriche siglati da molti paesi e la loro funzione nel prevenire i conflitti. Ma i tre quinti dei 263 bacini idrici internazionali sono privi di trattati che ne regolino la gestione. E l'inesorabile prosciugamento delle falde è destinato a esacerbare le tensioni tra gli stati.
Le zone in cui lo stress idrico minaccia di trasformarsi in conflitto armato sono quelle dove le riserve sono più scarse, come in Medio Oriente, e quelle dove laghi e fiumi sono condivisi da più paesi: i bacini del Nilo, del Niger, dello Zambesi, del Tigri e dell'Eufrate, dell'Indo, del Gange, del Mekong. I contenziosi in corso sono una cinquantina. E in due occasioni, nei mesi scorsi, sono sfociati in rappresaglie: in Sri Lanka i guerriglieri tamil hanno bloccato una diga nel distretto di Trincomalee provocando la ritorsione dell'esercito regolare (oltre 500 morti); e in Libano i caccia israeliani hanno approfittato dell'offensiva contro Hezbollah per distruggere i canali che, dal fiume Litani, irrigano la pianura costiera e la valle della Bekaa.
L'area più esplosiva è da 40 anni il bacino del Giordano, il cui livello cala a ritmi preoccupanti: l'acqua è uno dei principali problemi che ostacolano la conclusione di una pace tra i paesi della regione. Già nel 1964 Israele aveva dirottato il corso del fiume in un sistema di tubature, il National water carrier, che oggi trasporta mezzo miliardo di metri cubi l'anno, si estende da Haifa al deserto del Negev, abbevera le aree urbane di Gerusalemme e Tel Aviv, alimenta gli acquedotti degli insediamenti nei Territori occupati.Questo sta accadendo intorno a noi mentre viviamo trascurando, in ogni istante, il significato della vita.... siamo malati alla deriva che si stanno suicidando.