Il Lampione

La damigella d'onore


Sabato scorso, all’una di notte, il ciclo cinematografi-co Fuori orario, diretto e curato da Enrico Grezzi, ha mandato in onda il film francese La damigella d’onore di Claude Chabrol. Il vecchio regista francese propone un film macabro in cui la forza evocativa dei personaggi prevale sulla scena alquanto lineare e sintetica, anche se tutto si staglia su uno scenario allucinato dove si stemperano fino ad annientarsi le rigide coordinate del vivere borghese. Vero metaprotagonisa del film è anormalità che alberga in ogni uomo. Il protagonista è Philippe, un giovane che vive con la madre e le sorelle. Una tranquilla famiglia che riveste la propria abitazione di una vistosa carta da parati a fiori, guarda i quiz a premi alla TV e valuta un modesto aumento di stipendio come una memorabile conquista È una famiglia unita e serena, nonostante l'assenza di una figura paterna e le intemperanze della sorella più piccola. Un giorno, però, Philippe conosce Senta e nasce una passione forte e pericolosa. Lei, infatti, vuole una prova d'amore reciproca e, rifacendosi a un detto popolare, estrinseca i quattro comandamenti dell’amante perfetto: piantare un albero, scrivere poesie, avere un rapporto omosessuale, uccidere. La coppia si sofferma sull'uccidere, tralasciando (chissà perché) le altre ipotesi. Philippe vive la proposta come un gioco di cattivo gusto. Addirittura arriva a snaturare se stesso riferendo all’amata di aver ucciso un barbone del quale ha solo letto la notizia sul giornale. Solo che è talmente innamorato da non farci troppo caso. Senta, invece, fa sul serio.
Film girato sempre con mano elegante da Chabrol, l'opera ha come fulcro centrale il personaggio di Senta. Mitomane appassionata reca in sé quella particolare follia che vaga in molti dei personaggi femminili del cinema di Chabrol. Follia sempre generata da un’interpretazione morbosa dei sentimenti dai quali, sembra, non possa che scaturire un sovraumano senso del possesso. Il finale è di Hitchcochiana memoria. Già il paragone con Hitchoch di cui la stesso regista dice “né completamente giusto, né totalmente sbagliato”. La sagacia nella pittura d’ambiente; la perfida sottigliezza delle notazioni psicologiche su una famiglia di provincia, la calligrafica sapienza dei movimenti di macchina non cessa poi di destare ammirazione; in particolare, l’alternanza dei piani di visione è ancora una volta capace, assieme all’insistenza su dettagli apparentemente insignificanti e all’artificio dell’immagine-diversivo, di calibrare una tensione impalpabile e un senso di disagio crescenti fino ai colpi di scena finali. D’altro canto l’atmosfera generale di borghesia torbida e stravolta che il regista dipinge ancora una volta rimane nel complesso uno degli esempi più eleganti di cinema francese, basti ricordare le ambigue famiglie de IL FIORE DEL MALE e GRAZIE PER LA CIOCCOLATA; la follia è generata da un rapporto sbagliato con i sentimenti, da un attaccamento ossessivo alle proprie sensazioni. Senta, che si spaccia per attrice, dice di aver recitato con John Malkovich imputando a quest’ultimo la cattiva riuscita della scena, la cui vita è sempre in bilico fra la menzogna e la verità, si insinuerà nell’esistenza di Philippe, sconvolgendo le sue certezze, le sue abitudini, il suo modo di vivere: a simboleggiare questo stato di aberrazione troviamo l’uomo ridotto ad adorare in maniera sempre più ossessiva la statua che gli sembra abbia le fattezze della sua donna. Errori, sbagli, intrecci che si racchiudono nella pasta di vetro di una daga di Murano, l’arma della follia, dell’amore, dell’amore folle e della follia amorosa. Arriva un momento però in cui bisogna comunque togliere gli scheletri dall’armadio…ed è all’apertura delle ante che cala il sipario di Chabrol.
Ciò che lascia sconcertati è la capacità dell’autore di comprimere e dilatare il tempo, allungando le sequenze privandole di intensità, o racchiudendo in una sola inquadratura ciò che poteva essere narrato in molteplici riprese. Da questo nasce il gioco di comporre e scomporre i sentimenti, le storie dei personaggi, il loro intrecciarsi nello svolgersi dell’esistenza, mostrando in maniera sublime come si può gestire un’opera cinematografica, sbattendo in faccia ai molti dilettanti allo sbaraglio le loro incapacità. Un film che è tale in quanto opera contenente forma e significato, ragione e cuore, passione e razionalità, senza tentennamenti ne ripensamenti.Titolo originale: La Demoiselle d'honneur Nazione: FranciaAnno: 2004Genere: ThrillerDurata: 110'Regia: Claude ChabrolCast:Benoît Magimel, Laura Smet,Aurore Clément, Bernard Le CoqSceneggiaturaClaude Chabrol – Pierre LecciaFotografiaEduardo SerraScenografiaFrançois Benoit-FrescoMusicheMatthieu Chabrol